De Angelis, l’endorsement ad Astorre “rottama” Renzi, Orfini e Mancini in un colpo solo

Spietata analisi del leader di Pensare Democratico sulle ultime vicende del Pd. La spaccatura vera si è consumata sulle liste, quando ai leader locali non sono stati concessi spazi eleggibili. Ma De Angelis ha fatto capire a muso duro che i voti sul territorio sono i suoi. E basta. Non di Ignazio Marino, non di Matteo Orfini. Soltanto i suoi. E l’impronta alla fine resta quella della componente di Massimo D’Alema

Nel suo endorsement a Bruno Astorre, Francesco De Angelis ieri sera durante la riunione di componente non ha usato perifrasi.

Dicendo:

Insieme vogliamo adoperarci per costruire un Pd Lazio unito, aperto e inclusivo, caratteristiche che riteniamo di fondamentale importanza per tornare a vincere a Roma e nel resto della Regione.

Da questo punto di vista non posso che condividere appieno il punto del suo programma in cui viene ridata centralità ad iscritti, elettori e militanti nei processi decisionali”.

 

Da qui un passaggio sugli eletti.

“Questi – ha detto De Angelis – devono essere espressione del territorio. Ciò vuol dire che quanto accaduto alle ultime elezioni non dovrà più ripetersi. Sarò più chiaro: inammissibile il fatto che nelle province di Frosinone, Latina e Viterbo, in rappresentanza di circa 1,5 milioni di abitanti, il Pd non sia riuscito ad eleggere nessun parlamentare.

È necessario far proprio e seguire un modello che consenta di trovare il giusto equilibrio tra le rappresentatività del territorio e le esigenze nazionali.

Quello che vogliamo, quello di cui c’è bisogno, è un partito aperto ed è per questo motivo che ritengo che nella seconda fase, quella delle primarie aperte che si terrà a novembre, si debba presentare un’unica lista a sostegno di Astorre. Una lista unitaria sarebbe un bel segnale di unità del Pd”.

 

C’è tutto Francesco De Angelis in questa argomentazione. Ma c’è anche la storia recente del Partito Democratico in provincia di Frosinone.

Sì perché, quando decise si aderire all’area di Matteo Orfini, De Angelis lo fece sulla scorta di impegni assunti nei suoi confronti. Tra questi c’era, sottinteso, quello di un’elezione importante.

Ma quando alla Camera si è trattato di blindare un capolista, si è scelto Claudio Mancini, numero due di Orfini. Ha origini ciociare, ma nel suo intervento De Angelis non le ha tenute in considerazione.

“Sarò più chiaro: inammissibile il fatto che nelle province di Frosinone, Latina e Viterbo, in rappresentanza di circa 1,5 milioni di abitanti, il Pd non sia riuscito ad eleggere nessun parlamentare”.

 

E proprio lui, posizionato in terza fascia, si è trovato nella condizione di portare i voti a Mancini. Tanti voti, gli stessi che alle regionali hanno consentito l’elezione di Mauro Buschini e Sara Battisti.

La ragione dell’ira funesta di Francesco De Angelis nasce da questa considerazione.

 

Ma nella sua analisi sul partito il leader di Pensare Democratico prende le distanze in maniera fortissima anche da Matteo Renzi, per una gestione del partito giudicata fallimentare.

C’è un terzo elemento, però, il più importante di tutti. All’interno del Pci-Pds-Ds-Pd De Angelis ha fatto parte di varie aree. Quella di Ignazio Marino, per esempio. Esperienza poi archiviata, come quella con Matteo Orfini. Dimostrando che la sua forza prescinde dal riferimento nazionale, ma sta sul territorio, con i voti e con una squadra vasta e affiatata.

Nella quale è possibile pure avere spazi di autonomia (vedi Sara Battisti) nelle partite già decise. Perché tanto alla fine è sempre lui a dare le carte. Una sola area, in realtà, De Angelis ha portato sempre nel cuore. Quella di Massimo D’Alema.