Di bene in Meglio: «Creiamo professionisti dello sviluppo locale»

Il professor Lucio Meglio, ricercatore di Sociologia dell’Unicas, dirige ormai anche il Corso di Alta Formazione in Management per lo sviluppo delle aree interne. È praticamente un unicum a livello nazionale, già un piccolo grande miracolo: cinquanta iscritti alla prima edizione. È rivolto agli amministratori locali e a tutti gli operatori dello sviluppo locale: che tanti nominano e pochi conoscono davvero.

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

All’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, a suo modo, si è compiuto un piccolo grande miracolo: trovare almeno cinquanta amministratori locali, il minimo richiesto, per fargli frequentare il primo Corso di alta formazione in Management per lo sviluppo delle aree interne. È diretto dal professor Lucio Meglio, ricercatore di Sociologia generale dell’Unicas.

Da tre settimane, tutti a lezione online sullo sviluppo locale: «Perché è una disciplina accademica, una professione – si precisa sin da subito – e come tale richiede professionisti preparati e formati su specifiche discipline. Materie che si apprendono esclusivamente mettendosi in gioco con uno studio attento e di livello». La lezione inaugurale del corso si era tenuta il 19 dicembre scorso, alla presenza dell’ospite d’eccezione, il critico enogastronomico Edoardo Raspelli. Dopo le festività natalizie si entrati nel vivo dello studio dello sviluppo locale: ripartendo dalle basi.

Edoardo Raspelli

Tra gli allievi che seguono il corso ci sono i sindaci Oreste De Bellis (Castelnuovo Parano) e Francesco Piccirilli (Falvaterra), la commissaria della Comunità montana Valle del Liri Rossella Chiusaroli, nonché Lucio De Filippis, direttore del Parco naturale regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi. Anche le Dmo (Destination Management Organization), organizzazioni regionali che promuovono nuove idee di viaggio, hanno i loro rappresentanti. Tra i corsisti c’è anche Rossella Lucci, consigliera comunale di Pescosolido e membro della Dmo Ciociaria-Valle di Comino.  

La partecipazione era aperta ai laureati nelle materie umanistiche, economiche e giuridiche, nonché ai professionisti della pubblica amministrazione nelle politiche territoriali. Si parla, in particolare, di funzionari, dirigenti e tecnici di Province, Comuni e Comunità montane. Ma anche di insegnanti, educatori, operatori giuridici, giornalisti.

I primi cinquanta corsisti

L’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale (Unicas)

Non è mancata la risposta degli Amministratori. Sindaci, commissari di Comunità montane, consiglieri e dirigenti comunali sono tornati dietro ai banchi. Si è così riusciti a garantire il numero minimo ed attivare il corso: già di per sé un successo. I potenziali posti disponibili, in realtà, erano 150: sono arrivate ma sono state scartate varie richieste di Amministratori locali interessati. Erano sprovvisti del requisito base: la laurea. L’intenzione, però, è quella di allargare prossimamente a una fascia più ampia.

A distinguersi sono state le Comunità montane Valle del Liri, Ausoni, Aurunci e Valle di Comino: hanno coperto i costi delle tasse d’iscrizione dei loro rappresentanti.

Dall’Unicas, guidata dal rettore Marco Dell’Isola, è partito un plauso ai cinquanta partecipanti: «Gli amministratori coinvolti, tolti gli abiti istituzionali, hanno avuto consapevolezza che la formazione d’eccellenza è forse la prima arma per investire realmente sul proprio territorio». Il corso di sviluppo locale ha anche un suo “gemello” più alto: un Master executive di secondo livello in Management per la valorizzazione del patrimonio culturale, ambientale ed enogastronomico delle aree montane.  

L’Osservatorio sullo sviluppo locale

Lucio Meglio con Maurizio Esposito, direttore del Laboratorio di ricerca sociale dell’Unicas

Il professor Lucio Meglio, anche coordinatore dell’altro corso, è ancor prima il responsabile scientifico dell’Osservatorio per le aree interne e le politiche di sviluppo locale: la cabina di monitoraggio attivata nel Laboratorio di ricerca sociale dell’ateneo cassinate, diretta dal professor Maurizio Esposito. Il corso vedrà scendere in campo docenti e professionisti di caratura nazionale.

L’obiettivo dichiarato è «mettere a punto modelli di studio operativi finalizzati alla formazione ed allo studio delle problematiche territoriali delle aree interne dell’Appennino». Non formano solo gli operatori dello sviluppo locale della provincia di Frosinone ma anche di altre regioni come Marche, Abruzzo e Trentino Alto Adige. In Italia non lo fa quasi nessuno.

«Abbiamo cercato – spiega il professor Lucio Meglio – di superare la logica che vede lo sviluppo locale come una semplice attività frutto di passione ed amore di un territorio che si esterna nell’organizzazione di eventi estemporanei, di successo sì, ma con ricadute a lungo raggio pari a zero».

Di Meglio non si può trovare

Lucio Meglio, ricercatore di Sociologia generale

Meglio è esperto di management pubblico, comunicazione di pubblica utilità, orientamento e scienze economiche giuridiche e comportamentali. Oltre che sulla sociologia generale, nello specifico, ha incentrato l’area di ricerca sull’alimentazione e società nonché sui fenomeni religiosi.

Ad appena 33 anni vinse il Premio nazionale per le buone prassi in sociologia della salute. Socio onorario della Pontificia accademia mariana internationalis (Pami), istituzione della Santa Sede per la promozione della Mariologia, è anche direttore scientifico della rivista Annali di storia sociale ed ecclesiastica e ha fatto parte del Comitato scientifico dell’Archivio storico diocesano di Sora.

