Di Ruzza: Giochi di spie ed interessi sovrani

Parla l'ex direttore dell'Antiriciclaggio Vaticano. «Sono in gioco attività istituzionali di intelligence finanziaria, che richiedono garanzie a tutela degli interessi sovrani sullo sfondo».

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Giochi di spie, intrighi internazionali, barbe finte e tonache vere. Sotto le quali si muovono agenti del controspionaggio papale. Gli uomini migliori dell’intelligence finanziaria sono in campo da mesi nel segreto più assoluto: dicono che sia uno degli uffici più recenti all’interno del Sodalitium che dal 1566 vigila nei più profondi recessi terreni per garantire la sicurezza dello Stato Vaticano. E delle sue finanze.

Hanno lavorato anche loro all’indagine sulle speculazioni fatte alle spalle dell’Obolo di San Pietro: le finanze create dalle donazioni e dalle elemosine. Individuando indizi, cristallizzando fonti di prova, raccogliendo elementi su finanzieri senza scrupoli accusati di speculare su un palazzo a Londra, intascando provvigioni milionarie. Un’operazione che ha particolarmente irritato Papa Francesco: al punto di avere firmato lui stesso – primo pontefice dai tempi di Pio V – l’ordine di perquisizione affidato al Promotore di Giustizia, il corrispettivo del procuratore della Repubblica italiano. Un ordine che nei mesi scorsi ha violato – anche qui per la prima volta nella storia – la segretezza della Segreteria di Stato. Raccontano che più di qualcuno impallidì di fronte ai Gendarmi inviati con un ordine di perquisizione firmato direttamente dal Santo Padre.

Attività istituzionali, interessi sovrani

Tommaso Di Ruzza (Foto: Paola Onofri / Imagoeconomica)

Quell’indagine ora è conclusa. L’altro giorno le cinquecento pagine che riassumono i fatti hanno portato a fissare l’udienza in cui verranno giudicati da un tribunale pontificio. Tra le persone chiamate a rendere conto delle loro azioni c’è anche il dottor Tommaso Di Ruzza, originario di Aquino è stato il direttore dello strategica autority Antiriciclaggio del Vaticano. È l’uomo – ricostruiscono quelle pagine – che ad un certo punto avrebbe dovuto capire che 15 milioni di euro erano una tangente e dovevano essere bloccati prima che arrivassero al destinatario, avvisando le autorità investigative.

In questi mesi non ha mai parlato, se non con le autorità vaticane. Rompe il silenzio ora, a pochi giorni dal processo. Lo fa per dire che «Sono in gioco attività istituzionali di intelligence finanziaria, inclusa la collaborazione con agenzie estere, che richiedono adeguate procedure e garanzie non solo a tutela del diritto alla difesa ma anche degli interessi sovrani sullo sfondo». Un messaggio chiaro per gli addetti ai lavori, quello fornito da Tommaso Di Ruzza. Cioè? Non è un gioco al Monopoli, non è una truffa tra magliari, si parla di cose che hanno sullo sfondo una parte degli interessi dello Stato Pontificio. Che non possono e non devono essere messi in piazza.

Di Ruzza: Pronti a chiarire subito

René Brulhart e Tommaso Di Ruzza Foto: Carlo Carino / Imagoeconomica

L’accusa non è di avere rubato. Nè di avere approfittato. Ma di non avere capito e non avere bloccato. Però c’è stata un’indagine interna. Fatta appena partita l’inchiesta. Ha stabilito che l’Autorithy Anti Riciclaggio ha seguito le procedure corrette. Lo conferma anche il difensore del dottor Tommaso Di Ruzza, il professor Roberto Borgogno: specializzazione a Friburgo, già collaboratore del professor Coppi, professore di Diritto Penale presso il dipartimento di studi giuridici economici e filosofici dell’università la Sapienza di Roma. «Tommaso Di Ruzza ha sempre agito nel più scrupoloso rispetto della legge e dei suoi doveri d’ufficio, nell’esclusivo interesse della Santa Sede». (Leggi qui: L’Autorithy vaticana assolve Di Ruzza: “Piena fiducia, nessuna condotta impropria”).

Doveva bloccare ed avvertire? Ha seguito la procedura codificata tra le Autorithy internazionali, dice l’audit interno compiuto nei mesi scorsi. Ha fatto il suo dovere.

Lo accusano di avere abusato della carta di credito dell’Ufficio: 23mila euro tra il 2015 ed il 2019, circa 4mila euro l’anno: meno di 350 euro al mese. Al limite dell’offensivo per uno che ha avuto competenza su miliardi in euro, dollari, sterline ed ogni altra valuta. Il suo ex superiore, l’elvetico René Brülhart ex presidente dell’Autority antiriciclaggio del Vaticano ha fatto sapere che “tutto questo verrà chiarito non appena ci sarà consentito di spiegare”. Tommaso Di Ruzza aggiunge Sono sereno e fiducioso che la verità dei fatti e la mia innocenza emergeranno e saranno chiariti presto dalla Autorità giudiziaria vaticana”.