Bianconi candidato in Umbria: il sottile lavoro di cucitura degli alchimisti M5S e Pd

Cosa c'è dietro alla candidatura del presidente di Federalberghi a Governatore dell'Umbria. Il processo di dialogo M5S-Pd. Le alchimie di Franceschini. E di Spadafora. Lo scivolone di Di Maio. La freddezza di Salvini

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

Il messaggio appare sulla sua bacheca alle 17:45. Il video è girato sul terrazzo di una casa in campagna, alle spalle c’è una collina verde e cercando i dettagli si scorgono gli scorci d’una casa di contadini. Maglioncino a V grigio scuro, camicia bianca senza cravatta: il presidente di Federalberghi Umbria Vincenzo Bianconi annuncia così la sua candidatura alla presidenza della Regione. Rinnovando così il patto di necessità, nato controvoglia da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico.

Vincenzo Bianconi presidente Federalberghi Umbria candidato alla Regione

Semplice e diretto, al cuore dei suoi elettori: «Sono Vincenzo Bianconi, imprenditore umbro di Norcia. Come tanti, sono innamorato della mia terra. Ogni giorno con la schiena dritta, con determinazione e passione, cerco di migliorare le cose che mi circondano. Non mi sono mai tirato indietro dinnanzi alle sfide che la vita mi ha posto. Ed è per questo che ho deciso di accogliere l’invito a candidarmi a Presidente della Regione Umbria, invito che tante forze civiche, associative e politiche mi hanno rivolto».

Gli schemi in soffitta

Un po’ Berlusconi con “questo è il Paese che amo e per questo scendo in campo“. Un po’ Zingaretti con la sua “determinazione e passione per cambiare“. Paraculaggine comunicativa senza cerone ed una sfida tutta in salita per convincere gli elettori. E salvare il Paese dal Sovranismo. Perché se fallisce, Bianconi si tira appresso un pezzo di stabilità del Governo Conte 2, una parte della tregua interna al Pd, quasi tutto il terreno sul quale il 5 Stelle sta facendo passare il dialogo con l’ex Partito di Bibbiano.

La candidatura di Vincenzo Bianconi in Umbria manda definitivamente in soffitta una serie di schemi politici. Conferma che la distinzione tra destra e sinistra appartiene ad un’era geologica fa. E che ora lo spartiacque è tra Sovranisti e Riformisti, tra chi vorrebbe staccarsi dall’Europa e chi invece dall’Ue vuole prendere le opportunità.

La scelta

Dario Franceschini e Nicola Zingaretti

Scelta di astuzia quella fatta da Pd e M5S. Per una serie di Motivi. Il primo: Vincenzo Bianconi non è un uomo di apparato, non fa parte né dei quadri Pd né di quelli M5S, non è un parlamentare, tutta la sua vita si è sviluppata lontano dai Partiti. La Lega non potrà accusarlo d’essere un poltronista, non avrà la possibilità di attaccare gridando che vogliono impossessarsi anche delle poltrone regionali.

È una scelta fortemente territoriale, legata alle categorie produttive, che rimette al centro il ruolo delle imprese e di chi produce. Un ruolo che era stato messo ai margini con la disintermediazione varata dal Conte 1: la fine del dialogo tra impresa e politica ha lasciato in eredità una serie di vertenze industriali sull’orlo della catastrofe, la crisi Fca dovuta anche alla scellerata norma sugli Ecobonus che sta ingrassando i conti delle case automobilistiche straniere.

Il nome di Bianconi era nella ristrettissima rosa di nomi condivisi messa a punto dai due Partiti. Tutti con le stesse caratteristiche: uomini o donne del fare, lontani dal sistema della politica.

Ma Di Maio c’è o ci fa?

Luigi Di Maio: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Pochi minuti dopo l’annuncio della candidatura è Nicola Zingaretti a dare per primo la benedizione politica. Su Twitter scrive “Una bella e forte candidatura“.

