Il dubbio di Ecomondo per i sindaci ciociari: stiamo mandando via un’occasione?

I dubbi di Ecomondo: la fiera internazionale della Green e Circular Economy. Le mini strutture di paese, troppo piccole per farci business, sufficienti per abbattere la bolletta dei rifiuti.

Si chiama Ecomondo ed è la principiale fiera dedicata alla Green economy ed alla Circular economy (l’economia legata al riciclo dei materiali) nell’area euro mediterranea.

Rappresenta un interessante osservatorio sullo sviluppo delle tecnologie legate all’ambiente. E sui passi che siamo stati capaci di compiere per evitare di avvelenarci.

 

Si scopre così che l’Italia è leader in Europa nel riciclo industriale: ha riciclato 47 milioni di tonnellate di rifiuti, risparmiando così energia per 17 milioni di tonnellate di petrolio.

E si scopre anche uno studio della Commissione Europea, secondo il quale è sufficiente una migliore progettazione dei prodotti e del riutilizzo dei rifiuti, per riuscire a generare nei prossimi anni: la riduzione 30% del consumo di materie prime, il dimezzamento delle emissioni di gas serra, la crescita del 5% del Pil, la creazione di oltre 1 milione di posti di lavoro.

 

A Ecomondo hanno anche insinuato, indirettamente, un dubbio: che in provincia di Frosinone stiamo perdendo una grande occasione. E sprecando un pozzo di soldi.

Il caso è quello dei rifiuti organici: gli avanzi delle nostre cucine. Siamo costretti da alcuni mesi a portarli fuori provincia perché lo stabilimento Saf non è più in grado di lavorarli rispettando le nuove norme. I macchinari vanno cambiati, il ciclo va riprogettato.

Stiamo spendendo un pozzo di soldi che verseremo nelle prossime bollette con la tassa sui rifiuti. Invece, sostiene Ecomondo, abbiamo la possibilità di tenerci quei rifiuti e lavorarceli in casa: con piccoli impianti di paese, capaci di lavorare gli avanzi prodotti da poche migliaia di famiglie.

Nulla di eccezionale: funziona come un apparato digerente, i gas della fermentazione vengono lavorati e trasformati in metano.

 

Dov’è la novità? Nelle dimensioni. Prima un impianto di questo tipo, per essere conveniente doveva lavorare tonnellate di rifiuti ogni giorno. Il che presupponeva strutture di grosse dimensioni.

Oggi c’è la possibilità di realizzarne di molto piccoli. A condizione di non volerci fare business. Ma di utilizzarli per l’economia del paese o di un gruppetto di paesi che si uniscono.

Cosa significa? Che prima era necessario creare uno stabilimento e lavorare gli avanzi di un’intera provincia, pompando poi il gas nella rete energetica nazionale, facendoci i soldi. Oggi basta un impianto nel quale lavorano 5 o 6 persone per trattare gli avanzi di cucina di 4 o 5 paesi di medie dimensioni, utilizzando quel metano per le scuole di quei Comuni, per gli edifici pubblici, per un paio di fabbriche al massimo. Che però devono essere disposte a comprare l’energia pulita prodotta dal Comune.

 

La sfida è proprio quella. La dimensione small: per impedire che possa arrivare la grossa speculazione, con un impianto troppo grande che per funzionare deve prendere i rifiuti da fuori.

I fondi regionali erano stati messi in bilancio. Si pensava a compostiere di paese: Ecomondo dice che troppo piccolo non conviene. Small si ma non ci si fa business. Esattamente quello che dovrebbe essere la mission dei Comuni.

 

 

 

 

 

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