De Mita ed il messaggio nascosto nella foto alla Fiat

Una foto a lungo sottovalutata. È quella con De Mita, Agnelli, Romiti e PIcano nello stabilimento Fiat di Cassino. Cosa voleva dire. A chi era rivolto il messaggio lanciato in quel 1989. Cosa lascia oggi che se n'è andato. Il ricord di Angelo Picano.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Lo scatto su carta Kodak li ha consegnati al tempo mentre sono in visita allo stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano. Fine anni Ottanta: nelle automobili la centralina è ancora una sola e non le oltre duecento che governano oggi ogni aspetto della guida. Le catene di montaggio a Cassino sfornano la macchina più tecnologica e meno fortunata nella sua storia: Tipo nel 1989 aveva già il trasponder che riconosceva il proprietario rendendo superate le chiavi per aprire gli sportelli, il portellone in vetroresina, il tetto panoramico che si apriva con un pulsante.

Quella foto ritrae lungo le linee l’avvocato Gianni Agnelli: fu la prima volta che mise piede nel suo stabilimento di Cassino nonostante sfornasse vetture dal 1972; con lui c’è il fidatissimo Cesare Romiti; tra di loro, al centro, camminano il presidente del Consiglio dei Ministri Ciriaco De Mita ed il sottosegretario Angelo Picano il console della sinistra di base in terra ferocemente andreottiana.

La foto di un sistema

Ciriaco De Mita Foto: © Imagoeconomica, Benvegnu’ e Guaitoli

«Quella foto ritrae una linea politica, una sensibilità di governo, un modello di sviluppo per il Paese» ricorda oggi Angelo Picano. Da qualche minuto le agenzie di stampa hanno annunciato che Ciriaco De Mita non c’è più: alle 7 del mattino si è spento nella casa di cura Villa dei Pini ad Avellino all’età di 97 anni e lucidissimo, sicuramente più di tanti trentenni della Seconda Repubblica; in barba ai quali lui era ancora sindaco di Nusco eletto a furor di popolo. E quella foto su carta Kodak torna attuale.

«Ciriaco De Mita con la visita allo stabilimento di Cassino mandava a dire al sistema industriale, alla politica ed ai mercati, che bisognava credere ed investire nel Mezzogiorno. Che lui ed il suo Governo erano impegnati a portare avanti una politica meridionalista, fatta di progettualità, finanziamenti, idee. La visita fatta in quel giorno del 1989 significava testimoniare che il processo di industralizzazione del Mezzogiorno era la sfida con cui trasformare l’Italia» ricorda oggi Angelo Picano.

Naturalmente meridionalista

All’epoca accusarono De Mita di pensare solo al Sud.

«La classe dirigente cresciuta intorno a Ciriaco De Mita lui era di stampo meridionalista: portavano la sensibilità tipica del loro territorio. Sia chiaro: non coltivavano un interesse né personale né di collegio; avevano la sincera convinzione che fosse necessario mettere il Mezzogiorno in condizione di rimettersi a camminare. E questo nell’interesse di tutto il Paese».

Angelo Picano
Fino a quel momento invece ci si era concentrati al Nord.

«Lo si fece potenziando l’esistente. Con una logica sicuramente valida. Ma la visione di Ciriaco De Mita era più moderna. Aveva capito che solo portando sviluppo, lavoro ed economia anche nel Mezzogiorno ci sarebbe stata vera unità. E crescita per l’intero Paese, da Nord a Sud. Parte dell’industralizzazione del Paese si deve alla sinistra democristiana che ne fece il suo cavallo di battaglia nei decenni scorsi»

Quando conobbe De Mita?

«Avevo poco più di vent’anni ed avevo appena conosciuto Giovanni Galloni, futuro ministro e vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Fu lui ad invitarmi ad un convegno al Teatro dei Servi a Roma dove mi presentarono Ciriaco De Mita. Quel giorno non volle parlare al pubblico, era uditore attento ed ascoltò ogni parola facendone tesoro. La politica a quel tempo sapeva ascoltare e sapeva quando fosse il momento di parlare».

Oltre alla sensibilità per il mezzogiorno, fu il primo teorizzatore di un centrosinistra moderno.

«Si batté per portare avanti l’alleanza con i socialisti e poi per l’allargamento della base democratica dello Stato. Fu l’uomo del dialogo e del confronto con il Partito Comunista, specialmente negli anni Ottanta”.

Il senatore Angelo Picano tra i senatori Giovanni Spadolini e Giulio Andreotti
De Mita fu un talent scout…

«A lui si deve la creazione di una squadra con gente come Granelli, Marcora, Rognoni, Misasi, Galloni…». Per modestia non aggiunge Picano. (Leggi qui Angelo Picano, il senatore dalle idee troppo geniali… scambiate per fregnacce).

Cosa ci lascia in eredità De Mita?

«Ci lascia il senso del ruolo giocato da uno maggiori protagonisti della Dc dal Dopoguerra. La classe dirigente di quei tempi viene rimpianta oggi: aveva maggiore sensibilità per i problemi dello Stato, più fiuto nel prendere decisioni, passione per l’Europa e per il Mezzogiorno che è stato uno dei suoi più grandi impegni».

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