E D’Alessandro spiega ad Abbruzzese la riforma del Catasto

Nei giorni scorsi si erano punzecchiati. È stato il pretesto per farci spiegare dall'ex sindaco Carlo Maria D'Alessandro (direttore del Catasto), in modo comprensibile a tutti, come funzionerà la riforma. Cosa cambierà per la nostra casa. Semplice e chiaro

Nei giorni scorsi c’è stato lo scambio di battute al veleno tra il leader di Cambiamo Mario Abbruzzese ed il suo ex sindaco di Cassino Carlo Maria D’Alessandro. Si erano punzecchiati sulla riforma del catasto. Affrontando la questione da due punti di vista differenti. Quello politico, per Abbruzzese: “No all’aumento delle tasse sulla casa”; quello tecnico per D’Alessandro (che è direttore del Catasto a Latina): “Informati, la riforma non toccherà gli importi di quanto pagano i cittadini”.

Per approfondire e capirne di più, l’ex sindaco Carlo Maria D’Alessandro nella sua veste di Direttore spiega cosa avverrà e cosa cambierà.

di Carlo Maria D’Alessandro

Direttore dell’Agenzia del Territorio di Latina

Cosa c’è dietro la polemica politica sulla riforma del Catasto? È davvero così pericolosa perché si metterà mano nelle tasche dei cittadini? Oppure servirà a riequilibrare il valore degli immobili?

Ormai sono anni che se ne parla. Addirittura il primo governo a farne menzione fu il Prodi I. Ma perché se ne parla ma da allora nulla è stato fatto? Cosa c’è realmente sotto? Cerchiamo di fare chiarezza una volta per tutte, indipendentemente da quelle che sono le posizioni politiche.

Mario Draghi all’assemblea di Confindustria

In questi giorni il leader della Lega Matteo Salvini ha utilizzato la riforma del catasto come pretesto. Gli è servita per cercare di ribaltare una situazione elettoralmente difficile. Ma a loro volta gli esponenti del Partito Democratico l’hanno utilizzata per cercare di dare una spallata alla Lega e buttarla fuori dal Governo.

Il premier Mario Draghi, grazie alla sua competenza sulle materie economiche e fiscali, ha rassicurato tutti dicendo che la riforma si farà ma, ai fini della imposizione fiscale, non se ne parlerà prima del 2026. Cosa vuol dire? Sarà il prossimo Parlamento ed il prossimo Governo a doversene occupare. Chapeau!

LA STORIA

Storicamente il catasto è lo strumento dello Stato per dire quanto possano valere sia i terreni che i fabbricati su tutto il territorio nazionale. Ha terminato la sua fase di formazione nel lontano 31 dicembre 1962 e dal primo dicembre 1963 è in conservazione

Parole grosse ma che sostanzialmente stanno a significare che fino al ’62 gli uffici assegnavano il valore di case, fabbricati e terreni; dal ’63 in poi sono i contribuenti che propongono le rendite catastali e gli uffici le verificano.

È tutto ciò è andato avanti fino ai primi Anni ’80 quando ci si è resi conto che il quadro tariffario era superato e doveva cambiare.

Sono state così create le nuove tabelle di tariffa per tutti i fabbricati: le abitazioni civili (categoria A/2), le abitazioni economiche (categoria A/3), le abitazioni popolari, ultrapopolari e rurali (categorie A/4, A/5 e A/6), negozi (categoria C/1), depositi (categoria C/2) gli uffici pubblici (categorie B) e soprattutto gli immobili a destinazione speciale come le industrie, gli alberghi, le cliniche, gli impianti sportivi, tutti a scopo di lucro, censiti nella categoria D.

I VALORI DI 43 ANNI FA

Foto © Can Stock Photo / Jan Pietruszka

Per questi ultimi la situazione è diversa perché la valutazione viene fatta sulla base di una stima diretta. Ma… c’è un ma. Per tutte le categorie, le tariffe vengono determinate utilizzando parametri economici che risalgono al biennio 1988-1989 (43 anni orsono!).

Un particolare che negli anni ha portato ad una evidente sperequazione fiscale, altro termine tecnico che evidenzia la forte disparità tra cittadini; ed infatti esistono classamenti, ovvero rendite catastali assegnate ad immobili negli anni 60-70-80, riferite soprattutto al centro storico delle grandi e medie città, i cui valori reali di mercato negli ultimi anni sono schizzati alle stelle. Ma siccome non è stato aggiornato il metodo di calcolo, la conseguenza è che hanno valore catastale inferiore alle omologhe categorie catastali delle case di periferia. Infatti, queste ultime sono state costruite negli anni 80 e 90 ed hanno subito una valutazione “al nuovo” in contrasto con il reale valore di mercato.

