Dietro le quinte della Direzione Pd: «Alfieri dimettiti»

Il segretario provinciale del Pd Simone Costanzo, l’altra sera ha riunito la Direzione Provinciale del Partito. Ed lì ha fatto l’analisi della sconfitta al referendum, costata la testa al segretario nazionale Matteo Renzi.

E’ stata la riunione nella quale – al di là delle parole – è emersa l’apertura per la candidatura di Massimiliano Mignanelli alle prossime elezioni provinciali, nella lista del Pd. Che così ha spalancato le porte ad un pezzo della storia di Forza Italia in questo territorio.

Ma è stata anche la riunione che ha visto dopo tanto tempo il ritorno del dottor Ettore Urbano ad una riunione di Partito: il primario di Pronto Soccorso a Cassino, già segretario provinciale dei Popolari, è sempre stato una voce fuori dal coro. Poco intruppabile. Più di qualcuno ha collegato la sua presenza alla concomitante caduta del sindaco Enzo Nocella a Piedimonte San Germano. Ko al quale hanno contribuito anche le truppe di Urbano.

Nessuno invece conferma la notizia circolata nei corridoi della Federazione. Secondo la quale il consigliere regionale Marino Fardelli pagherà il dazio del suo ingresso ufficiale in linea con il Pd. E lo farà votando il consigliere di Ceccano Giulio Conti.

Non è stata una riunione semplice. A tratti è stata anche agitata. Come nel momento in cui è stata chiesta la testa del presidente provinciale Pd Domenico Alfieri. Accusato di avere votato per la risoluzione del contratto con Acea, nonostante il Partito da lui presieduto avesse dato indicazione di votare contro.

Per il resto, ecco la relazione ufficiale del Segretario.

 

 

di SIMONE COSTANZO
Segretario Provinciale Partito Democratico Frosinone

 

Buona sera a tutti e grazie per essere qui a questa Direzione provinciale, a cui abbiamo invitato anche i responsabili dei circoli e gli amministratori, per analizzare il voto referendario e per discutere tutti insieme, anche alla luce delle novità che provengono dal nazionale, sia nel campo istituzionale.

Sapete bene che Matteo Renzi, subito dopo il voto ha rassegnato le dimissioni da Presidente del Consiglio con un gesto che gli fa onore, assumendosi di fatto la paternità della sconfitta e dopo il consueto giro di consultazioni il Presidente Mattarella ha incaricato Paolo Gentiloni, che ha formato il governo e sta ottenendo la fiducia nelle camere ; sia nel nostro partito, che si avvia al congresso nazionale, tramite l’assemblea nazionale del 18 di questo mese e vedremo tempi e modi.

Il dato complessivo, buono per quanto riguarda l’affluenza alle urne, vede prevalere il No con nettezza, con una proporzione anche superiore a quello che ci aspettavamo, malgrado che comunque, al netto di tutto, il dato sul Si è un dato considerevole, con una differenziazione geografica evidente: al Nord il Si generalmente prevale, vedi la vittoria a Milano, e il suo consenso discende progressivamente scendendo lo stivale in maniera sostanzialmente omogenea regione per regione, fino ad arrivare ai picchi negativi nelle isole e nel sud del paese.

La nostra provincia s’inserisce in questo contesto, infatti, il dato è in linea con le realtà a noi omogenee territorialmente, culturalmente e socialmente. Questo non significa che noi, come classe dirigente di questo partito, siamo immuni da responsabilità, anzi, credo, che dobbiamo interrogarci e discutere molto sul dato elettorale per interpretarlo e per migliorare le nostre posizioni puntando molto su azioni amministrative concrete ed efficaci per creare le condizioni di una ripresa nella nostra provincia dopo anni di crisi.

Comunque, mi sia consentito, di ringraziare pubblicamente tutti coloro che si sono mobilitati con iniziative politiche in questa campagna referendaria con passione e freschezza spesso fra mille difficoltà e critiche anche molto dure: sono energie positive e preziose, da valorizzare adeguatamente, come ad esempio la costituzione di un nuovo circolo nel comune di Rocca d’Arce.

