Egidio ed il gusto di vivere alla grande (di F. Dumano)

Foto: copyright archivio Piero Albery

Egidio Pesce ed il suo modo di vivere nell'eco della dolce vita. La macchina che faceva tendenza, la corsa a Roma solo per prendere un caffè da Rosati, l'amore olandese... Ed il bisogno di tornare sempre ad Arpino

Fausta Dumano

Scrittrice e insegnante detta "Insognata"

Ricordi in bianco e nero… In quella piazza di Arpino si incontrava tanta gente… Io ero affascinata dagli incontri, perché ogni incontro mi ha sempre arricchito, mi ha aperto orizzonti.

 

Egidio Pesce nel mio immaginario di ragazzina era l’incarnazione del piacere: la dimostrazione visiva che si potesse vivere la vita divertendosi.

Lo sentivo raccontare di serate romane, lo immaginavo come un erede della dolce vita. Autostoppista, me la “tiravo” quando lui mi accompagnava fino a Sora, perché lui gentile ti accompagnava fino ”a domicilio”. Aveva poi sempre una macchina ”figa”di quelle che facevano tendenza.

Non era un tipo di quelli che ti facevano perdere la testa, però aveva un suo particolare carisma  che più di qualcuna della generazione precedente alla mia, la testa dietro l’ha persa.

 

Era, al tempo, socialisteggiante, ma il suo non era un impegno politico: era un radical chic. Ricordi in bianco e nero… Era amico del mio papà; cosa li unisse, all’inizio mi sfuggiva, solo crescendo ho capito che li univa quell’eco di una  dolce vita. Il partire di sera per andare a prendere il caffè da Rosati a Roma, per esempio.

Quel mio essere ”radical chic” lo devo un po’ alla sua frequentazione. Se il bel Gigi (leggi qui Il bel Gigi ed il suono del vento a Civitavecchia d’Arpino) mi ha insegnato il bere con eleganza, l’Egidio mi ha fatto scoprire le ostriche e lo champagne. Ricordi in bianco e nero… sapessi come me la tiravo con le amiche nel narrare ”le serate con l’Egidio”.

Oggi scatti una foto con l’ostrica e la metti sui social… ieri dovevi  aspettare che il fotografo stampasse il rullino. Quelle che ti servivano erano venute sfocate, scure, mosse, il flash, gli occhi rossi…

 

Ricordi in bianco e nero, crescendo l’Egidio mi fece scoprire che una coppia potesse vivere insieme, senza sposarsi. Avevo amici che vivevano insieme, fidanzati, ma stavano sotto lo stesso tetto con la scusa, ad esempio, dell’università… La sua invece era una scelta. Avanguardie: a quei tempi chi conviveva?

La sua compagna era bellissima, era straniera: olandese. Le olandesi in quel periodo avevano scoperto il fascino degli arpinati: ho visto nascere diverse storie ”arpinolandesi”.

Femke, si chiamava, ma non so perché noi italianizzammo il nome in Femka. Bionda, alta, slanciata: un mio amico nel vederla la prima volta disse ”gli angeli hanno un sesso quello femminile ‘quando scendono sulla terra prendono le sembianze di  Femka…”

 

Poi nella vita di Egidio arrivò la voglia di essere papà e ops sorpresa andiamo al matrimonio di  Egidio.

Poi succede che anche per i grandi  amori  arriva la parola ”eutanasia”: Femke non l’ho più vista. Egidio dalla Capitale tornò a vivere ad Arpino. Io correvo altrove e per molto non ci siamo visti.

L’ ho rincontrato dopo tanto tempo, sempre generoso come nel suo stile: un cuba libre, ma il radical chic aveva ceduto il posto ad un uomo più silenzioso.

 

I ricordi se sono belli nel ricordarli ti fanno impazzire, perché non li hai più; se sono butti, nel ricordare diventi triste.

Non l’ho più visto. Nell’archivio di Piero Albery ci sono diverse foto, di ogni suo periodo, perché anche quando era “romano” correva ad Arpino. Non poteva fare a meno di tornare: quando ci vivi sempre ad Arpino non te ne accorgi… quando sei lontano senti un magone  che ti spinge a rientrare.

Anche lui, come tutti quelli della mia generazione e di quella precedente, sono stati stregati da quell’aria.

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