Dolori a Cinque Stelle per il sindaco di Ceccano, continua l’iter per annullare il voto

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Il ricorso con cui gli attivisti del Movimento Cinque Stelle hanno chiesto di annullare le elezioni comunali di Ceccano vinte dal sindaco Roberto Caligiore un anno fa può andare avanti. Lo hanno detto i giudici della Quinta Sezione del Consiglio di Stato. Hanno respinto tutte le richieste avanzate dal sindaco e confermato la decisione presa dal Tribunale Amministrativo Regionale il 23 ottobre 2015.

Il caso è nato il 16 luglio 2015. Quel giorno viene protocollato alla Cancelleria del Tar di Latina il ricorso con il numero di Registro Generale 452 – 2015. Lo presenta l’avvocato Chiara Masi per conto degli attivisti del Cinque Stelle: chiedono l’annullamento del risultato elettorale e la ripetizione del voto a causa delle irregolarità ipotizzate dalla Procura della Repubblica di Frosinone su 19 delle 28 liste schierate. L’indagine del sostituto procuratore Barbara Trotta era partita proprio su segnalazione del Movimento pentastellato e dell’avvocato Romano Misserville quale presentatore della lista Ceccano d’Argento a sostegno del figlio Filippo che era candidato a sindaco. L’inchiesta penale si è conclusa il 2 luglio (leggi qui i precedenti) ipotizzando che le firme a sostegno delle candidature a sindaco di Caligiore, Compagnoni, Querqui, Maliziola e Aversa siano state raccolte in maniera irregolare e chiedendo il processo per cinque consiglieri provinciali che le avevano autenticate.

Mentre il procedimento penale prosegue lungo i suoi binari si pone la questione amministrativa. In altre parole: la magistratura penale prosegue l’iter per verificare se siano stati commessi reati, ma per impugnare il risultato amministrativo dell’elezione bisogna impugnare l’elezione di fronte alla magistratura amministrativa. Cosa che appunto viene fatta quel 16 luglio.

Il Tar si pronuncia il 23 ottobre con una sentenza ‘non definitiva’. Quel giorno i giudici mantengono in pista il ricorso del Cinque Stelle, respingono tutte le eccezioni sollevate da Roberto Caligiore e dagli altri intervenuti nella causa. Cosa decidono e perché non è una sentenza definitiva: decidono di concedere 90 giorni per presentare una querela per ‘falso’.

Cosa significa? Le autenticazioni delle firme impugnate dal Movimento si chiamano ‘atti assistiti da fede privilegiata‘: cioè siccome vengono prodotti da un Pubblico Ufficiale vengono considerate vere fino a quando qualcuno non presenta querela dicendo che invece siano false. Si hanno 90 giorni per presentare querela: ma dal momento in cui sono state fatte le autenticazioni sono passati più di tre mesi ed i termini sono scaduti. L’avvocato Masi sostiene davanti ai giudici – in sostanza – ‘Noi abbiamo saputo adesso, con l’inchiesta della Digos, che ci sono state irregolarità, non potevamo immaginarlo prima, pertanto chiediamo che ci diate i 90 giorni a partire da ora e non dal momento in cui sono state autenticate le firme. E se non presentiamo la querela non possiamo andare avanti con la richiesta di annullare le elezioni’. E i giudici del Tar il 23 ottobre concedono quel termine.

Una sentenza ‘non definitiva’ contro la quale il sindaco Roberto Caligiore presenta ricorso al Consiglio di Stato (organo di appello per le sentenze del Tar)

I giudici, anche in questo caso, respingono le obiezioni del sindaco e confermano la decisione dei loro colleghi di primo grado.

Adesso cosa succede? Il Movimento può andare va avanti: depositata la querela si possono impugnare le autenticazioni delle firme e (se risulteranno raccolte in modo irregolare, cioè i firmatari non erano fisicamente presenti di fronte al Pubblico Ufficiale) chiedere l’annullamento del risultato elettorale.

Ed il procedimento penale, nel frattempo, che fine ha fatto? Il Giudice delle Udienze Preliminari ha iniziato a valutare se gli elementi raccolti dall’Accusa siano abbastanza solidi da poter affrontare il vaglio di un processo. L’ultima udienza – per ora – c’è stata il 24 giugno di fronte al giudice Antonello Bracaglia Morante. Il magistrato ha accolto la richiesta dell’avvocato Tania Di Menna che chiedeva di riconoscere i candidati Cinque Stelle legittimati a chiedere il risarcimento dei danni.

Nel corso di quell’udienza il consigliere provinciale Antonio Cinelli, capogruppo del Pd in Provincia, ha chiesto di ascoltare alcuni testimoni che sarebbero in grado di definire subito la sua posizione. La prossima udienza è stata fissata al 16 settembre prossimo.

Ma questa è un’altra storia.