Due giugno, la mia scelta repubblicana (di L. Grassucci)

ELABORAZIONE: © ICHNUSAPAPERS

Il due giugno non è una data qualsiasi. È una scelta di vita, un modo di essere. La sintesi di un Popolo e della sua Storia.

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Marlon Brando recitava Antonio e attaccava Bruto: “perché Bruto è uomo d’onore” con le parole di William Shakespeare. Antonio non mi convinse, non mi convinse sulla scelta di Cesare, perché io stavo con Bruto che difendeva il Senato, la libertà, la Repubblica.

Capii che non  volevo essere servo, suddito, ma libero nelle virtù repubblicane. Poi mio nonno, Lidano, mi spiego, semplice, senza girarci intorno: “gl’omo non se leva i cappeglio dinnanzi a nuciuno, né a Papa, né a Re”.

Tanti anni dopo un atleta americano durante la sfilata delle olimpiadi di Londra 2012, davanti alla Regina d’Inghilterra non abbassò il vessillo americano. Lo ripresero e lui rispose: “questa bandiera non si inchina dinnanzi a nessun Re di questa terra”.

Prima, Giuseppe Mazzini, poi la repubblica romana. Poi il ricordo della lezione all’università di Gabriele De Rosa su Porta San Paolo: il re era fuggito, nessun ordine c’era. I granatieri di Sardegna ragazzi di 20 anni, insieme a qualche altro reparto e a civili romani, “resistettero” ai tedeschi per dire che Roma era città di liberi. Non potevano vincere, ma dovevano testimoniare la libertà: morirono in 500.

Come a Cefalonia. Storie che ricordano i ragazzi di Mentana, della Repubblica romana. Quelli delle montagne, della Garibaldi, ma anche i nostri della Matteotti, gli azionisti, i cattolici.

Sono repubblicano perché nessun uomo è nato meglio, è nato re, ma tutti per amore eguale di uomo e donna. Sono repubblicano perché socialista e con “le budella dell’ultimo prete vorrei impiccar l’ultimo re”. Così repubblicano che non mi piace manco il re di denari e peggio quello di bastoni. E come c’era scritto nella costituzione della repubblica romana “è sovrano il popolo” e questo esclude re o prete.

Sono repubblicano per rivolta, che non mi piacciono così tanto gli ordini che non ne do.

Poi il destino mi fece crescere in via Felice Cavallotti a Sezze (i fascisti la cancellarono per via della sua forza di libertà cambiandola in via Marconi) quel Cavallotti che diceva in parlamento:  «Abbiamo una sola parola d’ordine: onestà; una religione: giustizia ed eguaglianza, libertà e progresso; un’arma: il coraggio delle nostre opinioni».

Per questo io sono in festa  con la stessa speranza di Francesco Guicciardini“Tre  cose desidero vedere innanzi alla mia morte, ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna: uno vivere di republica bene ordinato nella città nostra, Italia liberata da tutti e’ barbari e liberato el  mondo dalla tirannide di questi scelerati  preti.”