Il futuro dei nostri rifiuti e le soluzioni di Ecomondo

I numeri annunciati da Ecomondo: gli stati generali della Green Economy. Sono una sfida sul futuro industriale della provincia di Frosinone.

di Marco Fratoddi

Docente di Semiotica della notizia ambientale Università di Cassino, direttore del periodico “Sapereambiente” 

Il futuro chiama. La Ciociaria saprà rispondere? L’ottava edizione degli Stati generali della Green economy, organizzati durante la fiera Ecomondo che si è appena conclusa a Rimini, contiene un messaggio utile a riflettere sul bivio di fronte al quale si trovano anche le provincie del Lazio meridionale: accelerare sulla via dell’economia a basse emissioni di carbonio, quella che si basa sul recupero di materia, l’efficientamento energetico e le produzioni di qualità.

Ecomondo 2019, l’ingresso della fiera © IEG – Italian Exhibition Group

Oppure traccheggiare intorno al vecchio modello che da queste parti ha già provocato parecchie ferite, perdendo progressivamente di competitività e producendo gas-serra in barba all’emergenza, sempre più evidente, del riscaldamento globale. Magari anche a scapito della salute visto che le emissioni climalteranti e quelle nocive, non solo in atmosfera, vanno spesso a braccetto. Basti pensare, in tutt’altro territorio, alla vertenza dell’ex-Ilva che proprio nei giorni di Ecomondo emergeva in tutta la sua drammaticità: un sito industriale di straordinaria importanza nel quale si è tardato ad innovare separando, in maniera ormai assai difficilmente rimediabile, attività produttive e protezione delle matrici ambientali.

Ma che cosa significa tutto questo per il Frusinate e la Terra di Lavoro, zone di notevole pregio eppure segnate da ferite profonde che ancora oggi, in maniera più o meno legale, si continuano a perpetrare?

Torniamo ad inquinare

Il tema non è nuovo a questo giornale. L’ultima volta l’ha trattato pochi giorni fa AlessioPorcu.it relativamente al rapporto Green Italy della Fondazione Symbola e Unioncamere, dove si evidenzia come la nuova occupazione, se verrà, sarà legata in buona parte (per il 20%) all’economia circolare. (leggi qui Migliaia di posti in fabbrica che la provincia rischia di non agganciare).

Ecomondo 2019, il convegno con Edo Ronchi © IEG – Italian Exhibition Group

Ci torniamo alla luce dei dati diffusi a Rimini, appunto, dalla “Fondazione per lo sviluppo sostenibile” presieduta da Edo Ronchi, già ministro dell’Ambiente fra il ’96 e il Duemila. Qui ad emergere è innanzitutto l’arretramento dell’Italia nel percorso virtuoso che sembrava avviato all’inizio del decennio: le emissioni di CO2, tanto per cominciare, dal 2014 hanno ricominciato a crescere (siamo intorno alle 426 MtCO2eq) soprattutto a causa del settore dei trasporti. Non a caso l’Italia rappresenta oggi il Paese europeo con il più elevato tasso di motorizzazione (644 automobili ogni 1.000 abitanti) e fra i meno dotati di mezzi elettrici (ne sono stati venduti all’incirca 10.000 contro i 68.000 della Germania).

Nel 2018, per cogliere un altro aspetto, il consumo lordo di energia è cresciuto più del Pil (il 2% contro lo 0,9%), a conferma della perdita d’efficienza complessiva del sistema che comporta, per di più, l’innalzamento della bolletta.

Un terzo dato, fra i molti forniti durante la relazione, non proprio incoraggiante, di Ronchi: il tasso di circolarità (cioè la quota delle risorse materiali domestiche provenienti dal recupero) in Italia è peggiorato, siamo scesi al terzo posto dopo Francia e Regno Unito, anche se restiamo prima della Germania.

Cambio di rotta

Ecomondo 2019 © IEG – Italian Exhibition Group

Come invertire la rotta? Attraverso un “Green new deal”, propone la “Fondazione per lo sviluppo sostenibile”, che vada oltre la singola Legge di bilancio. E si articoli attraverso un programma decennale in otto punti che faccia dell’economia low carbon la forza trainante per il rilancio dell’Italia.

In che modo? Investendo nel trasporto pubblico anche attraverso la creazione di 15.000 chilometri di nuove corsie preferenziali, rilanciando la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio e puntando al 65% per le rinnovabili elettriche entro il 2030. Varando infine una riforma fiscale che sposti il prelievo dal mondo del lavoro ai gas-serra al fine di abbattere il cuneo fiscale. Con il risultato di creare 800.000 nuovi posti di lavoro attraverso 200 miliardi di nuovi investimenti che permetterebbero di abbattere 260 milioni di tonnellate di CO2.

Il ruolo della Ciociaria

Una sfida avvincente, insomma, che potrebbe trovare nella Ciociaria un laboratorio privilegiato in grado di scuoterla da quel torpore politico ed economico che giustamente, sempre da queste pagine, denunciava poche ore fa AlessioPorcu.it. (leggi qui Ciociaria 2019, l’anno della deriva).

Lo stand Acea ad Ecomondo 2019

Qui, infatti, si concentrano alcune realtà all’avanguardia su scala internazionale nell’economia a ciclo chiuso, come si è visto durante il “Forum sull’economia circolare” organizzato qualche settimana fa dall’Università di Cassino e del Lazio Meridionale insieme ad imprese come Itelyum, Novamont, Reno De Medici, Saxa Gres e il consorzio La mia energia (ma molte altre ce ne sarebbero) che perseguono da tempo, con importanti risultati, questi obiettivi.

Serve compattezza, certo, fra pubbliche amministrazioni, industriali, forze sociali e agenzie formative perché si stringa un patto per la bioeconomia di cui le comunità locali siano protagoniste attraverso una raccolta differenziata d’eccellenza, un programma avanzato di educazione ambientale e la garanzia di trasparenza gestionale.

Ma il futuro chiama, appunto. E forse gli argomenti per rispondere ce l’abbiamo sotto gli occhi.