Ferraguti: «Al Cosilam si deve cambiare sia musica e sia i suonatori»

Silvio Ferraguti è il past president di Federlazio, la associazione delle Piccole e Medie Imprese della Provincia di Frosinone. Poi si è messo in politica ed ora è il responsabile del dipartimento Attività Produttive di Forza Italia per il Lazio. Negli anni scorsi aveva messo in guardia il sistema delle imprese, avvertendo che all’egoismo della politica non doveva sostituirsi l’egoismo degli industriali ma andava individuata «una equilibrata forma di collaborazione».

Alessioporcu.it – Presidente, perché non è ancora intervenuto nel dibattito su quanto sta accadendo al Cosilam?
Silvio Ferraguti – Perché quanto sta succedendo al Cosilam è la conferma che in questa provincia continuano ad imperare gli egoismi e i particolarismi, che nulla producono se non sterili polemiche finalizzate ai soliti giochi di potere.

C’è la possibilità che il Cosilam venga commissariato e di fatto accorpato all’Asi: è un bene o un male per le industrie?
Il vero problema non è questo.

E qual è?
Nessuno si interroga sull’immagine che stiamo dando agli occhi dei possibili investitori che mai come in questo periodo stanno guardando con interesse alle aree intorno allo stabilimento Fca di Cassino: poi ci lamentiamo se le imprese si allontanano, se non investono, se sono deluse da una classe politica e dirigente che non assume mai decisioni vere.

Meglio un consorzio industriale per tutta la provincia o mantenere distinti Asi a Frosinone e Cosilam a Cassino?
Premesso che in questa provincia ci sono due Consorzi industriali in un momento nel quale le aziende che “resistono” sono sempre meno, bisognerebbe porsi la domanda: cosa fare per attrarre investimenti, per ridare entusiasmo e soprattutto certezze e risposte a chi chiede soltanto di essere messo nelle condizioni di lavorare e di competere.

Chi sta sbagliando, in questa fase?
Intanto sappiamo quello che non si deve fare: continuare in questo modo. Con divisioni e con lotte di potere che riguardano solo i vertici e tutti coloro che si ostinano a pensare che l’importante è avere i “pennacchi”, gli strapuntini e le fasce. Tutta questa roba non serve a niente, è sorpassata. Ma la cosa che sconcerta maggiormente è che anche settori del mondo imprenditoriale abbiano in qualche modo avallato le stesse logiche della politica. Così non si va da nessuna parte. Il Cosilam potrebbe essere strategico, anzi fondamentale, se soltanto pensiamo al fatto che in quell’area ci saranno investimenti importanti come quelli della FCA e della Sanpellegrino.

C’è stato in queste ore un segnale d’apertura del presidente Zola verso la Banca Popolare del Frusinate: siamo verso una via d’uscita?
Sarebbe il caso che all’ordine del giorno ci fosse un solo punto: come creare un circuito virtuoso con il territorio, come potenziare la viabilità e il sistema delle infrastrutture, come mettere l’impresa davvero al centro del sistema. Via dal dibattito e dall’ordine del giorno tutto ciò che non è attinente e strategico per lo sviluppo del tessuto industriale, per la crescita del sistema delle imprese.

I consorzi industriali potevano essere una grande occasione di coabitazione tra politica e impresa: è stato un fallimento, sotto questo profilo?
Continuiamo tutti noi a fare i conti con una burocrazia elefantiaca dai tempi biblici: hanno idea lorsignori di quanto tempo occorre per avere un’autorizzazione? Hanno idea del percorso ad ostacoli che un’azienda deve affrontare? No, non ce l’hanno perché troppo concentrati a lambiccarsi il cervello su come ottenere una poltrona in più o in meno. Servirebbero professionalità all’altezza della situazione (e ce ne sono tante sul territorio). Invece la meritocrazia rimane una illustre sconosciuta in un territorio che va alla deriva nell’indifferenza generale. I Consorzi industriali dovrebbero dare risposte alle imprese nel solco della concretezza, della rapidità, dell’urgenza e di quel sano decisionista che farebbe la differenza. Nulla di tutto questo, invece, succede.

Vale anche per il Cosilam?
E al Cosilam i personalismi stanno facendo venir meno la “missione” di un ente che ha assoluto bisogno di cambiare marcia. Non solo: di cambiare musica e perfino i suonatori. Senza impresa non c’è ripresa. Non vogliono proprio metterselo in testa.