D’Amico: «Ai disoccupati risposte subito o esploderà una bomba sociale»

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Siciliano d’origine, romano per professione, ciociaro per residenza: Guido D’Amico è il presidente nazionale di Confimprese Italia, l’organizzazione che riunisce oltre 60.000 associati, con più di 1.000.000 di addetti, presente con 19 sedi regionali in Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise, Campania, Lazio, Umbria, Abruzzo, Marche, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Sardegna, Liguria, Friuli V.Giulia, Umbria. Guarda l’Italia dal suo ufficio nel centro di Roma, affacciato sui resti dell’antica gloria imperiale. Conosce la provincia di Frosinone perché ci ha preso casa e perché le crisi industriali ciociare sono quelle che più preoccupano l’organizzazione.

Alessioporcu.it – Presidente, la Provincia convoca il Comitato per il Lavoro e avendo nulla da proporre ai disoccupati tira fuori dal cilindro la proposta che lei sta urlando ormai da mesi: creare zone senza tasse per le nuove imprese, copiando il modello sul quale poi la Cina ha costruito il suo sviluppo degli ultimi 15 anni. Si sente scippato?
Guido D’Amico – Prendiamo atto con soddisfazione che le nostre proposte vengono ritenute utili non soltanto dalla politica, ma anche da altre associazioni di categoria. E’ sicuramente positivo che il Presidente della Provincia Antonio Pompeo, nel convocare il Comitato Provinciale per il Lavoro e lo Sviluppo Economico, abbia fatto esplicito riferimento alla necessità di far ottenere alla provincia di Frosinone lo status di Area di Crisi o di Zona Economica Speciale.

Quindi, qualcuno finalmente farà propria questa idea. E poi?
Ora si deve accelerare e creare le condizioni per imprimere una svolta vera all’economia provinciale. Tenendo presente che in Ciociaria ci sono 130.000 iscritti ai Centri per l’Impiego, che fabbriche, imprese e negozi continuano a chiudere, che il tessuto sociale della piccola e media azienda è stato pesantemente lacerato dalla crisi. Ma tenendo pure presente che tra pochi mesi (a giugno) centinaia di lavoratori (e quindi di famiglie) si ritroveranno senza alcun tipo di ammortizzatore sociale. La Vertenza Frusinate merita risposte concrete e rapide.

Se si continua a convocare tavoli che non producono risposte concrete quali rischi teme?
O inizia la stagione della concretezza oppure questo territorio sarà alle prese con una “bomba sociale” difficile da disinnescare.

Il Tavolo permanente sulla crisi del Lavoro in Ciociaria è solo un modo per tenere buoni i disoccupati?
Va benissimo l’istituzione di un Tavolo permanente con la Regione, ma questo deve rappresentare un punto di partenza. Non di arrivo. La Regione Lazio è chiamata a dare risposte anche in tema di politica industriale e commerciale per la provincia di Frosinone.

Oggi il Comitato per il Lavoro metterà sul tavolo la sua idea delle Zes, le Zone ad Economia Speciale: non è una grande concretezza.
Non nascondiamoci dietro un dito: per il riconoscimento di Area di Crisi o di Zona Economica Speciale occorre sollecitare un atto di Governo. In altre parole nessuno può chiamarsi fuori. Serve un’azione concreta e martellante dei parlamentari, degli assessori e dei consiglieri regionali, dei sindaci e del presidente della Provincia, delle associazioni di categoria e dei sindacati, di tutte le forze sociali e politiche. Ai quali non farà mancare il proprio appoggio il Prefetto Emilia Zarrilli, attentissima a tutte queste dinamiche.

Si rende conto che si sta affidando a gente che non riesce a far partire i lavori per asfaltare le strade intorno allo stabilimento Fiat Chrysler di Cassino?
La classe dirigente della provincia di Frosinone deve muoversi. Subito. Non ci interessano gli impegni a futura memoria e le passerelle, ci aspettiamo che venga raggiunto il risultato: istituzione di area di crisi o di Zona Economica Speciale. Basta pure con il parlarsi addosso e con le polemiche alimentate solo per ritagliarsi un ruolo.

Amazon non ha investito su Frosinone: un motivo deve esserci.
Se Amazon ha deciso di investire a Passo Corese e non in provincia di Frosinone è perché non ha considerato questo territorio “appetibile”. C’è poco da girarci intorno. Il punto è che in provincia di Frosinone manca una politica industriale. Questo non è un “paese per imprese”: le infrastrutture sono carenti, la viabilità è a pezzi, le fabbriche continuano a chiudere, le multinazionali se ne vanno, i commercianti abbassano le saracinesche, la pressione fiscale aumenta, i servizi non ci sono, la burocrazia regna sovrana. Potrei continuare, ma mi fermo.
E chi dovrebbe rendere “appetibile” il territorio? I decenni di industrializzazione di questa provincia sono legati ad una classe politica, nazionale e locale, che sapeva programmare e farsi ascoltare a Roma. Se le aziende continuano a chiudere e se la gente non ha lavoro, come si rimette in moto l’economia? Come si alimentano i consumi? Come, aggiungo, si pagano le tasse?

Non ha l’impressione che ognuno scarichi la colpa su qualcun’altro?
La politica può continuare a giocare allo scaricabarile, ma la situazione non cambia. Qui non si riesce neppure a prevedere degli incentivi per chi vuole aprire un’attività in un centro storico. Ci rendiamo conto che senza infrastrutture materiali e immateriali nessuna azienda potrà essere competitiva?

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