La sfida di Smeriglio per portare in Europa il modello Lazio

Foto: © Imagoeconomica, BENVEGNU' GUAITOLI

Poteva starsene in Regione a fare il vice presidente, godendosi il successo del suo modello politico. Ed il trionfo di Piazza Grande con cui Zingaretti è diventato Segretario. Massimiliano Smeriglio invece affronta una nuova sfida: portare in Europa il modello Lazio

Su una parete del suo ufficio ci sono le foto di Muhammad Alì e delle Black Panther: impegno e passione civile. Ma anche coraggio. Quello di salire sul ring della politica con il rischio di prenderle e finire al tappeto. Soprattutto quando l’avversario è più grande, soprattutto quando sei solo. Come è avvenuto quando è stato il momento di rompere gli schemi e Massimiliano Smeriglio, avanguardia degli eretici tradizionalisti di sinistra, ha iniziato a dialogare con l’odiato Pd: non quello di Matteo Renzi (che all’epoca stava al 40%) ma quello di Nicola Zingaretti, contraltare inclusivo ad un Partito che allontanava chiunque non fosse allineato ai pensieri del giglio fiorentino.

Il coraggio è pure salire sul ring quando hai vinto e sei campione, potresti accontentarti. Vice presidente della Regione, un Pd derenzizzato, inclusivo al punto da portare Zingaretti fino alla Segreteria nazionale, grazie anche alla Piazza Grande disegnata da Massimiliano Smeriglio. Niente feste per il vincitore. Solo il tempo di asciugarsi il sudore e tornare sul ring. Per un altro match: le elezioni Europee. Con cui spezzare un nuovo assedio: quello dei sovranisti e delle destre.

Massimiliano Smeriglio è così. Prendere o lasciare. Ha lasciato i titoli di vice governatore del Lazio, di organizzatore della Piazza Grande… e ora è candidato per un seggio a Bruxelles e Strasburgo.

Ha l’appoggio del Cannibale Francesco De Angelis: l’altra sera ha riunito i colonnelli, con i quali ha portato buona parte del 91% del consenso per Zingaretti al Congresso. Ed ha detto “Niente conte, si vota Smeriglio“. (leggi qui De Angelis, guerra (per le Europee) e pace (per le Comunali) ). Significa che Smeriglio ha anche la benedizione di Nicola Zingaretti che è segretario e non può fare aperture ufficiali su nessuno in particolare.

Il Partito Democratico, nella versione “new left”, è ancora agli albori della sua storia. Chi ha intenzione di mettere da parte il renzismo, e magari i renziani, dovrà lavorare ancora e confidare che queste elezioni vadano in un certo modo. Battute d’arresto non saranno giudicate accettabili. L’ombra del vecchio corso è più di una mucca che bussa in corridoio, per usare un’espressione cara all’ex ministro Pier Luigi Bersani (leggi qui sul Corriere le metafore di Bersani).

Bisogna che i risultati diano una mano. Altrimenti sarà tutta la narrativa zingarettiana a rischiare un contraccolpo. Se l’uomo forte del Segretario dovesse arrivare primo in lista, questo costituirebbe l’ennesimo segnale che l’esito delle recenti primarie non è stato né fortuito né imprevisto. Sarebbe il segno evidente di una sterzata che viene percepita come sensata dalla base elettorale, ma pure dalla classe dirigente.

È per questo che a Frosinone, oltre al Cannibale sono scesi in campo il presidente del Consiglio regionale Mauro Buschini, il Segretario Regionale dei Giovani Democratici Luca Fantini. Le partite aperte sono tante. E poi, in vista, ci sono le possibili elezioni politiche. Nessuno osa dirlo, ma è da quelle parti che si guarda. Specie se le urne elettorali racconteranno una divisione insanabile, dal punto di vista politico, tra le due formazioni facenti parte del governo gialloverde. 

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Smeriglio, lei è il candidato di punta del presidente Nicola Zingaretti. Ritiene che il nuovo Segretario abbia dato la giusta impronta al Partito Democratico?

Credo che la natura del Partito Democratico a guida Nicola Zingaretti abbia voltato pagina e questa è una buona notizia per gli italiani.

Tutti siamo chiamati a dare un contributo al campo del centrosinistra per riconnetterlo al paese reale e rappresentare l’alternativa al governo Lega-5stelle. Questo è il momento di spiegare che il campo democratico può essere l’alternativa ai razzisti che si nutrono di capri espiatori, un’alternativa di cultura politica e anche la capacità di costruire un’alternativa di governo.