Fra le tantissime analisi che si possono fare dopo un voto di questo tipo, quella che mi convince maggiormente è la tesi che tende a individuare la maggior prevalenza dei No in presenza di una maggiore sofferenza sociale e economica che penalizza chi governa il paese e in questo caso il voto favorevole al quesito referendario è stato avvertito, al di là del contenuto, su cui non torno dopo mesi di vere e proprie maratone d’incontri, in giro per la provincia, come un esame per il governo e in particolare per il Presidente del Consiglio Matteo Renzi sommandosi al fatto innegabile, che nell’attuale società, in maniera globale, dagli Stati Uniti alla Francia, all’Ungheria tanto per capirci, una risposta di tipo antisistema.

Anche populista se vogliamo, ha una sua penetrazione che ulteriormente associata a una spinta conservatrice e identitaria, refrattaria ai cambiamenti e spesso anche ideologizzata creano una variabile importante da tenere in considerazione per provare a spiegare il risultato.

La riflessione più politica su un isolamento esistente del PD, in questa fase referendaria all’interno del quadro delle forze politiche, credo che abbia una sua valenza, maggiore comunque in altre competizioni, su cui dobbiamo fare una riflessione interna ed esterna alla nostra realtà democratica ma la ritengo secondaria rispetto al contesto generale di cui parlavo prima. Un voto del genere, dopo una campagna elettorale lunghissima e molto cattiva che ha “stressato” profondamente il nostro paese ha mille sfaccettature e un ulteriore particolare tutto politico ci ha accompagnato in questi mesi: Matteo Renzi ha personalizzato troppo l’esito referendario e doveva sganciarlo dal lavoro del governo.

Vero, lui è stato il primo ad ammetterlo, traendone le conseguenze fino alle dimissioni, ma dobbiamo anche ricordare che questa legislatura nasce male ( ricordiamo le votazioni sul Presidente della Repubblica ) e già dal Governo Letta aveva l’obiettivo delle riforme che servono al paese, non al PD o a Matteo Renzi, e comunque una quota parte del risultato referendario, eventualmente ugualmente negativo, si sarebbe abbattuta, in ogni caso sul governo e sulla maggioranza che proponeva la riforma.

Trovo meritevole di approfondimento e attenzione il dato sul voto giovanile e sul voto delle cosiddette “ fasce disagiate “ che per lo più è andato verso il No o verso l’astensione e che dimostra sovente un allontanamento dal nostro movimento, probabilmente vedendoci come il partito del governo che ha fatto sicuramente tanti atti virtuosi, anche verso queste categorie, ma da un lato i risultati non si avvertono ancora e dall’altro è oggettivo ammettere che c’è bisogno di una maggiore incisività e concretezza nell’affrontare la questione giovanile e la questione del grande disagio sociale nella loro complessità.

Quindi bene il congresso nazionale per una discussione, ad ogni livello; una riflessione politica sul quadro valoriale che ci accumuna, sull’identità del partito, sulle alleanze, sulla complessità delle realtà locali, sui programmi, su come impariamo a stare insieme e sul lavoro del governo, in un momento storico molto difficile, per via della congiuntura, specialmente economica, negativa che, malgrado, i primi segnali positivi, stenta a terminare. Ora vedremo che tipo di legge elettorale e che sistema avremo ma pare abbastanza scontato che dobbiamo ricalibrare la nostra vocazione maggioritaria su un impianto diverso e forse proporzionale con tutti i limiti di governabilità che ben conosciamo per averli pagati sulla nostra attività in questi anni.

