Le rivelazioni di Fazio: «L’Italia non poteva entrare nell’Euro»

L'ex governatore di Bankitalia rilascia una delle sue rare interviste. E rivela una serie di dettagli inediti sull'ingresso dell'Italia nell'Euro. Non avevamo i requisiti.

«L’Italia non aveva i requisiti per entrare nell’Euro»: parola di Antonino Fazio da Alvito, già potentissimo e silenzioso governatore della Banca d’Italia. L’uomo finito nel mirino con l’accusa di avere difeso le banche italiane dall’assalto dei colossi europei.

Si trovava sul ponte di comando dell’Istituto centrale della Repubblica Italiana nei giorni cruciali del nostro ingresso nella moneta unica europea. Ebbe un ruolo decisivo. «Io non ero d’accordo, non era un mistero, però la svolta spettava al nostro governo: mi dissero di farlo e portai il Paese nell’Euro».

Il banchiere centrale lo ha detto in queste ore, in una delle sue rarissime interviste. L’ha rilasciata alla rivista Sfide edita della Fondazione Craxi.

 

In quell’intervista Antonino Fazio parte dal 1997. Rievoca una riunione che mise intorno ad un tavolo i banchieri centrali d’Europa. Proprio in quei giorni la Bce aveva appena rilasciato il suo ultimo bollettino, in termine tecnico si chiama “Rapporto di convergenza“. In quelle note  si diceva con chiarezza che Italia non aveva le condizioni base per poter entrare nell’Euro. Cosa glielo impediva: il debito pubblico troppo alto. Il Paese era indebitato da decenni di politiche basate sul “poi domani si vede“, “fai a debito e poi chi governa domani vedrà come pagare” .

 

Rievoca il banchiere di Alvito:

«Mi ritrovai in questa difficile situazione: da un lato non avevamo i requisiti necessari per l’accesso all’Euro, dall’altro c’era in Italia la volontà politica di procedere».

 

Non era una riunione carbonara. Il Tavolo era ufficiale ed al massimo livello tecnico. Con Antonino Fazio c’era Carlo Santini (poi diventato direttore dell’Ufficio Italiano Cambi), Vincenzo Pontillo e Fabio Panetta il promettentissimo banchiere di Pescosolido che Fazio fece crescere portandolo ad incontri di quel livello e che oggi ricopre il ruolo di vice direttore generale della Banca d’Italia. (leggi qui)

A quel tavolo fu chiaro a tutti che l’Italia non poteva essere ammessa nel primo gruppo di Paesi che entravano a far parte della nuova divisa unica europea.

 

«Fu allora che dissi: cari amici, dear friends, guardate che domani sarà questo il rapporto definitivo che sarà reso pubblico, con l’Italia esclusa dalla moneta unica. Beh allora considerate che domani se l’Italia esce, salta il sistema monetario europeo».

 

Antonino Fazio lo sapeva: sarebbero scattate le ritorsioni. Infatti il potentissimo Jean Claude Trichet, ex governatore della Banca di Francia, subito dopo la chiusura di quel Tavolo, puntò il dito contro Fazio. Lo accusò di ricattare gli altri banchieri.

 

 

Fazio sapeva che non c’erano le condizioni. Fazio era scettico. Fazio non era convinto. Per niente. E fosse stato per lui, si sarebbe aspettato. A Sfide ancora oggi ha detto  che le ragioni del suo scetticismo sull’entrata dell’Italia nella Zona Euro sono valide.

 

I fatti gli hanno dato ragione. A quell’epoca il banchiere ciociaro parlò del rischio “bradisismo” per il sistema nazionale. E così avvenne: il costo del lavoro salì fino al 2004. Andando ad incidere sul costo finale dei nostri prodotti. In pratica, su ogni oggetto realizzato in una fabbrica italiana, il costo dei dipendenti andava ad incidere ogni anno sempre di più. Invece tra i nostri competitor europei era stabile o era aumentato di poco.

La conseguenza fu che conveniva sempre meno produrre in Italia: meglio andare altrove. In poco tempo ci fu il crollo del Pil, cioè della ricchezza prodotta dal Paese con i suoi beni ed i suoi servizi.

«Lo svantaggio dell’Euro comincia prima della grande recessione. (…) Quello che è avvenuto in questi anni nel nostro Paese è peggio di quanto accaduto negli anni Trenta».

 

L’intervista a Sfide punta l’attenzione su un’altra data fondamentale: il 2011. In Italia governa Silvio Berlusconi.  È il periodo in cui inizia a galoppare come impazzito lo spread (la differenza tra il tasso di rendimento dei Buoni del Tesoro Pluriennali italiani in confronto a quello dei Bound tedeschi che sono il titolo di risparmio preso a riferimento in Europa).

Lo spread sale e sfonda quota 500. L’Ue entra in campo: c’è il rischio di collasso del sistema. Impone all’Italia di abbattere deficit e debito. Perché – dicono da Bruxelles – è assurdo che gli italiani abbiano tutti questi soldi depositati in banca, come risparmio mentre il Paese non riesce a pagarci ciò che gli abbiamo prestato.

Ricorda Antonino Fazio che quella fu la stangata micidiale:

«Abbiamo adottato una politica restrittiva quando l’economia era già in recessione».

 

L’intervista a Sfide non tocca solo il passato. Chiede indicazioni per il presente e previsioni sul futuro. Fazio indica la soluzione una riduzione del costo del lavoro differenziata.

Evidenzia che nel Sud

«ieri come oggi, il costo della vita e la produttività sono nettamente più bassi che nel centro-nord. Non ha senso avere lo stesso costo del lavoro».

 

Sollecita poi serio piano di investimenti, fatto mettendo insieme le banche e le grandi imprese. In Europa – spiega – la partita è con la Germania. I surplus commerciali tedeschi creano deflazione.

«I tedeschi devono assolutamente spendere il loro surplus, se non vogliono farlo in Germania lo facciano in Europa».

 

Chissà se è più facile questa scommessa. O quella – vinta – per fare entrare l’Italia nell’Euro.