Dalla Sicilia la fuga dei cittadini dalla Politica

Il risultato elettorale della Sicilia fornisce indicazioni politiche precise. Soprattutto per lo scenario politico del Lazio, come le elezioni regionali alla porta

Le elezioni siciliane sono state come le prove prima di un Gran premio di Formula 1. Hanno detto moltissimo, in attesa poi dell’esito finale della competizione.

Il dato più importante è l’affluenza alle urne: il 46,76% degli aventi diritto, meno della metà. Significa che la gente non si fida più dei politici prima che della politica. Che i cittadini hanno la consapevolezza che i loro problemi di lavoro, di salute e di tutto il resto non potranno essere risolti da chi si candida a gestire la cosa pubblica. La res publica, come dicevano i romani.

Sul piano politico questo si riflette su tutto il quadro.

Il centrodestra vince soltanto se unito, cioè con Forza Italia, la Lega e Fratelli d’Italia. Una frattura e il gioco è finito. Non soltanto: il centrodestra vince con il traino a destra, sia esso della Lega o di Fratelli d’Italia.

Questo vuol dire che le possibilità di un recupero di Alternativa Popolare e di Angelino Alfano sono oggi più difficili. Matteo Salvini e Giorgia Meloni non lo vogliono. Silvio Berlusconi e Forza Italia sono un perno insostituibile della squadra, ma è complicato che possanno esprimere il centravanti. Non in questa fase almeno.

Vedremo adesso cosa succederà nel Lazio, dove le azioni politiche del sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi però aumentano.

Il Movimento Cinque Stelle non solo tiene, ma aumenta i voti. Nonostante le prove di governo deludenti di Virginia Raggi a Roma e di Chiara Appendino a Torino. Il Movimento intercetta il voto di protesta, ma poi ad un certo limite si ferma. Proprio il basso dato sull’affluenza dimostra che non riesce a portare al voto chi si è allontanato e potrebbe essere decisivo.

Ma i Cinque Stelle non fanno neppure alleanze e la mancata capacità di adattarsi al sistema elettorale è un limite insormontabile in vista delle politiche.

Il Partito Democratico affonda e adesso si aprirà l’ultimo e decisivo “processo” a Matteo Renzi. Il rottamatore rischia di essere rottamato. Non aggrega, divide e allontana. Il Pd non ha alternativa alle alleanze, ma neppure Mdp, Sinistra Italiana, Campo Progressista, Rifondazione e il Pci riescono a portare al voto chi da anni resta in poltrona.

La prospettiva delle grandi intese con Silvio Berlusconi sarebbero il de profundis del Pd.

Vedremo che succede.

Più della metà dei cittadini però non va a votare. La maggioranza assoluta. Senza bisogno di larghe intese.