Economia e gestione del calcio: la lectio del Professor Stirpe

Non solo calcio. Tanta Economia. E pure Industria. Una lezione su come dovranno essere i club. E perché questo ha avuto riflessi sui disastri ai Mondiali e nelle Coppe. Cosa ha detto Maurizio Stirpe nella conferenza stampa sul Frosinone

Fabio Cortina

Alto, biondo, robusto, sOgni particolari: molti

Se il mondo è cambiato nelle sue strutture che sembravano immutabili, volete che il calcio non fosse cambiato? O meglio, non è cambiato il calcio, è il modello di riferimento di gestione di una società calcistica che deve per forza cambiare, per non morire. Una delle persone che, prima di tutti gli altri, aveva compreso che il Covid avrebbe sconquassato tutto è stato Maurizio Stirpe.

Fermo, in retto tono, come suo solito, nell’ultima conferenza stampa ha lanciato i suoi messaggi e lo ha fatto non risparmiando nessuno, in una lectio magistralis per la quale di solito si paga per assistere. (Leggi qui Stirpe riparte da Grosso: “Obiettivi centrati, il brand piace all’estero”).

IL CAMBIO DEL PARADIGMA PER STIRPE

Maurizio Stirpe

Pensare che l’unico obiettivo debba essere andare in Serie A è sbagliato, ha detto Stirpe. Ma come?! Una società che ha fatto due volte il salto in meno di dieci anni, con uno stadio nuovo, un centro sportivo d’eccellenza, fa questo ragionamento? Sì.

Lo fa perché il paradigma è diverso. Per il patron pensare al solo risultato sportivo porta ad uno svilimento del lavoro dell’intera struttura societaria, perché oggi è importante il modo in cui quei risultati vengono raggiunti.

È finito il tempo di chi si svenava e svenava le società per raggiungere risultati lasciando dietro il deserto, che poi si traduce in debiti. E’ stata questa la parabola di gran parte dei presidenti italiani partiti dalla provincia con tanto entusiasmo e tanta buona volontà, ma zero capacità di programmazione.

Il Carpi fece lo stesso percorso del Frosinone, tanto per citare una società, oggi vediamo dove si trova il Carpi. O meglio non lo vediamo più. Si potrebbero fare decine di esempi, ma alla fine quello più calzante è proprio quello del Frosinone. Un esempio al contrario. Una società di calcio piccola, che si ubriaca al ballo delle grandi, dimostra anche di avere il portamento per poterci restare, ma poi fa delle scelte. La scelta del piano triennale, con salvezza al primo step, è stata quella decisa da Stirpe: obiettivo raggiunto.

CAMMINARE CON LE PROPRIE GAMBE

Lo stadio di proprietà del Frosinone

L’orizzonte finale è invece un altro, ben più ambizioso. Immaginare una società di calcio che si autofinanzi e le cui sorti siano indipendenti da quelle dei suoi proprietari, è cosa che accade solo a certe latitudini e ad un certo numero di zeri sul conto in banca. Diciamo dai nove in su.

Immaginare che ciò potesse accadere al Frosinone Calcio, solo qualche anno fa, era pura utopia. Eppure ad oggi il Frosinone è quasi in grado di camminare da solo, senza tenere la mano del suo premuroso Patron. Nell’obiettivo di autosufficienza finanziaria se dovesse dare una quota, Stirpe indica il 75%, che non è proprio uno “zero virgola”, anzi. Essere al 75% significa che si è a tre quarti del lavoro, significa che l’obiettivo è quasi raggiunto.

Sì, ma cosa manca? Mancano obiettivi collaterali da raggiungere e lo si può fare solo attraverso l’abilità manageriale. Maurizio Stirpe ha parlato di “trading”, che non è quella roba che propongono online a chi non sa fare 2+2, ma la capacità di acquistare e vendere giocatori ad un prezzo maggiorato, o valorizzare, facendosi pagare, atleti di proprietà altrui. Ma non solo. C’è la politica, quella calcistica, quella legata alla mutualità della Lega, ovvero soldi che la massima autorità calcistica distribuisce agli associati e poi l’abbattimento dei costi e la valorizzazione delle strutture di proprietà della società.

STRIPE, THIS IS ITALY

Se il calcio italiano è dove si trova, è colpa solo del calcio italiano. Maurizio Stirpe dice la sua sul disastro di due Mondiali di seguito mancati, di fasi finali di coppe europee – quelle che contano – senza le italiane da diversi anni. Semplice, anche troppo la disamina: “Siamo rimasti fermi”.

E si rimane fermi in tanti modi, soprattutto continuando a muoversi, a far cagnara, a chiedersi perché le cose non cambiano, inseguendo sempre e solo il risultato e mandando i bilanci in rosso, tanto alla fine c’è sempre qualcuno che ripiana. Ad un certo punto però quel qualcuno non è più disposto a far follie e le società falliscono.

Il problema reale sta nel come vengono calibrati gli investimenti: i settori giovanili sono diventati una desolazione, non c’è ricambio e così non si va da nessuna parte. Si sta creando una spaccatura, una frattura enorme tra chi può e chi non può, nel mezzo c’è chi ha programmato. Il Frosinone ora ha la serenità giusta per guardare al futuro, sono state ripianate quelle che Stirpe ha definito “leggerezze” e c’è la possibilità di essere ottimisti, ma guai a pensare che ora c’è bisogno di vincere e basta.

L’ULTIMO PASSO

Maurizio Stirpe

Il 75% non è il 100%. Manca poco, ma manca molto. Manca che il bimbo riesca davvero a camminare da solo e per fare questo non si può star dietro ad una visione umorale del calcio. Di chiacchiere se ne sentono tante, troppe, ma il calcio cambia se diventa sostenibile, così come ogni altra attività nell’era del 4.0.

Se Stirpe avrà ragione lo sapremo tra un paio d’anni, quando quel piano sarà compiuto. Lui non ha ansie, incute ottimismo e tranquillità, anche perché come ha detto “I risultati nel calcio ed anche nella vita penso di averli raggiunti”.

E questo è storia. Tutto il resto è una lectio magistralis ed anche di un certo livello.