La mia candidatura in Europa è un pezzo di questo percorso, perché proviamo ad esportare un modello, quello che in Regione Lazio ha vinto e governato a mio giudizio con efficacia.

 Il centrosinistra italiano, di questi tempi, sembra avere qualche difficoltà ad attecchire sul ceto medio. Non a caso, chi studia i fenomeni populisti, mette in evidenza come i voti provengano dalle periferie e dalle fasce economiche meno abbienti. La sinistra dice di volere recuperare quei voti, ma come? Ha ragione Federico Rampini quando sottolinea questi aspetti?

Noi dobbiamo costruire un progetto politico credibile e trasparente. Solo così si danno risposte vere a chi sta peggio. Non ci sono scorciatoie: occorre tornare nei luoghi dove le persone soffrono, restare con i piedi per terra ma allo stesso tempo immaginare prospettiva.

Penso per esempio alle misure contro la povertà su cui questo governo ha costruito parte del suo consenso. Io sono estremamente d’accordo sul fatto che serva un reddito garantito, a patto che questo rappresenti una opportunità per uscire dallo stato di precarietà e ricattabilità. Quello proposto dal governo, oltre a deludere profondamente le aspettative, si palesa invece per una misura paternalistica e assistenzialista, che decide per te come spendere le risorse che ti fornisce. 

Nel Lazio noi abbiamo avanzato qualcosa di diverso: misure di empowermant, opportunità per migliorare la propria condizione con la formazione e l’accrescimento delle competenze. Un modello appunto, che sottende una cultura politica molto diversa da chi governa oggi. 

Lei è un indipendente, un po’ come Bernie Sanders negli Stati Uniti. Paragone fuori luogo?

Mi lusinga direi. A parte gli scherzi, sono troppo giovane per somigliare a Bernie Sanders e troppo vecchio per somigliare ad Alexandria Ocasio-Cortez; entrambe sono due personalità a cui guardo con interesse.

Penso che avere paura delle differenze e del corpo a corpo delle idee sia un errore. Occorre piuttosto far vivere un campo dove si discute, si fanno valere i rapporti di forza e si predilige la coesione. Lo spirito di coalizione è questo. 

Cosa porterebbe in dote nel Parlamento di Strasburgo e Bruxelles nel caso venisse eletto?

Un forte radicamento territoriale, una esperienza di governo come quella del Lazio che reputo una eccellenza, sia in termini di politiche attuate che di coesione e prospettiva, la consapevolezza della potenza delle comunità locali e della coscienza di luogo.

Il ruolo delle città nei prossimi anni sarà decisivo per ridisegnare politiche e resistenze ed intendo portare questo bagaglio ad un livello più alto.

 Parliamo di Regione Lazio. La Ciociaria, per esempio, si è distinta per il numero di richieste volte all’ottenimento del reddito di cittadinanza. C’è un problema povertà cui la Regione non riesce a far fronte? 

Certo che c’è. Quando dico che il Lazio è un modello non penso che abbiamo risolto tutti i problemi. A tal proposito: la povertà però non si cancella per legge come ha voluto far credere Di Maio. 

Lei proviene da Sel – ha contribuito a fondare quel Partito – ma quella esperienza è terminata, dividendosi in più rivoli. Anche lei, alla fine, ha scelto il Partito Democratico. Il Pd, almeno in Europa, sembra guardare con favore a Emmanuel Macron, quindi all’Alde e al fronte liberale. Siete sicuri che sia il sentiero migliore per recuperare consensi a sinistra?

Ho accettato la proposta di candidatura dal nuovo Pd di Zingaretti, ho sottoscritto il programma dei socialisti e democratici fondato su un nuovo patto sociale. Come tutti i candidati sarò fedele a questo gruppo. L’Alde è un altro cosa. E Zingaretti dice da Macron a Tsipras. E io voglio bene ad Alexis, che ha salvato la Grecia senza rinunciare all’Europa

Le lasciamo, come nelle più classiche delle tribune politiche, lapossibilità di spiegare 

Intanto penso sia importante portare in Parlamento Europeo alcune battaglie fondamentali che soltanto da quella dimensione possono assumere caratteristiche di efficacia e sostenibilità: l’introduzione di uno strumento universale di indennità di disoccupazione, una soglia di salario minino europeo, la parità di remunerazione fra uomo e donna, il contrasto al dumping salariale, la difesa dei prodotti a km zero e la promozione di un piano straordinario di investimento per le nostre periferie e piccoli comuni.

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Francesco Boezi