Tersigni non provò a comprare la rielezione a Sora Ambiente: assolto

Il presidente della municipalizzata Sora Ambiente venne messo per 4 mesi agli arresti domiciliari. Accusato di avere offerto 30mila euro in cambio del voto che avrebbe ribaltato la maggioranza. E l'avrebbe rieletto. Assolto con formula piena: il fatto non sussiste

Non ha tentato di comprare la sua rielezione a presidente della municipalizzata Sora Ambiente. Non ha offerto trentamila euro in cambio di un voto che lo avrebbe tenuto al timone della società. E che avrebbe ribaltato gli equilibri nell’aula del Comune di Sora. Daniele Tersigni (43 anni) è stato assolto oggi dall’accusa di induzione alla corruzione: con formula piena, perché “il fatto non sussiste“. I giudici del Tribunale di Cassino non hanno avuto dubbi.

 

L’arresto

I carabinieri lo avevano arrestato il pomeriggio del 26 gennaio 2016 (leggi qui Tersigni arrestato: «Soldi per far cadere il sindaco e restare presidente della Ambiente»). A disporlo era stata la Procura della Repubblica con l’avvallo del giudice delle Indagini Preliminari: gli indizi e le fonti di prova raccolte dai carabinieri dell’Aliquota Radiomobile di Sora e del Nucleo Investigativo di Frosinone sembravano parlare chiaro. C’erano intercettazioni, c’erano deposizioni, c’erano verbali.

 

Lo scenario

L’inchiesta era nata nella primavera del 2015. In quel periodo Daniele Tersigni è presidente della ‘Ambiente’ società municipalizzata dal Comune di Sora che si occupa della raccolta dei rifiuti in città. È in carica dal maggio 2012 e nel momento in cui partono le indagini il suo mandato sta per scadere.

A nominare il suo successore deve essere il Consiglio Comunale di Sora. Lo Statuto prevede che l’elezione debba avvenire con una maggioranza qualificata: due terzi dei consiglieri, per fare in modo che venga individuato un nome trasversale e gradito a tutti. In caso di stallo, dopo tre votazioni è sufficiente la maggioranza semplice: la metà dei Consiglieri, più uno. In questo caso, 9 voti.

È quello un momento particolare nella vita dell’amministrazione comunale di Sora: il sindaco dell’epoca Ernesto Tersigni è sotto pressione, una parte della sua maggioranza (Forza Italia) gli ha tolto l’appoggio. In quel momento storico può contare su 9 consiglieri contro 8 dell’opposizione.

In quel contesto – sostenne l’accusa – Daniele Tersigni avrebbe fatto offrire trentamila euro al presidente del Consiglio Comunale Salvatore Meglio per fare il franco tiratore: votare per lui nel segreto dell’urna, ribaltando i rapporti di forza e rieleggendolo presidente. A fare da intermediario sarebbe stato il componente del Consiglio d’Amministrazione Tony Vinci.

Entrambi però sono leali al sindaco e gli riferiscono tutto. E Ernesto Tersigni consiglia loro di riferire ogni cosa ai carabinieri: se ci sono reati lo accerteranno loro.

Scatta l’inchiesta. Che si conclude con l’arresto.

 

Il processo

Daniele Tersigni rimane agli arresti domiciliari quattro mesi. Gli inquirenti ed i magistrati ritengono credibili le deposizioni di Meglio e Vinci. Il sindaco poi conferma la ricostruzione: di essere stato informato e di avere consigliato di andare a raccontare tutto.

Ma… C’è un ma. Sul quale hanno fatto leva durante questi mesi di processo gli avvocati difensori Enrico Pavia (del Foro di Frosinone) e Luca Costantini (del Foro di Cassino).

Il primo elemento: Daniele Tersigni non è stato preso con i soldi. L’incontro nel quale si sosteneva che avrebbe dovuto consegnarli a meglio, non avviene. Perché?

Il secondo. Nel corso dell’istruttoria si scopre che Tony Vinci ed Ernesto Tersigni avevano “motivi di fortissimo risentimento nei confronti dell’imputato, ma sono stati sempre taciuti” ha sostenuto l’avvocato Pavia durante l’arringa.

 

Il risentimento

Quali sono i motivi di fortissimo risentimento? Sono due denunce politiche, ispirate dal presidente Daniele Tersigni. Aveva portato all’attenzione dell’opposizione alcune circostanze sulla nomina di un revisore dei Conti della Ambiente; era stato individuato un legame tra il commercialista ed il fratello del sindaco: un legame di affari del tutto lecito, che però poteva essere interpretato come un profilo di incompatibilità.

Inoltre Daniele Tersigni aveva eliminato dalla Ambiente la società che si occupava delle assicurazioni sui mezzi, aveva aperto al mercato con un bando grazie al quale c’era stato un forte risparmio sui premi da pagare.

Due circostanze – hanno sostenuto i legali – che avevano creato motivi di forte risentimento.

In udienza poi sono state portate all’attenzione dei magistrati alcune intercettazioni: in cui si ha l’impressione che i protagonisti della vicenda si stiano confrontando sulla versione da fornire agli investigatori.

Il risultato: l’assoluzione con formula piena, senza dubbi né riserve, per Daniele Tersigni.