Fca ha la febbre, Stelvio e Giulia non sono più un antibiotico. «La cura è questa…»

Per la prima volta dopo cinque anni di crescita sono in calo i numeri di Fca. Cosa significano quei numeri. Come vanno letti. Le conseguenze per Cassino Plant. Le vie d'uscita dietro l'angolo.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Fca ha la febbre. Se sia un raffreddore di stagione oppure i primi segnali di una broncopolmonite lo diranno i prossimi mesi. I sintomi sono chiari.

La produzione di Fiat Chrysler Automobiles in Italia è in calo per la prima dopo cinque anni di continua crescita: nei 9 nove mesi del 2018 la flessione è del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2017. La situazione sta peggiorando: nel primo semestre il segno meno era seguito ‘solo’ da un 2,5% .

La drammatica uscita di Sergio Marchionne ha determinato una fase di assestamento nelle figure dirigenziali apicali del gruppo. (leggi qui I piani per Cassino Plant con l’arrivo di Gorlier al timone Fca in Europa). Ma la febbre di questo periodo non dipende da loro: semmai, saranno loro a dover decidere la cura e applicare la terapia.

Allora cosa sta determinando la febbre? È raffreddore o broncopolmonite? Si può curare? Come?

Enrico Coppotelli guida la Cisl, il sindacato che per primo ha creduto nei progetti di Sergio Marchionne. E lo ha appoggiato nella fase più difficile del salvataggio.

 

Segretario Coppotelli perché Fca ha la febbre?

L’effetto del rallentamento dei volumi, riscontrato negli ultimi tre trimestri del 2018, conferma quella flessione che si è riscontrata nei dati di vendita nel nostro Paese. Ma nello stesso tempo evidenzia l’urgenza di lanciare nuovi prodotti negli stabilimenti italiani.

È il tempo di accelerare i tempi lanciando le produzioni, le nuove motorizzazioni e gli investimenti sulla guida autonoma.

 

Quanto è grave la febbre?

Non dobbiamo dimenticare che il 2017 aveva rappresentato, in termini di volumi, il migliore dal periodo pre-crisi del 2013: aveva toccato la quota record del +76%. Se teniamo conto di quel numero, la ‘febbre’ appare meno grave di quanto giustificherebbe il numero raggiunto sul termometro.

 

Sta male tutto il Gruppo o ci sono parti ancora non toccate dalla febbre?

Segnano una crescita le produzioni di Fiat Professional nello stabilimento Sevel di Atessa. In crescita anche le produzioni dei due suv di Melfi: Renegade e 500x. In tutti gli altri stabilimenti il dato della produzione è in riduzione rispetto ad un 2017, che certamente ha rappresentato l’anno con il maggior numero di volumi degli ultimi 5 anni. 

 

Fca Group ha fatto una scelta precisa, confermata dall’Ad Manley nei giorni scorsi, presentando la sua nuova squadra: puntare sui marchi premium. Significa che si preparano ad un’alleanza oppure a fare cassa per poi investire altrove?

Il gruppo FCA è cresciuto in redditività ed ha azzerato il debito industriale grazie al peso maggiore dei marchi premium negli stabilimenti italiani. Il peso è salito dal 20% del 2012 al 64% del 2017. Questo ha consentito la piena realizzazione degli obiettivi finanziari. Ora è indispensabile che FCA si impegni a dare continuità utilizzando le risorse prodotte.

 

Facendo cosa?

Bisogna completare gli investimenti soprattutto nelle nuove motorizzazioni ibride, elettriche e spingendo sulla nuova mobilità. Solo così si mette in sicurezza l’occupazione.

 

In che modo la nuova febbre sta toccando lo stabilimento Cassino Plant di Piedimonte San Germano?

In maniera netta: lo stabilimento di Cassino è a meno 22,8 per cento rispetto al 2017. Nel complesso il rallentamento riscontrato alla fine dello scorso anno e nei primi 6 mesi del 2018 è continuato anche nell’ultimo trimestre. Si è ricorso anche qui all’uso di qualche giornata di ferie collettive e qualche ora di Cassa Integrazione ordinaria.

 

Giulia e Stelvio non sono state un buon antibiotico?

Il 2017 ha rappresentato l’anno della crescita dei volumi Alfa Romeo trainati dalla salita produttiva di Giulia e Stelvio, spinta anche per aggredire nuovi mercati. Il 2018 si riscontra invece più come una fase di assestamento. Sono state prodotte circa 21.367 Alfa Romeo Giulia (-37,3% rispetto al 2017) e 31.444 Stelvio (- 24,1%). È finito l’effetto novità, sono apparse sul mercato altre concorrenti. Il peso della percentuale dei Suv prodotti aumenta sempre di più rispetto alle berline, in perfetta coerenza con le tendenze di mercato. Le produzioni di Giulietta con circa 25.131 vetture è di fatto agli stessi livelli del 2017.

 

È una febbre che passerà con il panettone? O impiegherà di più?

Doveva essere l’anno della piena occupazione, invece è probabile che al 31 dicembre si chiuda con questi trend. Ci sono fattori di mercato che continuano ad essere negativi, ad esempio le vendite in Cina. Poi c’è l’effetto del rallentamento dei volumi: conferma quella flessione che si è riscontrata nei dati di vendita nel nostro Paese, ma nello stesso tempo evidenzia l’urgenza di lanciare nuovi prodotti nello stabilimento di Cassino.

 

C’è più rischio di tagli o di nuove assunzioni?

La scelta del piano industriale di prevedere un “allungamento delle piattaforme” di 30 – 40 centimetri per Stelvio e Giulia destinate al mercato cinese è indispensabile che abbia corso in tempi brevi, per ottenere risultati importanti in quel mercato.

Il piano industriale presentato a Balocco rafforza ancor di più il progetto Alfa Romeo con la presenza di altre 4 vetture nuove e il completamento della gamma. Una maggior presenza nei mercati è indispensabile per far crescere i volumi dello stabilimento di Cassino. Questo può consentire di recuperare quei lavoratori e quelle professionalità che lo scorso ottobre 2017 hanno avuto l’interruzione del rinnovo del contratto di somministrazione.