Da Fidel a Matteo: quando tutti a Frosinone erano comunisti

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di CARLO ALBERTO GUDERIAN
già Corrispondente da Mosca

 

Il rivoluzionario crede nell’uomo, negli esseri umani. Chi non crede nell’essere umano, non è rivoluzionario”. Generazioni di comunisti conservano ancora una delle frasi cult di Fidel Castro. E anche se adesso non sono più comunisti, anche se nel 1953 (quando il lider maximo pronunciò lo storico discorso del “Condannatemi pure, la storia mi assolverà”) non erano nati, sono tutti cresciuti nel mito della maglietta del Che e della rivoluzione antiamericana e antimperialista di Castro. Hanno tutti sognato di essere tra i suoi fedelissimi alla Baia dei Porci o di aggirare il blocco navale degli Stati Uniti.

Allora stavano tutti dalla stessa parte, in quel Pci che rappresentava il più grande e forte Partito Comunista dell’Occidente, che aveva in Enrico Berlinguer il suo faro non solo politico, che esibiva il pugno chiuso nelle piazze, guardando proprio a lui. A Fidel. Idealmente. Perché poi la sera era comunque rassicurante tornare a casa, vedere Carosello e seguire Lascia e Raddoppia di Mike Bongiorno. Mica c’era la Cia a pochi chilometri da casa. Ma non fa niente. Quando poi Gianni Minà intervistò il rivoluzionario cubano che faceva sognare comunisti e donne, tutti pensavano di andare a Cuba. Magari anche solo per una breve vacanza.

Difficile immaginarlo adesso, ma c’è stato un tempo in cui Francesco De Angelis era comunista davvero e stava nello stesso partito di Maurizio Federico E di Oreste Della Posta (Che però era più maosista che castrista). Erano gli anni nei quali tutte le sere ci si ritrovava nella sezione (di via Garibaldi a Frosinone) per discutere di tutto. Quelle riunione erano zeppe, di presenti e di passioni. In quegli anni essere comunista era un segno distintivo, nel bene e nel male. Poi sono venuti gli altri, tutti gli altri e pure loro guardavano a Fidel e al Che.

Quante volte Oreste Della Posta avrà maledetto il destino “cinico e baro” per non essere nato a Cuba e per essersi dovuto accontentare di predicare la rivoluzione in una provincia democristiana, cattolica e borghese come quella di Frosinone? Dove invece di Fidel il punto di riferimento era Zio Giulio?
Gli anni passavano in fretta, il Pci archiviava l’esperienza che per decenni aveva infiammato animi e passioni, molti piangevano alla Bolognina quando Achille Occhetto battezzò il Pds. Poi addirittura i Ds, fino al Partito Democratico voluto da Walter Veltroni. Fino a vedere in Massimo D’Alema il custode dell’ortodossia comunista,quel D’Alema al quale Nanni Moretti chiedeva invano di dire una cosa di sinistra.

Anche in Ciociaria i comunisti si divisero, alcuni seguirono Fausto Bertinotti e Armando Cossutta, che poi si divisero fra loro. Il muro di Berlino era crollato, neppure l’Urss c’era più. Al posto di Breznev c’era un certo Gorbaciov. Crollò tutto. In Italia invece i comunisti di un tempo facevano carriera politica: Maurizio Federico assessore regionale, Francesco De Angelis, consigliere e assessore regionale, poi europarlamentare, Oreste Della Posta assessore provinciale.

Gli anni passavano, le nuove leve si affermavano. Oggi c’è Mauro Buschini (che quando Castro entrò all’Onu non stava neppure nel mondo delle idee di Platone), pure lui assessore regionale. C’è Maria Spilabotte, senatrice glamour. Nazzareno Pilozzi, deputato, alla tradizione comunista guarda ancora. Ma poi a Roma è vicino ai cavalieri del Giglio Magico, guidati da Maria Elena Boschi.

Dimenticavamo. Nel Pd i comunisti convivono con i democristiani come Francesco Scalia e Simone Costanzo, quelli che a Fidel non hanno mai guardato, quelli che si ispiravano a De Gasperi e Dossetti. E ad Andreotti naturalmente.

Oggi la Federazione Provinciale di Frosinone del Partito comunista italiano, in un attacco di nostalgia canaglia, “abbraccia il popolo cubano per la grande perdita a 90 anni del ” lider maximo ” Fidel Castro”. Scrive: “È stato uno dei principali e controversi personaggi politici della seconda metà del ventesimo secolo, simbolo della lotta antimperialista. Il capo della rivoluzione comunista di Cuba che nel ’59 conquisto’ il potere dell’isola, capace di resistere agli Stati Uniti e nonostante l’embargo della grande superpotenza seppe guidare il suo popolo all’indipendenza senza non poche controversie interne ma con grande coraggio”.

Poi la conclusione: “Hasta la victoria siempre”.
Dal Pd nulla. D’altronde è complicato anche per un comunista che fu come De Angelis spiegare che oggi il partito che ha ereditato quella tradizione è guidato da Matteo Renzi, che posta i selfie con Sergio Marchionne, ad della Fca.
Da Fidel a Matteo. Però, la storia è un davvero un Mistero Buffo. Hasta la victoria siempre.

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