Nella città volsca, tra una pubblicazione e un convegno, l’esperienza pluriennale alla presidenza della sezione del Club alpino italiano (Cai). È un profondo conoscitore delle problematiche connesse allo sviluppo territoriale. Il Senato accademico, previa sottoscrizione delle convenzioni con gli Enti interessati, aveva approvato la prima edizione del corso agli inizi d’agosto 2022.

A lezione di sviluppo locale

Marco Dell’Isola

Si parla di quattro mesi di formazione online, laboratori e convegni sullo sviluppo locale a tutto tondo: ecoturismo e marketing della montagna; società, culture del viaggio e sviluppo locale; sociologia del territorio e dell’ambiente; comunicazione turistica; progettazione europea e fundraising per lo sviluppo territoriale; gastronomia, ospitalità e territori; diritto delle autonomie territoriali; sociologia economica e dello sviluppo; economia regionale e antropologia del paesaggio.

Un modulo ogni fine settimana, per un totale di ottanta ore intensive di alta formazione.

Professor Meglio, il corso di sviluppo locale è in atto da tre settimane. Come procede?

«Abbiamo avuto una buona risposta, feedback positivi, visto che stanno scoprendo molti aspetti che non conoscevano. Ora partiranno con la progettazione europea: come si costruisce un progetto nella chiave dello sviluppo territoriale. Gli Amministratori, innanzitutto, ci ringraziano per il contenuto».

L’Osservatorio sullo sviluppo locale, votato alla Ricerca, c’è ormai da oltre dieci anni. Come nasce il Corso?

«L’idea è nata durante un convegno dello scorso anno ad Atina in cui era presente anche il rettore Dell’Isola. C’erano tanti Sindaci della Valle di Comino. È lì che è partita la loro richiesta di intervento all’Università, l’Ente di formazione per eccellenza. Si parlava di dibattiti costruttivi e allora ho preso la balla al balzo. Nel giro di qualche mese, con il mio Dipartimento, abbiamo creato e fatto partire una tipologia di corso che altrove non ha avuto abbastanza iscritti».     

Sviluppo locale made in Unicas

L’Università di Cassino
Lo “sviluppo locale” è un concetto inflazionato. Qual è la sua vera essenza?

«Lo sviluppo locale deve partire da uno studio del territorio: da cosa noi possiamo offrire. Quindi bisogna capire quali sono le nostre risorse, i beni da collocare sul mercato, cosa cerca il turista. Nel nostro territorio non è mai stato fatto. Non è stata fatta una vera e propria analisi dei bisogni del territorio».

Cosa manca alla provincia di Frosinone?

«Ognuno ha sempre proceduto in maniera autonoma e non si è mai posto la questione dell’inquadramento in una filiera. Il medico prima ti visita, per comprendere la situazione generale, e poi agisce in maniera mirata. Manca il concetto di rete, che nel loro piccolo stanno cominciando a capire al corso. Alla fine ognuno di loro lavorerà su un progetto calato sul suo territorio proprio per vedere se si possa mettere a frutto qualcosa di pratico».

Ci sono “persino” partecipanti da altre regioni. L’Unicas fa scuola?

«Siamo contenti che il corso abbia riscosso interesse a livello nazionale. Tra l’altro avrebbero dovuto iscriversi anche alcuni dipendenti del Parco nazionale del Gran Paradiso, ma non c’erano i tempi necessari per stipulare l’apposita convenzione. Siamo rimasti stupiti dal fatto che non si facesse ancora in una Regione importante come il Piemonte».

C’è stata risposta soprattutto dai piccoli Comuni.

«Gli attori dello sviluppo locale devono creare una sinergia tra di loro. Non è possibile pensare ancora che un singolo Comune, piccolo e situato in un’area interna, possa far fronte allo spopolamento in atto. Per ripopolare i borghi bisogna proporre incentivi, è impensabile ormai non avere strutture, trasporti e servizi adeguati».

Piccoli e grandi Comuni

I borghi, per forza di cose, dimostrano in piccolo come sia possibile fare rete. E i grandi Comuni? La soluzione è l’altrettanto inflazionata Area Vasta?
Cabernet d’Atina

«L’Area Vasta deve essere definita in base a un’identità. Noi abbiamo ancora difficoltà a definirci “territorio provinciale”, vista una certa nostalgia borbonica che lo divide in pezzi. Non dobbiamo di certo disperdere la nostra memoria, anzi. Ma bisogna capire che oggi l’identità di un territorio si ricostruisce in base alle nuove potenzialità che si possono mettere in campo tutti insieme. Il basso Lazio, la provincia di Frosinone sono territori fortemente identitari. Ma il brand deve essere unico. L’identità c’è, malgrado le differenziazioni, ma attorno bisogna costruire un marchio e un prodotto».

Professore, che brand le viene in mente?

«Sono dieci anni, ad esempio, che diciamo che per il Cabernet d’Atina servono una cantina unica, un aumento di produzione, un marchio unico. Sono passati dieci anni ed è rimasto tutto uguale. Però gli altri territori vanno avanti. C’è consapevolezza del capitale territoriale, forse più che negli altri territori, però non ci sono ancora le competenze per lo sviluppo locale».   

Da qui il Corso di Alta Formazione. È indispensabile?

«Noi creiamo professionisti dello sviluppo locale. Se si deve costruire una casa, si chiamano professionisti come architetti e ingegneri. Con lo sviluppo locale è lo stesso, non basta più essere soltanto appassionati del territorio. Per lavorare in questo ambito serve una competenza, una multidisciplinarità fatta di conoscenze economiche, legislative, sociali e turistiche. Si forma così un operatore con una grande capacità di progettazione europea».