Eh si, perché l’Italia è l’unico Paese in cui le rendite catastali non sono associate al valore attuale di mercato dell’immobile, cosa che invece accade in tutti i Paesi di Europa già da anni.

UNA STIMA PIU’ REALE

Le chiavi di casa

Come rendere più giusto quel calcolo? C’è un protagonista. È l’allora Agenzia del Territorio, ora Agenzia delle Entrate ma una volta si chiamava Ufficio Tecnico Erariale ed era l’organo tecnico dello Stato diventato ora un’appendice dell’Agenzia delle Entrate (per una maldestra manovra messa in pratica dal governo Monti che non ha dato i frutti sperati.

Agenzia del Territorio è pronta da anni con i propri calcoli, con i propri algoritmi e soprattutto con uno strumento che la politica in questi anni ha trascurato, ovvero l’osservatorio del mercato immobiliare.

Sostanzialmente i tecnici del Catasto per oltre vent’anni hanno monitorato il mercato immobiliare italiano. Non l’hanno fatto da soli, ma insieme agli ordini professionali dei Geometri, degli Architetti, degli Ingegneri, dei Periti, con l’ausilio anche delle organizzazioni di categoria, degli agenti immobiliari e dei sindacati della piccola proprietà.

Hanno così ottenuto dei valori di mercato che si sono consolidati nel tempo e che vengono aggiornati anno per anno.

Questo comporta che il catasto sia in grado di dire quale sia il valore di ognuno degli immobili del Catasto Fabbricati ubicati su tutto il territorio nazionale. Ed è questo il valore che, fino al 2026, si dovrà affiancare nella visura catastale all’attuale rendita.

LA POLEMICA POLITICA

Allora perché la polemica politica? Semplice. Perché la politica non fa distinzione tra la riforma del catasto e l’imposizione fiscale, ritenendo che siano tutte e due la stessa cosa. Ma in realtà non è così.

Perché la riforma del catasto serve per dire qual è il valore degli immobili mentre l’imposizione fiscale è determinata dai Governi. Sono loro a fissare le aliquote, demandando peraltro ai Comuni alcune decisioni (vedasi le aliquote IMU che possono variare tra il 4,6 ed il 10,6 per mille). Ma anche alle Regioni.

Quindi è la politica che determina il gettito fiscale.

Qual è allora la soluzione che andrebbe adottata? Alla luce di quanto abbiamo detto è abbastanza semplice: la riforma del catasto va fatta, e va fatta presto perché non è giusto che chi ha un’abitazione con un valore immobiliare inferiore paghi di più rispetto a chi ha una abitazione con un valore superiore. Ma il gettito fiscale dovrà rimanere invariato.

Per cui le aliquote nuove che nel 2026 il nuovo Governo dovrà attribuire ai nuovi estimi catastali dovranno garantire lo stesso gettito fiscale. Cioè, i soldi che devono entrare nelle casse dello Stato devono rimanere gli stessi. Cosa cambierà allora? Grazie alle nuove rendite, sarà possibile che chi ha una casa di tre stanze in periferia e pagava troppo ora pagherà meno; e chi ha una casa di tre stanze nel centro di Roma (tanto per fare un paragone) ora pagherà di più anche se ha 3 stanze come la casa di periferia

IL COMPITO DELLA POLITICA

Una volta riformato il Catasto, a quel punto interverrà la politica. Il Governo. Il Parlamento. Il governo che nel 2026 sarà chiamato a decidere avrà due soluzioni: mantenere inalterato il gettito fiscale che deriva dalla tassazione sugli immobili (oltre 40 miliardi di euro l’anno) e quindi equilibrare le aliquote sugli immobili per ottenere la giusta perequazione fiscale (l’esempio che abbiamo appena fatto). Oppure, furbescamente, ideare un sistema di aliquote che possa aumentare la tassazione garantendo comunque l’equità fiscale.

Ma queste due soluzioni non dipendono dalla riforma del Catasto, è una decisione solo ed esclusivamente politica, riferita alle aliquote che saranno rideterminate con i nuovi estimi catastali.

Allora vuol dire che per aumentare le tasse sulla casa dipenderà dal governo, non dalla riforma del catasto. Quest’ultima può essere il pretesto, la base di calcolo, ma non è la tassa. Quello compete alla politica.

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