Dimissioni in massa per far cadere Zingaretti? Un suicidio ma per l’opposizione

Il centrodestra nega l'ipotesi di dimissioni in massa con cui far cadere Nicola Zingaretti. Strada tecnicamente percorribile. Ma potrebbe trasformarsi in un suicidio.

Giurano di non saperne niente. Al punto di bollare tutto come “Fantapolitica“. Nel quartier generale di Stefano Parisi negano che il leader dell’opposizione in Regione Lazio abbia indicato come strategia le dimissioni in massa con cui far cadere Nicola Zingaretti un minuto dopo la proclamazione del suo secondo mandato da governatore.

L’indiscrezione l’ha pubblicata questa mattina Simone Canettieri su Il Messaggero. E non è un’invenzione. La voce circolava come ipotesi già da qualche giorno. Se poi sia stata accantonata o giudicata percorribile non è possibile saperlo ora.

Un dato però è sicuro: i consiglieri regionali del centrodestra non ne sono stati informati. Dal Gruppo di Forza Italia cadono dalle nuvole. E spiegano che se c’è una strategia gli verrà comunicata all’inizio della prossima settimana: quando ci sarà la prima riunione ufficiale.

L’ipotesi delle dimissioni in massa è legata al fatto che Nicola Zingaretti ha vinto le elezioni. Ma non ha la maggioranza: il centrosinistra ha eletto 24 consiglieri (più il governatore fanno 25 voti) mentre le opposizioni ne hanno 26. Da qui la voce delle dimissioni in blocco per determinare la caduta dello Zingaretti bis, subito dopo la proclamazione degli eletti.

 

APPLICABILE MA INOPPORTUNO

«Opzione impossibile ma soprattutto inopportuna: fantasie pure» Mario Abbruzzese è stato presidente del Consiglio Regionale del Lazio nel periodo di Renata Polverini, stratega di molte operazioni condotte dall’opposizione nella legislatura che si sta chiudendo. Formalmente è ancora consigliere regionale del Lazio in carica.

Tecnicamente, l’opzione è possibile. La prevede l’Articolo 19 Comma 4 dello Statuto della Regione Lazio.

Fermi restando i casi di scioglimento del Consiglio di cui agli articoli 43 e 44, le dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti del Consiglio comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio, che viene dichiarato con decreto dal Presidente del Consiglio regionale.

 

C’è poi l’Articolo 43 dello stesso Statuto

1. Il Consiglio regionale esprime la sfiducia nei confronti del Presidente della Regione mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza dei componenti stessi. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni e non oltre venti giorni dalla presentazione.

2. L’approvazione della mozione di sfiducia comporta le dimissioni della Giunta regionale e lo scioglimento del Consiglio.

 

La questione, per Mario Abbruzzese è soprattutto politica: «In questo momento storico ci vuole responsabilità: Nicola Zingaretti ha vinto le elezioni ed ha il dovere di dare un governo forte e stabile alla Regione. Gli elettori si sono espressi».

 

 

POSSIBILI MA IRREALISTICHE

Donato Robilotta, ex assessore regionale agli Affari Istituzionali e figura di spicco nel pensatoio di Parisi: «La mozione di sfiducia prevista dallo Statuto regionale. In questo caso le dimissioni contestuali sono possibili ma sono irrealistiche. Ho l’impressione che qualcuno alzi un gran polverone per nascondere polvere sotto il tappeto»

 

 

LA RICOSTRUZIONE

Un altro elemento che rende complessa l’operazione dimissioni: dovrebbero darle tutti e insieme. E – spiegano dal quartier generale del centrodestra «Parisi e Pirozzi non si sono mai sentiti».

Invece, stando alla ricostruzione de Il Messaggero

Lo sprint parte dal civico Sergio Pirozzi, forte della copertura politica di Matteo Salvini sempre più alla conquista del Centro-Sud. In queste ore sono stati già contattati i leader degli altri due macro gruppi: Stefano Parisi e Roberta Lombardi. Entrambi confermano a questo giornale l’esistenza del piano. Ma con delle differenze.

 

Al Messaggero risulta che Roberta Lombardi si sia riservata per sottoporre la proposta all’intero gruppo ed al leader Luigi Di Maio. E che nel centrodestra Matteo Salvini sarebbe pronto ad avvallare l’operazione (bisogna vedere cosa ne pensano gli eletti).

 

IL GOVERNO DALLE COMMISSIONI

L’ipotesi delle dimissioni di massa e della sfiducia appare poco percorribile soprattutto per un altro motivo. La ‘maggioranza’ zoppa ha 24 consiglieri: il presidente d’aula non può guidare alcuna commissione e quindi si scende a 23, ci sono altri ruoli chiave che sono incompatibili con le presidenze di Commissione. La conseguenza politica è che gli equilibri verranno individuati proprio lì, nelle Commissioni: in quelle strutture che mettono a punto le leggi ed il dibattito politico da portare in aula. Mai come in questo momento il centrodestra ed il M5S hanno la possibilità di incidere e di avere peso nelle scelte della Regione. Anche stando all’opposizione.

La saggezza di un ex consigliere regionale sintetizza alla perfezione: «Dimissioni in massa? Sarebbe come il marito che si taglia gli attributi per fare un dispetto alla moglie».

 

LA VERSIONE DI PARISI

«Un patto tra le opposizioni per far cadere Zingaretti? No, non c’e’ nessun patto. Le cose che dice l’articolo sono lunari: dimissioni, notai… non ho saputo nulla di tutto questo»: cosi’ a La7  Stefano Parisi in tarda mattinata.

«Sicuramente Zingaretti ha commesso un grave errore – ha aggiunto Parisi – non avendo una maggioranza in Consiglio ha dato una intervista quattro giorni dopo le elezioni dicendo che si candidava alla guida del Pd, cosa legittima, e che anche se perdeva la maggioranza in Consiglio andava lo stesso, così era più libero di candidarsi alla guida del Pd. Ora, hai fatto una campagna elettorale fino all’altro giorno, la Regione è in mezzo ai guai. Non va bene. Siccome non ha una maggioranza c’e’ effettivamente il rischio che Zingaretti non sia in grado di fare un governo e che si vada al voto esiste».