E se Damiano Coletta si fosse stancato di fare il sindaco?

Dall'elezione bis di ottobre ad oggi Damiano Coletta è stato costretto ad assistere ad un dibattito politico ai confini dell'assurdo politico. E se...

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Ricontiamo le schede  elettorali di Latina, come se l’Italia contro la Macedonia del Nord chiedesse di rigiocare perché gli avversari hanno segnato al ’92esimo. Rifacciamo i vicepresidenti del Consiglio comunale che è come chiedere dopo aver eletto il Papa di cambiare i cardinali. (Leggi qui: L’anomalia di quel presidente di opposizione con i vice di maggioranza ).

Anatra zoppa l’hanno chiamata, ma a Latina sarebbe meglio ricordare a tutti che le papere non camminano ma preferiscono volare.

Ed ecco il punto. La politica non si legge mai con la psichiatria, la politica si legge con Machiavelli non con Freud. Però in questi giorni è facile leggere spiegazioni sulla guerra in Ucraina giustificandola con lo stato depressivo o meno di Putin. E se è possibile spararle così grosse su una guerra così assurda allora è possibile osare dove osano le papere: nella psicologia dei volatili. Se, dico se, a Damiano Coletta non andasse più di fare il sindaco? Se si fosse rotto di giganteschi giri a vuoto su parlare in italiano in Consiglio comunale, su fare un servizio di traghetti tra Rio Martino e Ponza, stante che a Rio Martino si insabbia pure una gondola.

Se, dico se il sindaco si fosse rotto di stabilire se all’ex Banca d’Italia ci deve andare una sala lettura o un piano bar

La politica che parla a se stessa

Perché da ottobre, dopo avere archiviato le elezioni con l’elezione bis di Damiano Coletta a sindaco, a Latina la politica parla di se stessa, di equilibri estetici. Come una signora che si cura dei propri gioielli con azioni maniacali ma evita accuratamente di fare l’amore.

Ma cosa può fregare dentro una pandemia, dentro una guerra, se il vicepresidente del Consiglio comunale è della Lega o è legato? Se il consiglio è in presenza o in differita. (Leggi qui Non c’è pace per le Commissioni: la ‘modalità mista’ è un fallimento).

Paolo Villaggio nei panni di Fantozzi

Il rischio è che in una delle prossime sedute Damiano Coletta si alzi in piedi e solennemente inizi il suo discorso con un solenne “Ma iate tutti…” Una liberazione per lui. Una recensione sulla politica locale modello quella di Fantozzi sulla Corazzata Potëmkin.

Del resto il potere non cura il male di vivere: Carlo V aveva un impero dove non tramontava mai il sole ma soffriva le pene dell’inferno per la sua gotta. 

Per fare una cosa ti devi anche divertire, se devi sentire sentire sempre la stessa lagna, trita e ritrita… finisce che ti annoi. E allora, il rischio è che in quel famoso discorso, il sindaco concluda dicendo “chi vo Cristo ca si i prega, e mo ricontate pure tutte le schede che volete”.