Dopo il parrucchiere ricordati cos’è la Prima Comunione

A Dio non servono né baciapile né sgranocchiarosari. Ma gente che rispetti le sue indicazioni per la vita. A prescindere da pelle, lingua, modo in cui si mangia. Perché sottovalutiamo la Prima Comunione...

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga       (At 10,34-35)

In questi settimane molte famiglie sono impegnate in uno dei momenti più belli per la vita dei bambini, quello della prima comunione: le emozioni si sommano al clima di festa, pur nella situazione faticosa che stiamo vivendo.

Foto: Arina Krasnikova / Pexels

Spesso, però, accade che elementi estranei sopraffacciano il  significato cristiano del sacramento eucaristico che esprime l’essere “incorporati” a Cristo, tanto da far parte del suo stesso corpo che mangiamo. Se ci pensiamo, c’è da far tremare i polsi, da accompagnare con attenzione questi bambini che vengono iniziati alla fede. Invece, a volte, la nostra attenzione è travolta dalla preoccupazioni per il fotografo, il vestito, i fiori, i parenti, il ristorante, il regalo, il posto a tavola, la partecipazione, la messa in piega… fino a far dimenticare completamente il significato essenziale della comunione, essere parte stessa di Dio, tramite il suo figlio Gesù.

E lo trasmettiamo anche ai bambini che facilmente si distraggono.  E così, nella nostra mente, si genera un corto circuito: ci convinciamo che essere cristiani significa fare  battezzare i figli, far frequentare loro il catechismo, come un’ora di scuola in più a settimana, e quindi la prima comunione e la cresima per poi rivedersi poi, dopo 15, 20 anni per il matrimonio, forse.

Questo non è cristianesimo, è tradizione, che troppo spesso può soffocare la fede.

Non servono baciapile

Le parole del libro degli Atti degli Apostoli riportano una frase di Pietro che si accorge che Dio non accoglie baciapile e sgranocchia rosari, a meno che non ci sia anche il timore di Dio, cioè il rispetto delle sue indicazioni per la vita, e la pratica della giustizia.

Non è il colore della pelle, la nazionalità, il seguire una pratica religiosa piuttosto che un’altra, il sentire la messa in latino invece che in italiano a distinguere le persone davanti a Dio: egli accoglie chi lo teme, è questo è il principio della sapienza, e chi pratica la giustizia, indipendentemente dalla sua pelle, dalla lingua che parla, dal modo in cui mangia, da come porta i capelli o da come si veste…

Foto: Roberto Bosi / Pixabay 

Com’è possibile dirsi cristiani e poi sfruttare i dipendenti, imbrogliare negli affari, non pagare le tasse, cercare raccomandazioni, sopraffare i più deboli in tribunale, truffare, non accogliere che è in difficoltà, violentare, rubare…  E Pietro, con quelle parole, dimostra di aver capito, finalmente: Dio non si lascia convincere dai riti, Dio vuole i nostri cuori, le nostre coscienze come diremmo con le parole di oggi.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).