La tentata rapina di Di Maio con le pistole ad acqua

Foto Alessia Mastropietro © Imagoeconomica

Oggi alle 9.30 la trattativa finale di Conte con Zingaretti e Di Maio. Che con l'uscita di ieri non mirava al Pd. Ma ad una parte del suo Partito. Ed al premier. Per salvare se stesso. Consapevole di essere ad un passo dalla fine

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

L’astro cadente del Movimento 5 Stelle ha giocato la sua ultima fiche. Alzare la posta oltre il limite: per incassare il massimo possibile, contrattare il rinnovo dell’incarico da vice premier. L’astro crescente del Partito Democratico viene dalla vecchia scuola: quella in cui queste smargiassate le facevano i dilettanti al test di ammissione alle Frattocchie. Deliri da aspiranti leader in declino.

Giuseppe Conte

Ci pensa il premier Giuseppe Conte a mettere fine alle ultime recite di fine trattative: ignorandolo e convocando le parti per le 9.30 di questa mattina. Ricordando a tutti che ora il premier a tempo pieno è lui.

La sceneggiata messa in campo ieri da Luigi di Maio non ha impressionato nessuno al di fuori di qualche stretto familiare, la fidanzata filiforme compresa nell’incarico, gli ultimi ultras della curva a Cinque Stelle che ancora non hanno capito la differenza tra una partita di calcio e la formazione di un Governo che decide il futuro del Paese.

Quella minaccia di rompere tutto (leggi qui Il rancore di Luigino, il gelo di Conte: il Lazio prossimo laboratorio) è come andare a fare una rapina in banca impugnando una pistola ad acqua. È la mossa di un leader per caso, giunto sull’orlo della sua fine politica. Simile solo a quella del suo ex socio che ormai, a ridosso della fine, non riesce ad articolare un ragionamento politico più intelligente di “Non vi libererete facilmente di me“. Nei cartoni animati dei Warner Brothers si trova di meglio.

Di Maio e Salvini

La mossa di Luigino non è l’ultimo disperato assalto del Movimento 5 Stelle al bastione del Pd. In realtà serve solo a Luigino per combattere la sua ultima battaglia tutta interna al Movimento 5 Stelle. Per non finire risucchiato nel gorgo in cui lentamente sta scivolando dopo che i veri capi del Partito, Grillo & Casaleggio, gli hanno messo sulle spalle tutta la responsabilità della catastrofe: milioni e milioni di voti bruciati in un anno e mezzo. Ed al posto delle sue ridicole comparsate sul balcone di Palazzo Chigi, buone per una telenovela messicana di terza serie, vogliono sostituirlo con il professor Giuseppe Conte che in tema di concretezza ha dato una lezione ad entrambi i suoi improbabili vice premier.

Mentre uno si spiaggiava al Papeete e l’altro eliminava la povertà per decreto, l’avvocato con il fazzoletto a quattro punte, tomo tomo si eleggeva il presidente della Commissione Europea e piazzava un vice presidente del M5S tra i vertici della Ue. Piglia e porta a casa.

La sparata di Luigino serve solo a rivendicare per se stesso il ruolo di vice premier. Non ne ha i titoli, non ne ha i meriti. Non sta attaccando il Pd: sta prendendo a calci negli stinchi Conte e Grillo.

Luigi Di Maio © Imagoeconomica, Paolo Cerroni

C’è un solo merito politico che va riconosciuto all’operazione dei Venti Punti messa in campo a sorpresa da Luigino nel pomeriggio di ieri. Se Rocco Casalino scivola, se i burocrati del Nazzareno si distraggono, questo governo M5S – Pd rischia di diventare un incubo peggiore di una palude nel Vietnam. Un pantano di sabbie mobili capace di risucchiare, poco alla volta, giorno di governo dopo giorno di governo, il populismo a Cinque Stelle ed il riformismo piddino.

L’antidoto messo in campo da Nicola Zingaretti nel corso di questi giorni è stato ben più nobile. Costruito su chiari messaggi inviati ai mercati, agli investitori, alle imprese, al mondo dell’università… I risultati sono arrivati all’istante: calo dello spread e milioni freschi risparmiati in un solo giorno. Zingaretti, comunque vada, potrà dire: era la strada che non mi piaceva ma visto che tutti (leggi qui Ecco perché a questo punto Nicola Zingaretti non si fida) mi avete chiesto di imboccarla la percorro nel modo più efficace possibile.

L’antidoto usato da Luigi Di Maio è una specie di mutanda d’acciaio: come per dire ‘Se non va bene io ve l’avevo detto…’. Una mutanda piena di buchi: grazie al suo intervento i mercati hanno cominciato a dubitare di nuovo sul cialtronismo maccheronico italiano.

Nicola Zingaretti alla Direzione Pd

La situazione è molto semplice. In mattinata Giuseppe Conte la risolverà in tre minuti. Usando qualcosa di simile all’espressione che da queste parti suona con “O trebbi o spicci l’aia“.

Se il Movimento 5 Stelle intende portare avanti un governo di legislatura ed insegnare alla sua base che i risultati si possono costruire sia con il centrodestra (piacciano o non piacciano, li ha portati) e sia con il centrosinistra (piacciano o non piacciano, ne raggiungerà altri di orientamento diverso) le condizioni ci sono. Fine di Luigino e si va avanti. Se il Movimento vuole solo tutelare il suo totem fatto di nulla, composto da promesse come quelle su Ilva, Tav, Tap, Reddito di Cittadinanza e poi staccare la spina dopo un po’, allora sarà Nicola Zingaretti a far saltare il banco. Impedendo di portare nella palude il Pd. E uscendo come unico vincitore dalla tragedia di Luigino.