Camorra, mafia e ‘ndrangheta: i loro interessi sul Lazio nel rapporto della Dia

La Direzione Investigativa Antimafia ha consegnato al Senato la sua relazione sulle infiltrazioni nel Lazio durante i secondi sei mesi del 2017. Soldi sporchi investiti in attività pulite. Alleanze per controllare la droga. Le intimidazioni. Stretti legami con le località d'origine.

Alle mafie il Lazio interessa: per gli affari che consente di fare, per i soldi che permette di riciclare. Lo dice la relazione della Direzione Investigativa Antimafia sulle infiltrazioni nel II semestre 2017, consegnata oggi al Senato.

 

La ‘ndrangheta al ristorante

In quella relazione si spiega che nel Lazio la ‘ndrangheta c’è. Mantiene un costante legame con la famiglie d’appartenenza in Calabria e si allea con la criminalità locale in base alle necessità.

A Roma per la Dia sono attivi i Mancuso: reinvestono i soldi comprando attività commerciali, soprattutto ristoranti.

Le indagini poi testimoniano la presenza della cosca Arena di Crotone. Da Reggio Calabria hanno investito in zona i Bellocco, i Piromalli ed i Molè.

Nell’area di Spinaceto e Tor de’ Cenci risultano attivi gli affiliati alla Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo di Oppido Mamertina, attivi nel traffico di stupefacenti e nel riciclaggio.

Soggetti legati ai Pelle, Pizzata e Strangio ed ai Muto di Cetraro (Cosenza) sono risultati, invece, specializzati nell’usura, nelle estorsioni, nelle rapine, nel traffico di stupefacenti ed armi, avvalendosi anche del supporto di pregiudicati romani.

A questi gruppi si affiancano le famiglie FerrentinoChinadamo e Lamari di Laureana di Borrello (RC).

Nel basso Lazio invece la Dia ha registrato una intensa attività dei Piromalli di Gioia Tauro, mentre sul litorale di Anzio e Nettuno risultano le cosche di Guardavalle (Catanzaro), in sinergia con i Romagnoli di Roma, gli Andreacchio di Nettuno per controllare il traffico di droga.

Ad Aprilia la Dia ha rilevato tracce calabresi degli Alvaro, a Fondi dei Bellocco, dei La RosaGarruzzo, dei Tripodo.

 

La mafia con discrezione

Anche la mafia siciliana ha i suoi interessi nel Lazio. La Dia ha avuto molta difficoltà nell’individuarne le tracce. Perché le cosche adottano una politica criminale di basso profilo.

Per gli investigatori, la mafia investe innanzitutto su Roma, il suo hinterland, il litorale ed il Sud Pontino, riciclando così i capitali sporchi.

I settori di maggiore interesse sono quelli dell’edilizia, della ristorazione, delle sale da gioco e dell’agroalimentare.

Proprio il mercato agroalimentare è – per la Dia – il business di riferimento, specie nel Sud Pontino: qui le cosche mafiose, stando alla relazione depositata oggi al Senato, hanno intessuto una solida rete di relazioni, attraverso le quali controllare le attività commerciali e dei trasporti, anche coinvolgendo mediatori e professionisti del settore.

Per la Dia, nel secondo semestre 2017 «sono emersi significativi canali di collegamento tra la Sicilia ed il Lazio. Con riferimento non solo all’approvvigionamento di sostanze stupefacenti, ma anche in relazione alla commercializzazione di prodotti ittici».

Si fa riferimento ad un’indagine che ha messo in luce «le mire imprenditoriali di un sodalizio criminale, riferibile alla famiglia gelese Rinzivillo, il cui reggente, da tempo residente a Roma, era riuscito a realizzare un significativo commercio di prodotti ittici importati dal Marocco. Gli stessi, imposti in regime di sostanziale monopolio nel territorio siciliano, sono stati commercializzati anche nella Capitale, oltreché in Germania».

 

La camorra con comodo

Il sud del Lazio, anche e soprattutto per una questione di vicinanza geografica, risulta molto interessante per il clan camorristi.

Sulle province di Frosinone e Latina la Dia ritiene che continuino ad avere un ruolo egemone i Casalesi: per riciclare denaro e piazzare le grosse partite di droga importate.

Le informazioni acquisite dalla Dia dicono che gli uomini di Casale di Principe hanno acquisito interessi nel settore della gestione di cave, estrazione dei materiali inerti, lo smaltimento di rifiuti.

Durante il secondo semestre del 2017 gli investigatori della Dia nel lazio hanno raccolto tracce della presenza dei clan Di Lauro, Giuliano, Polverino, Licciardi, Contini, Mariano, Moccia, Mallardo, Gallo, Gionta, Anastasio Zaza, Schiavone, Noviello, Zagaria, Belforte, Bardellino.

Lontano dai luoghi di origine la camorra tende a mantenere un profilo basso: non ostenta il potere, punta agli affari. Poi però capita che i contrasti maturati nelle zone d’origine abbiano riflessi anche in trasferta, innescando episodi cruenti.

È il caso dell’omicidio avvenuto nell’agosto di sei anni fa sul lungomare di Terracina quando venne assassinato il fratello del capo del clan Marino. Perché viene citato ora quell’episodio? Perché nello scorso novembre la Squadra Mobile di Latina ha arrestato quelli che ritiene gli esecutori dell’omicidio: elementi affiliati al cartello Abbinante-Abete-Notturno-Aprea, all’epoca contrapposto alle famiglie Magnetti-Petriccione del cartello della cosiddetta Vanella-Grassi, cui erano legati i Marino.

La Dia segnala l’aumento degli episodi cruenti e degli episodi di intimidazione nel Lazio. In particolare nel sud Pontino.

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