Tanti delitti e troppi in castigo: il dossier sui penitenziari nel Lazio

Il dossier sulla situazione nei penitenziari del Lazio. Quarti in Italia per affollamento. I casi di Latina e Cassino. L'efficacia delle Rems. I controlli. E le denunce.

Carceri sovraffollate, strutture decadenti popolate per la maggior parte da detenuti stranieri con una condanna definitiva ma per reati meno gravi rispetto a quanto avviene nel resto d’Italia.

Sono solo alcune delle criticità che affliggono il sistema carcerario laziale. Le ha elencate oggi Stefano Anastasia, Garante regionale delle persone private della libertà. Lo ha fatto illustrando la sua relazione annuale nella sala Mechelli del Consiglio della Regione Lazio.

Presenti il presidente del Consiglio regionale del Lazio Mauro Buschini, l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, il procuratore generale di Roma Giovanni Salvi.

Quarti per detenuti

Il Lazio è la quarta regione italiana per numero di detenuti: la precedono Lombardia, Campania e Sicilia. Sono 6.534 gli adulti detenuti nel Lazio (dato aggiornato al 31 dicembre 2018). Ma la capienza massima è di 5.256 posti.

La percentuale di affollamento del sistema penitenziario regionale era (a fine 2018) del 124%. In Italia è del 118%.

Tra il 31 dicembre 2017 e il 31 dicembre 2018, il tasso di affollamento delle strutture penitenziaria per adulti nel Lazio è aumentato di 6 punti percentuali. Il numero dei detenuti è aumentato di 297 unità dagli originari 6.237 detenuti.

La tendenza è alla crescita anche nel corso di quest’anno. Infatti, nei primi tre mesi del 2019, il numero dei detenuti presenti nelle carceri del Lazio è cresciuto oltre la soglia di 6.500 presenti.

Strutture inadeguate

Questa situazione rende sempre più critiche le condizioni di detenzione. Il Garante parla di inadeguatezza delle strutture, del personale e delle risorse finanziarie a disposizione dell’intero sistema.

La situazione era migliorata negli anni successivi alla sentenza Torregiani della Corte europea dei diritti umani.

Punte particolarmente significative a Latina: ha un indice di affollamento pari al 173%. Nel penitenziario di Cassino c’è più di una persona su due di troppo: l’indice di affollamento è pari al 162%. Superiore addirittura a Regina Coeli a Roma, con il 154%. E anche a Civitavecchia Nuovo Complesso dove l’indice di affollamento è del 148%.

Tanti stranieri

Altro elemento che caratterizza la situazione di alcuni istituti di pena regionali è la presenza di detenuti stranieri sul totale della popolazione carceraria.

Nel totale degli Istituti della Regione, al 31 dicembre 2018, la percentuale era del 40,2%. Invece la media nazionale è del 34%. Ma in alcuni istituti come Viterbo, Roma Regina Coeli, Civitavecchia e Rieti, è anche superiore al 50%.

Pochi in attesa

Fino a qualche anno fa il dramma era che ad affollare i penitenziari fossero i detenuti in attesa di giudizio: spesso innocenti. Ora la situazione è cambiata. Oggi la popolazione carceraria presente nel Lazio è per il 62% dei casi composta da detenuti definitivi. Una proporzione sostanzialmente allineata rispetto al dato nazionale.

Dei 4.076 detenuti con pena definitiva, più della metà (53,3%) ha subito una condanna inferiore ai 5 anni. Si tratta di una percentuale piu’ alta rispetto a quanto si verifica nell’intera penisola, dove, nel complesso, la percentuale di condannati definitivamente a meno di 5 anni è del 45,8%.

Effetto Rems

La riforma che ha portato alla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, ha previsto il ricovero in strutture di cura per le persone giudicate non imputabili perché incapaci di intendere e di volere al momento del fatto.

Non si tratta di strutture penitenziarie. Il primo esperimento in Italia è stata la Rems di Pontecorvo, seguita da quella di Ceccano. Nei mesi scorsi ha ricevuto l’ispezione di una commissione inviata dalla Ue per verificare la qualità delle cure praticate, il livello di assistenza, la quantità di farmaci somministrati, la percentuale di persone dimesse dopo essere guarite. La Asl di Frosinone ha superato a pieni voti il test.

