Fattore Cinque Stelle, Smeriglio gela Zingaretti

Foto: Benvegnu' Guaitoli / Imagoeconomica

L’europarlamentare e ideologo di Piazza Grande si fida fino ad un certo punto delle trasformazioni pentastellate e del possibile approdo dei grillini nel centrosinistra. Avverte: “Occorre una discussione vera”. Il rischio è quello di uno snaturamento che aprirebbe la strada a Renzi.

Massimiliano Smeriglio non è uno qualunque. È l’ideologo di Piazza Grande di Nicola Zingaretti, il progetto con il quale l’attuale Governatore del Lazio si è preso il Pd nel 2019. Ma anche europarlamentare eletto come indipendente nelle liste dei Democrat. E vicepresidente di Zingaretti nel primo mandato (2013 e 2018) e all’inizio del secondo. Insomma, è uno conosce alla perfezione idee e strategie del leader dei Democrat.

In questo momento il dibattito verte sui Cinque Stelle. I temi sono tre:

  1. l’ingresso dei Cinque Stelle nella grande famiglia del Partito Socialista Europeo;
  2. l’alleanza stabile e ad ogni livello tra Pd e Cinque Stelle;
  3. gli effetti della guida politica del Movimento affidata a Giuseppe Conte.

I dubbi di Smeriglio

Massimiliano Smeriglio (Imagoeconomica)

Su questo intero panorama politico Massimiliano Smeriglio ha dichiarato a La Repubblica: «È un passaggio politico fondamentale al quale però dobbiamo arrivare con la massima cautela, la discussione deve essere vera».

Il riferimento è al ruolo di Conte. Perché stando alla ricostruzione di Annalisa Cuzzocrea su Repubblica, le parole dell’avvocato del popolo sarebbero state queste: «È evidente che per noi l’asse è quello di centrosinistra, sono i temi che ci portano lì. Al contempo, però, dobbiamo avere quel populismo sano che è stato motore del mio primo governo, non per prendercela con gli immigrati o parlare alla pancia del paese, ma per non subire le lobby che in Italia hanno influenza soprattutto sul centrosinistra».

Una posizione che deve far riflettere lo stato maggiore del Pd. A cominciara da Nicola Zingaretti,  lanciatissimo lungo la strada dell’intesa con i pentastellati. Partendo dalla Regione Lazio.

La Direzione Regionale

Ieri la discussione in sede di direzione regionale dei Dem è stata vera e “tosta”. Ma Zingaretti non ha cambiato di una virgola la sua posizione. Dicendo: “Dalla Regione noi costruiamo un modello di un possibile nuovo centrosinistra, in cui il Pd è il principale protagonista e che è un credibile argine alle destre per vincere nei comuni. Questa nuova alleanza sicuramente renderebbe competitiva la futura sfida alle regionali  e riapre la grande partita dei collegi quando tra un anno si voterà. Dobbiamo cominciare a seminare i semi di una competitività ovunque”. (Leggi qui Zingaretti lancia dal Lazio l’alleanza competitiva col M5S).

Foto Livio Anticoli / Imagoeconomica

Poi ha aggiunto: “Un passaggio utilissimo perché dà alla regione una grande forza, che già c’era, ma a questa prospettiva di governo dà un respiro che riguarda il contingente e lo proietta nel futuro. Si ritorna a combattere per vincere ovunque. Anche in quei territori del sud del Lazio che sono sempre più difficili e nei capoluogo dove abbiamo perso. E questo lo puoi fare solo se rilanciamo il Partito Democratico e nei sistemi maggioritari lo accompagniamo con alleanze competitive”. (Leggi qui Top e Flop, i protagonisti del giorno: 3 marzo 2021).

Smeriglio e la Piazza Grande

Eppure  le parole di Smeriglio hanno un senso. Non perché i sondaggi attribuiscano uno scatto di 6 punti al Movimento guidato da Conte e un arretramento di 4 punti al Pd in un simile scenario. Si tratta di un sondaggio troppo lontano da un appuntamento elettorale vero. E soprattutto troppo  teorico perché non considera, per esempio, quanti big pentastellati andrebbero via o tirerebbero i remi in barca se davvero Giuseppe Conte diventasse il capo politico.

FOTO: IMAGOECONOMICA BENVEGNU’ GUAITOLI

No, le parole di Smeriglio vanno a toccare l’identità stessa del Pd e l’anima di Piazza Grande. Il rischio è quello di abbandonare o annacquare la prospettiva di sinistra, trovandosi a braccetto con una forza politica, il Movimento Cinque Stelle, che rimane populista e adattabile ad ogni schema.

E se il Pd dovesse lasciare uno spazio così ampio e consolidato, allora le incognite sarebbero enormi. Con Matteo Renzi pronto, in quel caso davvero, a replicare in Italia il modello Macron.