Diario da Gerusalemme – VI puntata

La sesta pagina del diario quotidiano sul pellegrinaggio della diocesi di Frosinone – Veroli – Ferentino in Terra Santa. Lì dove il Verbo si fece carne

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Due flagellazioni, due condanne, due folle plaudenti all’orrore, due innocenti condannati ingiustamente, due corone di spine, due soluzioni finali: al mattino quella del figlio dell’uomo, le pietre del Litostrato, dove i soldati di Pilato umiliano quell’uomo giusto, consegnato a loro da chi voleva eliminarlo per non trovarselo più tra i piedi, contando su un’opinione pubblicata affamata di sangue, disponibile ad accettare ogni capro espiatorio le venisse dato in pasto.

Quelle pietre hanno sentito le frustate del flagellum, le grida del condannato, lo sfottò dei soldati: ave, re dei giudei

Quelle pietre portano i segni dell’orrore, della condanna di un innocente per salvare il proprio potere, quello di Caifa ma anche quello di Pilato: quelle pietre hanno visto l’assenza dei suoi discepoli, dei suoi amici, dei suoi parenti, di tutti quelli cui aveva fatto del bene, ciechi che vedevano, sordi che udivano, storpi che camminavano. Abbandonato da tutti, reietto…

Quante similitudini con Yad Vashem, il memoriale della Shoah: innocenti privati di tutto anche della loro vita, per impadronirsi dei loro averi, delle loro case, innocenti cacciati dalle loro abitazioni, imprigionati, derisi, bastonati, uccisi, senza che nessuno o quasi dicesse niente anzi con quelli che furono pronti a prendere possesso delle loro abitazioni.

E poi quanto somiglia la soluzione finale della conferenza di Wannsee al processo in casa di Caifa: non si cerca la verità, si deve arrivare all’obiettivo, con efficienza, furbizia…

Yad Vashem, il museo memoriale della Shoah, è uno schiaffo alle nostre coscienze come il Litostrato: cosa avremmo fatto se fossimo stati presenti? Ci saremmo uniti alle folla urlante per chiedere la liberazione dell’assassino Barabba? Avremmo anche noi urlato Sieg Heil, avremmo anche noi deriso quel povero condannato a morte lungo la via dolorosa? O saremmo stati uno dei Giusti delle Nazioni? Ci sono ventimila alberi con i loro nomi a ricordare che non tutti gridarono Barabba, non tutti salutarono romanamente, non tutti approfittarono…

Il Santo Sepolcro e lo Yad Vashem testimoniano che anche l’orrore più spaventoso può trovare la risposta in quella tomba vuota, in quella tomba che ci dice che i progetti dei nostri nemici, le macchinazioni, gli inganni… vengono spazzati via dalla forza della vita che risorge. (Guarda qui le foto della VI giornata del pellegrinaggio)

Le parole del vescovo Spreafico

Al Santo Sepolcro per la Messa di Pasqua, il vescovo di Frosinone Ambrogio Spreafico ha detto «Siamo qui perché il mistero della fede possa aiutarci a vivere da cristiani».

«Nei racconti della resurrezione Gesù incontra, parla, spiega, conversa. Egli vive con noi, riprende la sua vita quotidiana: pace a voi, è la risposta alla violenza del mondo, una violenza che esclude i poveri. La vittoria sulla morte è la vittoria di chi vuole che noi siamo pacificatori.  Dobbiamo vivere lo stesso amore che lui ha vissuto nei confronti di quelli che l’avevano rinnegato».

«Sentiamo la forza della vita che esce da questo luogo. Il vangelo finisce ma continua ad essere scritto nella nostra vita».