Nel territorio della Regione Lazio attualmente sono attive cinque Rems, approntate in via provvisoria a Ceccano, Palombara Sabina e Subiaco per pazienti di sesso maschile; a Pontecorvo per ospiti di sesso femminile.

Al 31 dicembre 2018 risultavano ospitate nelle Rems laziali 84 persone su 91 posti disponibili. La maggior parte (38) è costituita da persone prosciolte per infermità psichica o intossicazione da alcol o sostanze stupefacenti e sottoposte in via definitiva a misura di sicurezza provvisoria, in attesa di giudizio, 25 uomini e 8 donne.

I rimpatri

Nel 2018 sono state 661 le donne che hanno fatto il loro ingresso nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Ponte Galeria.

Il 25% della popolazione trattenuta risulta essere di nazionalità cinese, il 23% nigeriane. Significativa è anche la presenza di cittadine dell’Est Europa e dell’ex blocco sovietico che compongono il 22% della popolazione totale.

Quanto alla distribuzione per fasce d’età il 38% delle trattenute aveva meno di 31 anni, il 28% tra 31 e 40 anni e il 34% aveva 41 anni e oltre.

Rispetto allo scorso anno va segnalato l’aumento delle donne trattenute meno giovani, con eta’ superiore ai 31 anni, che era il 47% nel 2017 e nel 2018 ha raggiunto il 62%.

Cala il numero dei giorni di detenzione, circa due terzi delle ospiti e’ stata trattenuta per meno di 30 giorni.

Sono 151 le donne che hanno avuto un periodo di permanenza compreso tra uno e tre mesi e le restanti 54 vi sono rimaste per un periodo superiore ai 90 giorni, con una drastica riduzione rispetto al 2017.

I controlli

Nel corso del 2018 il Garante ha effettuato 20 visite in luoghi di privazione della libertà personale della Regione, di cui 18 in istituti penitenziari, 1 in Rems e 1 in Cpr. Visite finalizzate alla verifica della condizione in cui versa la popolazione privata della libertà.

A sollecitare la visita del Garante talvolta sono state le lettere scritte dai detenuti, le segnalazioni fatte da familiari, avvocati. Ma anche da operatori o volontari di associazioni che operano all’interno degli istituti. Nel corso del 2018 il Garante è stato contattato e si è attivato nell’interesse si 846 persone private della libertà.

Di queste lettera, ben 631 sono state prese in carico dall’Ufficio, con una o più azioni conseguenti alla prima valutazione del caso e delle sue circostanze.

Il 23% ha come oggetto richieste e pratiche relative all’istruzione e Università, il 17% ha come oggetto le condizioni di detenzione e problematiche interne all’istituto, il 13% richieste di trasferimento o di avvicinamento al proprio centro di relazione familiare e sociale, l’11% ha come oggetto l’assistenza sanitaria prestata in carcere o l’accesso all’offerta sanitaria territoriale, circa il 9% dei casi riguarda l’informazione rispetto al proprio status legale.

Altre problematiche diffuse sono quelle relative all’accesso ai servizi anagrafici e sociali e, più in generale, alle alternative alla detenzione.

I maltrattamenti

Per quanto sporadiche, non mancano denunce di abusi e maltrattamenti, rispetto alle quali il Garante si è attivato presso l’Amministrazione penitenziaria.

Nei casi ritenuti più gravi, le ha segnalate alla Procura della Repubblica competente per territorio.

Nel mese di maggio dello scorso anno il Garante ha presentato un esposto alla Procura di Viterbo riguardo a delle denunce di maltrattamenti che gli sono state fatte da parte dei detenuti.

«Purtroppo – ha rivelato il Garante – nei mesi immediatamente successivi a Viterbo il clima è rimasto difficile. Detto questo non mi permetto di attribuire giudizi di responsabilità e nel mio ruolo c’e’ la raccolta delle informazioni e anche delle denunce, poi spetta alle Procure e alla magistratura accertare i fatti e eventuali responsabilità».

I limiti dell’affollamento

 Nella sua relazione il Garante ha evidenziato che il sovraffollamento degli istituti di pena «mette in discussione l’efficacia dell’azione sia dell’amministrazione penitenziaria sia regionale che attraverso le Asl garantisce il diritto alla salute e l’assistenza sanitaria in carcere».

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