Federlazio, ecco come Covid ha cambiato gli scenari

Lo studio di Federlazio sull'andamento dell'economia. Quest'anno è stato tarato tutto sugli effetti del Covid. I numeri nel Lazio. Una tempesta ma le Pmi resistono. "servono però idee chiare e leggi immediate”. I numeri. E gli scenari

Resistenza, ripresa, incertezza: il Covid ha modificato l’andamento delle piccole e medie imprese nel Lazio. A tracciare la linea del loro andamento attraverso questa pandemia è stata Federlazio. L’associazione degli imprenditori ogni anno studia l’andamento dell’economia ed anticipa gli scenari che sono all’orizzonte. Ma quest’anno la crisi sanitaria e le sue conseguenze sull’economia hanno convinto la Federazione delle Piccole e Medie Imprese a modificare in maniera sostanziale la sua consueta indagine congiunturale.

Questa volta ci si è concentrati sugli impatti determinati dal Covid nell’impresa. E sulle azioni messe in campo per affrontare la situazione.  

L’indagine è stata realizzata grazie al contributo della Camera di Commercio ed è stata condotta mediante un questionario online rivolto ad un campione di 450 imprese. I dati sono stati acquisiti nel periodo gennaio – luglio: prima che la seconda ondata si abbattesse sulle imprese, rilanciando i contagi in maniera ancora più violenta.

Il quadro regionale

Foto © Sergio Oliverio / Imagoeconomica

Il saldo tra le imprese nate e cessate nel Lazio è di +0,28% nel I° semestre (dato nazionale -0,17%). Il Covid ha bloccato l’attività ed i mercati. La conseguenza è che le esportazioni hanno registrato nello stesso periodo un calo di -26,3%.

L’occupazione ne ha risentito. Nel primo semestre si è ridotta di 40mila unità, dopo due anni di continua crescita. Il tasso di occupazione è sceso sotto il 60% ed è contestualmente aumentato il tasso di disoccupazione al 12%.

Il virus ha costretto tutti a fermarsi e c’è stata l’impennata della Cassa integrazione. Che nel Lazio registra un +900% (+1.400% dato nazionale).

Tempesta sulle Pmi

Il primo dato che emerge dall’indagine è che il sistema delle PMI del Lazio è stato colpito da una vera e propria tempesta: 8 imprese su 10 hanno accusato una riduzione del fatturato.

Tra queste più di un terzo (34%) ha registrato una riduzione superiore al 30%, circa il 27% è riuscito a “mantenere la rotta” (stabilità o leggera riduzione) ed il 7% una crescita.

In particolare quelle che sono riuscite a resistere meglio appartengono ai settori servizi e logistica (37%), industria manifatturiera (23%), edilizia e impiantistica (17%), commercio e distribuzione alimentare (13%).

Tutte le imprese hanno fatto ricorso ai Dpi. Foto Imagoeconomica

La totalità delle imprese si è dotata di sistemi di protezioneDPI e per 7 su 10 i costi sostenuti sono stati attorno al 5% delle spese correnti. Il 50% delle PMI è ricorsa allo smart working.

Ben 7 aziende su 10 sono ricorse alla Cassa Integrazione. Rimangono molti interrogativi e preoccupazioni riguardo alla tenuta dei livelli occupazionali successivi allo sblocco dei licenziamenti.

Le misure finanziarie di sostegno sono state usate dalle imprese? Più della metà delle aziende (51%) ne ha fatto richiesta. Per quanto riguarda le procedure, il 53,2% ha dichiarato di aver incontrato difficoltà nella presentazione delle domande. Le maggiori criticità si sono riscontrate nei tempi di risposta degli istituti bancari giudicati troppo lunghi (dal 34,2%). 

Le aspettative future

Il 55% delle imprese del Lazio prevede ancora una riduzione del proprio fatturato nei prossimi mesi. Il 18% calcola un forte calo, mentre il 23% ha dichiarato che sarebbe possibile una crescita.

Il 79,9% degli imprenditori dimostra una certa fiducia nella possibilità che la propria azienda possa tornare a una situazione di “normalità” entro un anno: il 22% prospetta un aumento della domanda interna, il 10% delle commesse pubbliche, il 18% dell’export.

