Dop ciociare: poca roba, così non ha più senso

La Camera di Commercio di Frosinone e Latina non è più Autorità di controllo di tre prodotti di Denominazione di origine protetta: Fagiolo cannellino di Atina, Peperone di Pontecorvo e Pecorino di Picinisco. Ma, come spiega il presidente Acampora, «è una rinuncia doverosa, non un mero passo indietro»

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

I fagioli cannellini di Atina? In tutto 23 quintali. Il peperone cornetto di Pontecorvo? In un anno 66 quintali. Poca roba. Troppo poca per pensare di costruirci un’economia, piazzarla nella grande distribuzione, compiere un’operazione sui mercati nazionali ed esteri. Così non può funzionare. Soprattutto perché è il territorio a non crederci per primo. A mettere tutti di fronte alla nuda realtà è la Camera di Commercio: numeri alla mano e decisioni conseguenti.

La rinuncia doverosa

Giovanni Acampora, presidente della Camera di Commercio di Frosinone e Latina (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

«Una rinuncia doverosa, non un mero passo indietro»: il presidente Giovanni Acampora affronta di petto la situazione. Mette in chiaro come stanno le cose. Spiega agli imprenditori cosa c’è dietro alla novità che loro per primi hanno accolto con forte preoccupazione.

L’Ente camerale non è più Autorità pubblica di controllo di tre prodotti ciociari Dop: Fagiolo cannellino di Atina, Peperone di Pontecorvo e Pecorino di Picinisco. Una scelta fatta per risparmiare e puntare a valorizzare in maniera diversa un patrimonio alimentare non ancora sfruttato a sufficienza.  

La Camera di Commercio di Frosinone e Latina ha rinunciato all’incarico previsto dall’accordo triennale siglato il 20 aprile 2020 con l’allora Ministero delle politiche Agricole, Forestali e Alimentari. Ora non vuole sottoscriverne un altro con il nuovo Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste.

Niente risorse per la vigilanza

Fagioli cannellini (Foto © DepositPhotos.com)

La principale motivazione va ricercata nel riordino delle funzioni e del finanziamento delle Camere di commercio. È stato disposto con Decreto legislativo dalla fine del 2016. In base al quale «la vigilanza non è più un’attività finanziabile dal diritto annuale, ma rientra tra quelle da svolgere in regime di libera concorrenza, nel rispetto dei criteri di equilibrio economico-finanziario».

L’attività di controllo, dunque, non può essere più finanziata con il Diritto Annuale: il tributo pagato ogni anno alla Camera di commercio da ogni impresa iscritta. Sono le somme che contribuiscono al finanziamento della Cciaa assieme ai contributi statali, i proventi di gestione di attività (ci sono Camere di Commercio che gestiscono porti ed aeroporti) e prestazione di servizi.

Pertanto, come spiega Giovanni Acampora, per proseguire l’attività di controllo sarebbe stato necessario alzare i prezzi. E sarebbero stati più alti di quelli praticati da altre strutture specializzate ed esterne alla Camera di Commercio. Si tratta di «organismi specializzati, presenti sul territorio regionale e nazionale, dotati di una struttura qualificata. Capaci di offrire servizi e schemi di valorizzazione consolidati».

«Disinteresse nella filiera»

Peperone di Pontecorvo

Giovanni Acampora, chiarito il punto fondamentale, sposta l’attenzione sul «progressivo disinteresse degli operatori della filiera». In pratica? I riconoscimenti dei marchi a Denominazione di Origine Protetta e di Indicazione Geografica Tipica vennero inseguiti per anni, nella convinzione che potessero stimolare nuova economia sul territorio. Perché un prodotto caratteristico, tutelato dai marchi Dop e Igt, ha mercato, si vende, attribuisce una personalità unica in Italia ai piatti in cui vengono cucinati.

Ma stando ai numeri dell’ultima campagna, la produzione delle nostre Dop è veramente ridotta. Si parte con i 23 quintali di Fagioli cannellini di Atina: reniformi e bianchi, dalla buccia sottile, pronti a sciogliersi in bocca una volta cucinati.

Si sale, ma sempre a bassi livelli, fino ai 66 quintali di Peperoni di Pontecorvo: i cornetti rossi che si distinguono per sapidità e digeribilità, la morte loro sotto olio o aceto. Ma è tutto dire, infine, che non abbia certificazione di prodotto il Pecorino di Picinisco: formaggio ovicaprino stagionato prodotto nella rigogliosa Valle di Comino.

Acampora, a tal proposito, invita a riflettere su questi dati inferiori alle aspettative create dal riconoscimento del marchio di qualità comunitario: quelle Dop che, ai tempi della Sovranità Alimentare introdotta con il ministro Lollobrigida, sono chiamate a incidere sul territorio nazionale e farsi valere lungo tutto il globo terracqueo di meloniana visione.  

Via l’Autorità, ma resta la Tutela

Prodotti tipici

«Il riconoscimento del marchio – dichiara il presidente della Camera di commercio – non ha centrato negli anni l’obiettivo di creare l’auspicato valore aggiunto negli areali coinvolti, cedendo alla domanda di un prodotto comune e non certificato». Ci si aspettava, per logica, che la Denominazione d’origine protetta fosse la porta per il successo di tre prodotti tipici della provincia di Frosinone. Così non è stato.  

È contro l’ancora scarso appeal delle Dop ciociare, ora che non è più formalmente la loro Autorità di controllo, che sprona a muoversi la Camera di Commercio di Frosinone e Latina. Non prima di ribadire ancora una volta, all’attenzione di tutti gli attori coinvolti, che «la sicurezza dei prodotti alimentari e la tutela della loro identità, costruita sull’alleanza tra agricoltura e territorio, è da sempre il quadro di riferimento a cui si ispirano gli indirizzi generali camerali».   

Il presidente Acampora, anche se con modalità diverse dall’Autorità di controllo, garantisce che continuerà l’impegno della Camera di Commercio «per la tutela del legame tra patrimonio alimentare e territorio».

Rete e qualità, come per il mare

Giovanni Acampora con il Ministro del Mare Musumeci

Vogliono attuare le strategie della qualità totale: «Le parole d’ordine sono alleanza tra filiere produttive, potenziamento dell’attrattività commerciale attraverso la promozione del paniere che caratterizza l’offerta locale ed attuazione di politiche di valorizzazione di quelle produzioni che rappresentano un insostituibile strumento di racconto e fruibilità di luoghi e paesaggi del nostro territorio».

Del resto, c’è anche InforMare: l’Azienda speciale della Camera di Commercio di Frosinone e Latina per l’internazionalizzazione, la formazione e l’economia del mare. Il suo obiettivo dichiarato è «affiancare e promuovere le imprese e il territorio nella loro crescita all’interno del mercato globale». Ma si occupa anche di turismo, credito, innovazione e progettazione.

Unioncamere e la sua Assonautica, presieduta anch’essa da Acampora, hanno fatto rete nell’Economia Blu a tal punto che contribuiranno a scrivere il Piano triennale del mare preannunciato dal ministro Musumeci. Ora, dopo tanti mari d’Italia, è tempo di mettere insieme tante terre di Ciociaria. (Leggi qui Da Gaeta a Bruxelles: fatto il Ministero, urge Piano del Mare).

(Foto di copertina © DepositPhotos.com)