Fanelli: «E’ stato un errore togliere la Politica dalla Sanità»

«E’ stato un errore togliere la politica dalla Sanità, bisogna avere il coraggio di ammettere che buona parte delle disfunzioni e dei ritardi che vediamo oggi negli ospedali sono colpa essenzialmente della mancanza di politici impegnati nella loro gestione»: Paolo Fanelli è uno dei più eminenti ortopedici della provincia di Frosinone, già primario a Pontecorvo, Ceccano e Anagni, fu lui all’inizio degli anni Ottanta ad introdurre nel Pasquale Del Prete la tecnica dell’artroscopia sul ginocchio in un periodo nel quale solo cinque strutture in tutta l’Italia erano in grado di farla; alla sua scuola chirurgica, nata virtualmente tra le corsie del vecchio ospedale di Pontecorvo, si sono formate due generazioni di ortopedici. E’ stato anche sindaco di Frosinone a cavallo tra la Prima e la Seconda Repubblica: troppo scomodo per entrambe, uscì di scena dopo qualche anno.

Ha visto la Sanità nelle mani dei politici e poi dei manager. E ora che ha lasciato la Sanità pubblica, svolgendo la sua attività nel tempio dell’Ortopedia del Basso Lazio – l’Icot di Latina – traccia un giudizio su quanto ha visto nei suoi anni da medico e primario.

Alessioporcu.it – Oggi da tutte le parti viene invocata una Sanità libera dalla politica
Paolo Fanelli – E’ stato un errore togliere la politica dalla Sanità, bisogna avere il coraggio di ammettere che buona parte delle disfunzioni e dei ritardi che vediamo oggi negli ospedali sono colpa essenzialmente della mancanza di politici impegnati nella loro gestione

Ritiene che la Sanità funzionasse meglio con i Comitati di Gestione, composti e presieduti dai politici?
Con i Comitati di Gestione c’era l’interesse del politico locale a dare il massimo della qualità nell’assistenza: perché i politici erano tutti del territorio, rappresentavano i Comuni del loro circondario. Se la loro gestione non avesse funzionato, i responsabili della disorganizzazione erano facilmente individuabili, si sarebbero bruciati subito la carriera politica, non avrebbero più potuto presentarsi di fronte ai loro elettori. Quando si è centralizzato tutto, quando sono iniziati ad arrivare manager scelte da personaggi estranei al nostro territorio, sono iniziati a mancare i punti di riferimento.

Per contro, è vero anche che in provincia c’erano dieci Usl al posto di una sola, dieci comitati di gestione politici, ognuno con il suo centro di spesa
Ma cercavano tutti il meglio. Perché erano sotto l’occhio attento dei cittadini. I cittadini sapevano da chi andare a reclamare e dove trovarlo: il politico era dietro casa. Il politico che si occupava di Sanità doveva fare bella figura: ricordo che al tempo in cui mio padre aveva la responsabilità dell’ospedale Umberto I di Frosinone andò a cercare il mitico professor Pietro Valdoni cioè colui che è unanimemente considerato il caposcuola della Chirurgia in Italia e gli disse «Professore, lei deve mandarmi a Frosinone il più valido dei suoi Assistenti Primario»

Nella sola provincia di Frosinone c’erano nove ospedali, sostanzialmente fotocopia l’uno dell’altro. Non pensa che fosse uno spreco?
La verità sta sempre nel mezzo. E poi non è affatto vero che gli ospedali fossero tutti uguali: ciascuno eccelleva in una branca. A Frosinone e Cassino c’erano eccellenti Chirurgie, a Pontecorvo sperimentammo tra i primissimi in Italia l’intervento in artrospcopia che evitava di aprire tutto il ginocchio ed abbatteva i tempi di recupero del paziente, Alatri e Arpino erano rinomate per Ostetricia e Ginecologia, Anagni per l’Urologia. A quel tempo i pazienti romani venivano a farsi curare in provincia di Frosinone perché il livello dell’assistenza era paragonabile a quello offerto dalla Capitale e qui non si dovevano fare le attese che c’erano invece a Roma.

Il sistema basato sui Direttori Generali – Manager non ha funzionato?
Un dg calato dall’alto e mantenuto lì da qualcuno che non è sottoposto al giudizio della gente del posto, non ha alcun interesse a fare bene: raggiunge gli obiettivi economici che gli vengono assegnati e poi se ne torna da dove è venuto. E se dietro di se, sul territorio, lascia solo macerie, non gliene può importare di meno. Qui siamo arrivati al punto che un paziente affetto da cancro al fegato chiede un’ecografia e gli dicono di ripassare: il sistema è impazzito.

Nicola Zingaretti ha disegnato una Sanità nella quale Roma concentra e riunisce l’eccellenza mentre nelle province viene data l’assistenza di primo livello: è un criterio razionale?
Potrebbe esserlo ma a patto che funzioni. Pure Londra è strutturata in questa maniera: intorno ha una rete di ospedali che drenano i casi meno gravi e lascia arrivare al centro solo ciò che è davvero grave ed eccezionale. Ma se manca la cintura efficace nelle province non si drena nulla, tutti vanno a Roma ed ingolfano quegli ospedali e policlinici.

Lei vede una soluzione?
I Direttori Generali delle Asl dovrebbero rispondere ai cittadini e non ai politici.