Foto Sergio Oliverio / Imagoeconomica

Sul futuro della propria azienda il 61% delle aziende dovrebbe ritrovare stabilità mantenendo gli stessi livelli occupazionali. Invece il 9,1% prevede che sarà necessaria una riduzione degli addetti. Il 7% ipotizza trasformazioni radicali nel modello di business, il 3,2% teme di chiudere la propria attività. 

Prima dell’incremento dei contagi della seconda ondata, gli imprenditori hanno espresso fiducia nel ritorno alla normalità della propria azienda: il 79,5% ritenevano che ciò potesse accadere tra i sei mesi ed un anno. (Leggi qui i dati di febbraio scorso: Federlazio, la ripresa può attendere. Gli imprenditori non sono ottimisti).

Cambiare per resistere

Agli imprenditori è stato chiesto se “Una crisi così grave potrebbe contribuire anche a far emergere cambiamenti operativi e organizzativi nel futuro dell’azienda“. Il 59% degli imprenditori si dichiara favorevole.

È stato chiesto poi su quali aree intervenire per migliorare l’operatività aziendale: il 72,8% prospetta modifiche nei processi produttivi guidati dall’innovazione tecnologica, il 51,1% dei sistemi di sicurezza.

La pandemia ha accelerato il lavoro a distanza. Quasi tutti lo hanno sperimentato. All fine della prima fase è stata rilevata la predisposizione verso il consolidamento del lavoro a distanza (26%) e dei processi di digitalizzazione (58%).

La seconda ondata di contagi ha modificato ancora una volta il quadro. Oggi è dominato da estrema incertezza e notevole preoccupazione per la tenuta dell’intero tessuto economico.

Rossignoli, dentro un incubo

Silvio Rossignoli

Quanto accaduto nei mesi scorsi nel nostro Paese ci ha proiettato improvvisamente dentro un incubo: l’emergenza, nata come sanitaria, è diventata subito anche economica. Uno stress senza precedenti per il nostro sistema produttivo”: non ha dubbi il presidente di Federlazio Silvio Rossignoli.

C’è un elemento che viene giudicato in maniera molto positiva dal presidente. È “la reazione avuta dalle nostre imprese: la maggior parte è convinta che si possa, nonostante tutto, tornare alla normalità e hanno ricominciato subito a lavorare a ‘testa bassa’ ”.

Occorrono però norme certe ed idee chiare. “E’ evidente che il nostro Paese non può più aspettare a dotarsi di una vera politica industriale, per capire e programmare dove vogliamo andare da qui ai prossimi anni. Siamo di fronte ad una sfida irrinunciabile che non può essere sostenuta esclusivamente attraverso l’impegno e la volontà di rilancio del tessuto imprenditoriale. Noi abbiamo fatto la nostra parte, auspichiamo che il Governo faccia altrettanto”.

Il pragmatismo di Mocci

LUCIANO MOCCI. FOTO © IMAGOECONOMICA

Pragmatico il giudizio dello storico direttore di Federlazio Luciano Mocci. “Il quadro che emerge dalla nostra indagine, come potevamo immaginare, è molto difficile: crollo degli ordinativi, del fatturato, della produzione, dell’export, dell’occupazione come non si erano mai registrati”.

C’è un aspetto positivo. “La pandemia ha sicuramente accelerato i processi di implementazione della digitalizzazione all’interno delle imprese e le priorità di intervento devono quindi puntare sulla diffusione massiccia di soluzioni che consentano di realizzare in sicurezza tutte quelle attività messe a dura prova dal Covid: internet veloce, IoT, Blockchain, Sicurezza informatica, Big Data. Soluzioni con le quali molti hanno iniziato ad approcciare da poco, ma che guideranno i percorsi di sviluppo nel prossimo futuro”.

C’è un ruolo che Federlazio e tutte le Associazioni imprenditoriali devono svolgere. “Federlazio già durante il lockdown dei mesi scorsi si è attrezzata da subito per offrire quotidianamente supporto concreto alle aziende. Un impegno grande che ha permesso alle imprese di ricevere supporto immediato, ma anche la possibilità di non sentirsi sole in una situazione generalizzata che faceva propendere al panico. Oggi stiamo rafforzando ancora più la nostra struttura per non farci trovare impreparati su possibili nuovi scenari di lockdown e consentire quindi agli imprenditori di contare sempre su un supporto e una guida per non perdere la giusta direzione“.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright