Energia, Fazzone chiede ed i Servizi rispondono: l’Italia è sotto attacco

Il Comitato per la Sicurezza della Repubblica (di cui fa parte il senatore Fazzone) chiede ai Servizi cosa c'è dietro la speculazione sul gas. in una relazione, l’allarme dei Servizi Segreti che dipingono l’Italia come un bersaglio a causa della sua dipendenza assoluta a livello energetico.

Fabio Cortina

Alto, biondo, robusto, sOgni particolari: molti

Da una parte l’abbraccio della Russia, dall’altra quello della Cina, al centro la salvezza che porta sulla strada dell’indipendenza: non all’indipendenza assoluta, ma alla possibilità di raggiungerla. La questione energetica in Italia sta diventando sempre più un misto tra Risiko e Tetris, in cui bisogna districarsi tra mappe, potere e tasselli da far finire nello spazio giusto. Ad accendere l’ennesimo riflettore sulla questione è stato il COPASIR, ovvero il Comitato Parlamentare per la Sicurezza Nazionale, quell’organo che vigila sui servizi segreti. Sì, perché sono stati proprio gli 007 italiani a dire che la questione energetica è diventata un fatto rilevante anche per la sicurezza nazionale.

La relazione finale dell’onorevole Dieni è stata approvata e sottoscritta anche dal senatore Claudio Fazzone, eletto in uno dei territori – il basso Lazio – in cui il problema energetico è ai massimi livelli. Nel testo si evidenzia come l’Italia, dipendente a livello energetico da mezzo mondo, può diventare facilmente preda di minacce esterne. 

STRETTI NELLA MORSA

Foto: TheDigitalArtist / Pixabay

Ma torniamo all’inizio, perché Russia e Cina? Perché da una parte dipendiamo dai rubinetti di Putin per quel che riguarda il gas, ma dall’altra, nella sfrenata corsa alla transizione ecologica, stiamo diventando lentamente schiavi delle produzioni cinesi, utili alla realizzazione degli impianti fotovoltaici o eolici. Componenti ed elementi che vengono estratti in larga parte in Africa, dove la Cina ha piazzato bandierine ovunque ci sia una miniera.

La strada tracciata, o il consiglio caldeggiato, dai servizi segreti è quello di dotarsi quanto prima di un piano di sicurezza energetica nazionale. Che poi però non è altro che una strategia per l’indipendenza energetica. La cosa che fa riflettere è che tra comitati, ministeri e commissioni, debbano essere gli uomini della sicurezza a ricordare che un Paese ha bisogno di un’agenda energetica. Ma forse, in questo modo, il messaggio diventa più incisivo.

I punti sono semplici: tutela degli approvvigionamenti e protezione delle infrastrutture; sviluppo delle rinnovabili, ma cercando di individuare materie prime utili allo sfruttamento; diversificare le fonti di approvvigionamento del gas, perché ad oggi il 42% del totale è russo e noi per quanto vogliamo essere amici di tutti, siamo soprattutto amici degli Stati Uniti.

L’ORA DELLE SCELTE

Foto Paolo Cerroni © Imagoeconomica

Ma come è fatta quella strada stretta verso l’indipendenza? Innanzitutto di scelte. Puntare sulle proprie risorse a partire dal gas naturale che, dicono dal Copasir, “grazie alla flessibilità degli stoccaggi può garantire continuità alla produzione di energia elettrica”.

Di gas ne abbiamo, anzi a dicembre l’Italia ha avviato anche le esportazioni, quindi noi dipendiamo sì dalla Russia e dai giacimenti mediterranei, ma non siamo di certo a corto di gas. E la cosa bella è che non si devono fare nuove trivellazioni, ma basta riaprire i giacimenti che già ci sono, per raddoppiare immediatamente la produzione a circa nove miliardi di metri cubi in un anno.

A ciò si aggiunge l’esistenza di infrastrutture e la grande capacità di realizzare turbine in grado di trasformare il gas in energia elettrica. Ed il nucleare? Qui il Copasir fa il democristiano, ammettendo che le risorse scientifiche ed industriali ci sono, ma la scelta è solo politica.

LA MOSSA… REGINA

Aurelio Regina (Foto Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Intanto però è quello industriale il grido d’allarme più feroce e preoccupante sulla questione energetica. Il responsabile energia di Confindustria, Aurelio Regina intervistato da formiche.net , ha fatto un calcolo molto semplice: nel 2022 l’energia per le imprese italiane avrà il costo di una manovra economica, ma di quelle corpose, circa 37 miliardi di euro.

Il Governo ha messo una pezza, ma non reggerà per molto, quindi gli industriali provano a dare la loro indicazione.

Come al solito, la prima cosa da fare, sarebbe guardare altrove: USA, Francia e Germania hanno fatto la loro parte, con interventi e politiche di tutela delle industrie, l’Italia non può permettersi di restare indietro ed attivare una forma di approvvigionamento di gas naturale per soddisfare la richiesta dei prossimi mesi”. Queste le parole di Regina che sottolinea come la stabilizzazione della questione energetica sia l’unica strada per contrastare le delocalizzazioni

QUESTIONE DI STRUTTURA

Foto Skittephoto

Ma il problema italiano è anche strutturale: noi siamo importatori di energia e la nostra economia si basa sulla trasformazione di materie prime importate. E’ quindi evidente che questa situazione doveva quantomeno essere prevista.

A ciò si aggiungono le concause che Aurelio Regina ha  così definito: “Aumento dei consumi dopo la fase acuta della pandemia, meno gas sulla rotta ucraina, carenza di gas naturale e questioni speculative”. Eppure le industrie si sono orientate verso nuove politiche legate alla riduzione delle emissioni, proprio grazie al gas naturale, è per questo che non si può più attendere.

Utilizzare le risorse non pienamente sfruttate in Italia – ha sottolineato Regina – non rappresenta solo un’opportunità per rilanciare l’indotto, ma anche la strada maestra per abbassare la bolletta ed essere più Green, perché pensate che ad esempio col nostro gas abbatteremmo tutta la quota di emissioni legata al trasporto”. E poi secondo le stime di Confindustria, le nostre risorse, senza contare i giacimenti nel Mediterraneo che si scoprono ogni giorno, ci permetterebbero di coprire il consumo complessivo italiano. “Ora – conclude Regina – c’è bisogno di interventi straordinari e noi faremo la nostra parte presentando la nostra proposta di riforma del mercato elettrico”.

SASSUOLO PIANGE E CUNEO PURE

Foto Ceramica Flaminia / Imagoeconomica

Dall’inizio dell’anno le industrie energivore di Roccasecca, Anagni e soprattutto Sassuolo, interi distretti industriali hanno preferito fermarsi piuttosto che produrre in perdita. A questi si aggiunge il Piemonte, con le industrie siderurgiche del cuneese. A causa degli aumenti energetici temono per la sopravvivenza dell’intera filiera.

La storia è sempre la stessa. Industrie in salute, fatturati cresciuti del 30% in un anno ed export a gonfie vele. Ma c’è la bolletta del gas a mangiarsi tutti i guadagni. “Questo è il tema” dice Ettore Bandieri, amministratore delegato di ABET Laminati a tragatocn.it. “Non è stata colta la drammaticità del problema, produrre oggi genera perdite che sono maggiori di quelle che si avrebbero fermando tutto e pagando la cassa integrazione. Noi non lo faremo, ma alcuni sì e non vediamo segnali positivi per il futuro”.

Da Cuneo fanno un conto molto facile da capire nella sua drammaticità: un’azienda ha margini operativi lordi del 12-15%, che si traducono in utili netti del 5%, il tutto vanificato da sovrapprezzi dell’energia ben oltre il 5. “Eppure – conclude Bandieri – non sento una mobilitazione forte, qui salta la filiera industriale e alla fine nel listino prezzi dovremo includere la variabile legata all’energia. Una cosa mai capitata”.

E di cose mai capitate ormai ne stanno per capitare troppe.