E De Angelis scoprì che non si può vendere il ghiaccio agli esquimesi

Fallisce anche il nuovo tentativo di vendita dello stabilimento ex Vdc da parte del consorzio Asi. Nessuno lo vuole. Verrà abbassato ancora il prezzo. Ma il problema non è il costo. Ecco cosa occorre

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Francesco De Angelis è uno dei politici più navigati presente nel mare della provincia di Frosinone. La sua candidatura alla guida del Partito Democratico nel Lazio non è una spacconeria: è uno di quelli che nella regione ha i titoli per aspirare a quell’incarico, l’unico in Ciociaria.

Amministrare è una cosa diversa dal fare politica. Che è la capacità di ascoltare tutti, prendere il meglio da ciascuno, fare la sintesi, riuscirci nel minore tempo. Amministrare invece è saper individuare una prospettiva, calcolare la sua convenienza, attuare il progetto.

L’attuale presidente del consorzio industriale Asi di Frosinone è imbattibile nella politica: lo dimostra la sua storia personale, lo testimonia il fatto che sia da decenni il leader (inutilmente contrastato) della componente maggioritaria nel Pd. Ma governare un ente o un’azienda è impegno differente. E sia detto absit iniuria verbis tanto per lui quanto, con largo anticipo, anche per Luigi Di Maio (che ha dimostrato di non sapere fare politica, l’ha fatta il M5S per lui)  e prima ancora per Matteo Renzi (tra le cause della sconfitta c’è anche questa).

 

La tramvata presa in faccia da Francesco De Angelis in queste ore è l’ulteriore conferma. Per la terza volta nessuno ha voluto partecipare all’alta per rilevare il sito industriale ex Videocon. Il bando è andato ancora una volta deserto. Nonostante il prezzo sia stato scontato di altri 2 milioni di euro.

 

L’errore di prospettiva compiuto dall’Asi è proprio questo. In un’operazione simile il prezzo pesa meno di niente. Perché la ex Videocolor è solo da buttare giù e ritirare su, più o meno come Sergio Marchionne ha fatto a Piedimonte San Germano con lo stabilimento Fca, trasformato mattone dopo mattone, un pezzo alla volta. Spendendo alcuni miliardi.

In un contesto del genere i 5 milioni chiesti da Francesco De Angelis per cedere la Vdc sono meno di una fumata di sigaretta. Costerà di più il solo impianto di riscaldamento del nuovo, eventuale, stabilimento. O erigere la nuova recinzione.

Perché una cosa deve essere chiara: l’unica cosa che non manca in questo momento sono gli spazi industriali. Ce ne sono quanti ne vuoi. Te li regalano Quindi il loro valore è prossimo allo zero.

 

Fino a quando Francesco De Angelis e l’Asi continueranno a formulare bandi per tentare di vendere Vdc ragionando come negli anni Novanta, sarà solo una coraggiosa quanto inutile perdita di tempo. Come la carica della Cavalleria polacca contro i panzer del generale Guderian.

 

Se riusciranno a venderla ci faranno al massimo un paio di milioni. Ma non è da escludere l’ipotesi che saranno costretti a collocarla sul mercato ad un euro. O che debbano pagare qualcuno per prendersela, come già fecero i francesi di Thomson con gli indiani di Videocon.

 

Non è il prezzo a rendere appetibile quel sito industriale. Purtroppo è antipatico dirlo ma lo avevamo già detto: il che non è una manifestazione di bravura ma un’ammissione d’incapacità per non essere riusciti a convincere il lettore.

 

Per informazioni autorevoli è possibile consultare, a due passi dalla sede Vdc di località Paduni, il dottor Francesco Borgomeo. Che, sbagliando, molti pensano sia un eminente ceramista, profeta della circular economy, avanguardista del green. Non è così: Borgomeo è uno dei più competenti convertitori di aziende. Cioè uno che vede un’azienda bollita, la annusa, ne studia i resti, la riapre e la trasforma in qualcosa che torna a rendere sul mercato.

I recenti fenomeni Saxa Gres (ex Marazzi), Saxa Grestone (ex Ideal Standard) sono solo le ultime delle due operazioni di riconversione industriale messe in piedi dallo studio di consulenza industriale di Borgomeo. Le ceramiche sono solo una puntata.

Nel recente convegno organizzato da Unindustria a Frosinone su Industria e Legalità, Francesco Borgomeo ha ribadito un concetto che nella sala era noto e chiaro a tutti. E cioè: oggi il vero valore di un sito industriale non è il suo prezzo ma le autorizzazioni che ha nella pancia.

 

Per essere chiari. Se domani mattina un industriale comprasse l’ex Videocolor, anche al prezzo chiesto da Francesco De Angelis, cosa potrebbe farci dentro?

La risposta è: boh!

 

Cosa è possibile produrre, quali autorizzazioni ci sono, in quali condizioni di efficienza è il suo impianto di depurazione, possiede già le certificazioni ambientali Aia? Quanti fumi è possibile emettere nell’aria da quel sito, quali materie prime possono essere lavorate?

Solo per fare un esempio: in questo momento un colosso del settore manutentivo è alla ricerca di un sito nel quale concentrare l’attività di revisione di alcuni delicati macchinari industriali; certifica che siano in buone condizioni e che possono continuare a lavorare. Per certificare la ‘salute’ dei metalli deve fargli la Tac. Ma fare una Tac, come per gli esseri umani, richiede l’autorizzazione a trattare microscopiche particelle radioattive. È possibile avere ad Anagni quel permesso, quanto tempo occorre per averlo? Se ci fosse già, l’ex Vdc entrerebbe nell’elenco dei siti europei tenuti in considerazione da questa azienda.

 

Occorre un cambio di passo. Una rivoluzione nella mentalità. Se si vuole vendere l’area ex Videocolor – già Videocon – oggi ex Vdc, occorre partire dalla fine. Cioè: stabilire cosa è possibile fare, avviare l’iter per ottenere le autorizzazioni a farlo, certificare il sistema di depurazione, chiedere le famigerate autorizzazioni ambientali Aia.

A quel punto, ricollocando Vdc sul mercato con quelle autorizzazioni, di milioni se ne possono chiedere molti, molti di più della fumata di sigaretta chiesta oggi.

Perché, così com’è, voler collocare l’ex Videocon è come tentare di vendere il ghiaccio agli esquimesi.

 

Post Scriptum (si fa per dire ma fa figo): sorprende che il presidente Francesco De Angelis ed il CdA Asi siano stati lasciati in totale solitudine dai 7 parlamentari eletti su questo territorio. Nessuno si è fatto avanti per proporre una soluzione smart tra i tanti pacchetti lasciati pronti presso Invitalia (agenzia per l’attrazione degli investimenti) dall’ex ministro Carlo Calenda. Quello più le certificazioni farebbero schizzare il valore del sito ex Vdc. Il ministro è Luigi Di Maio (leggere sopra).

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