A stretto giro di posta arriva il placet di Luigi Di Maio: che o c’è o ci fa. Riesce ad essere fuori luogo come uno starnuto durante la consacrazione nel mezzo della Messa.”Bianconi è la persona giusta per ricucire quel rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini che, dopo lo scandalo sulla Sanità, ormai sembrava perso“. Che non si capisce se vuole essere una gomitata sotto la cinta del centrosinistra. O più semplicemente Luigino non si ricorda che quel candidato lo ha scelto insieme a chi governava l’Umbria fino a pochi mesi fa ed è stato ‘invitato‘ da Nicola Zingaretti a dimettersi perché ora nel Pd funziona così se c’è il minimo sospetto.

Poi forse si rende conto dello scivolone ed assicura: «Noi lo sosterremo con lealtà in campagna elettorale, poi in Giunta e in Consiglio regionale». Ma non deve essere stata una giornata semplice per il Ministro degli Esteri: nelle stesse ore ha sconfessato il governo del quale fa parte, facendo fuoco e fiamme contro l’ipotesi di aumentare le tasse su voli aerei, bibite e merendine. Poi qualcuno gli spiega che non sono proposte del Pd ma suggerimenti avanzati da due ministri del 5 Stelle.

Dario e l’asse

Andrea Fora, presidente di Confcooperative sul quale fino ad oggi aveva puntato il Pd

Il terzo messaggio di congratulazioni arriva dal ministro Dario Franceschini cioè dal primo ad avere detto che c’era un’alternativa alle elezioni evocate con la crisi del Papeete. Il primo ad indicare la strada alternativa dell’asse tra Pd e M5S. Ora dice «Un altro passo verso la creazione di un campo riformista in grado di battere la destra e cambiare l’Italia“. 

Nel nome di quell’asse ora il Pd dovrà trovare una soluzione per il presidente di Confcooperative Andrea Fora. È il candidato sul quale i Dem avevano puntato prima che ci fossero il Papeete, la crisi d’agosto, il ribaltone e la necessità di trovare un nome condiviso con l’inatteso alleato. Nicola Zingaretti è già all’opera: in Aula rischierebbe di essere ingombrante e non agevolare l’amalgama tra Pd e 5S. In giunta potrebbe invece essere l’indispensabile contrappeso politico.

La difficile alchimia

Il fatto è che, per quanto complesso, gli alchimisti Dario Franceschini e Vincenzo Spadafora stanno riuscendo nella loro missione di dimostrare che è possibile fidarsi in maniera reciproca. E che addirittura il modello potrebbe essere esportato nelle altre Regioni d’Italia.

Gli elementi ci sono. tanto che la vice ministra Pd all’Istruzione Anna Ascani, umbra e quindi ben a conoscenza delle dinamiche locali, soprattutto renziana rimasta nei Dem, dice che si può continuare su questa strada purché “non sia una sommatoria a freddo Pd-M5S”.

Vincenzo Spadafora M5S

Bianconi è il nome di sintesi adatto. Si è candidato accogliendo l’invito rivoltogli da Luigi Di Maio dalla prima pagina del quotidiano ‘La Nazione’. Ora il programma e la corsa verso una campagna elettorale che comincia in ritardo. «È ora di ricostruire il futuro, perché la nostra è una Regione straordinaria e civile, che ha bisogno di fortissimi cambiamenti“: anche qui un po’ di Berlusconi ed un po’ di Zingaretti.

Salvini: Sono disperati

Laconico il commento di Matteo Salvini. «È il sesto nome che bruciano in una settimana, sono veramente disperati» commenta parlando con la stampa, a margine del suo intervento alla festa del Carroccio a Chiuduno, in provincia di Bergamo.

«Però a me quello che fanno gli altri non interessa – continua Salvini – Noi pensiamo solo alla nostra squadra e alla nostra idea dell’Italia, loro hanno già perso. Se conosco Bianconi? No e non ne penso niente. In Umbria si cambia a prescindere da chi candidano gli altri. Non siamo minimamente preoccupati da quello che fanno Pd e Cinque stelle».

Niente di Berlusconi, né di Zingaretti: tutto Salvini.

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