Immagino un congresso rigenerativo e unificante sulla linea politica in cui calibriamo bene la funzione anche delle realtà territoriali, regionali, provinciali e comunali in unico positivo progetto di crescita comune condividendo le scelte ad ogni livello. Noi tutti dobbiamo ammettere che con Renzi segretario nazionale gli organismi di partito sono sempre stati chiamati alla discussione e alle votazioni su tutte le scelte decisive ma ciò non è stato sufficiente ad evitare una continua discussione tutta interna al nostro partito, spesso solo tattica, che ha toccato punti di esagerata contrapposizione, che indubbiamente non hanno aiutato ne l’azione del governo ne le campagne elettorali e creano anche, un’anarchia emulativa sui territori dove si rischia di autorizzare tutti a fare di tutto.

Non mi appassiona la discussione interna fra chi ha votato si e chi ha votato no: ho grande rispetto per le posizioni politiche e bisogna lavorare per unire. Il lavoro dell’esecutivo è stato molto positivo, a mio giudizio: tante cose sono state fatte migliorative dei diritti dei cittadini e per far ripartire i consumi, aiutando le imprese e per contrastare il disagio sociale e nei prossimi mesi dobbiamo necessariamente mettere in campo iniziative politiche su questi anni di governo PD.

Voglio citare solo alcune delle cose fatte dal nostro governo per dare il senso concreto delle politiche messe in campo: l’eliminazione dell’Irap, il taglio dell’Ires, la detassazione sul lavoro, le 157 crisi aziendale risolte, il super e l’iperammortamento per le imprese che investono in tecnologie, gli 80 euro per svariati milioni d’italiani, l’abolizione di Imu e Tasi sulla prima casa, la cancellazione di Imu, Irap e Irpef agricola, le misure contro la corruzione, i fondi per la banda larga e per la digitalizzazione, la legge sui diritti civili, i fondi per la non autosufficienza, la legge sul dopo di noi.

E ancora: la riforma del terzo settore, la legge contro il caporalato, la legge sull’autismo, il bonus bebè, l’aumento delle pensioni minime, la legge sulle pari opportunità, la legge per il cinema, circa 90.000 assunzioni a tempo indeterminato nella scuola, i fondi per le periferie, i fondi per il dissesto idrogeologico, la legge sui reati ambientali, le bonifiche, lo sblocco delle opere incompiute, il fondo per il contrasto alla povertà, le battaglie in Europa per la flessibilità e potrei continuare ulteriormente.

In un’analisi del voto le variabili da considerare sono tante e a tal senso possiamo affermare che la rigidità dell’Europa su tante questioni economiche e di bilancio non ci ha aiutato, malgrado le grandi battaglie di Renzi per unità europea più solidale e più flessibile, così come la questione immigrazione, avvertita negativamente dai cittadini, con un’Europa, anche qui, troppo egoista, che fatica ad agire da vera comunità internazionale, è stata determinante nell’aggredire la paura di tanti.

Viviamo in una situazione difficile anche dal punto di vista morale e etico e purtroppo le tante inchieste aperte in questi anni su un enorme problema criminalità in Italia, spesso connesso con la politica stanno acuendo il già grande cortocircuito, fra i cittadini e gli esponenti politici, alimentando a dismisura un sentimento, quasi di odio verso chi si occupa di politica. Credo che ci sia bisogno di tenere sempre alta la guardia e di inserire come prioritario il tema dell’etica e della legalità nella nostra azione politica quotidiana e nella scelta della classe dirigente pensando a ulteriori strumenti di prevenzione e anche di repressione, come già ha fatto il Governo rispondendo con la limpidezza delle nostre azioni ai detrattori, spesso solo leoni della tastiera.

Bisogna riprendere il cammino partendo dal congresso nazionale che auspico foriero di idee e di certezze sulla linea politica e sulla nostra funzione e arrivando spero prima possibile alle elezioni politiche, magari con una legge chiara che tenga conto delle rappresentanze ma anche della governabilità e dei territori, con un programma ambizioso che sulla base delle cose buone già fatte affronti, principalmente, il tema del lavoro, dei giovani e del Sud per rendere l’Italia competitiva e forte in un’Europa diversa.

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