Le 5 Stelle cadenti nel cuore di Fernando (di F. Ducato)

FOTO: ETTORE CESARITTI

Pentastellato della primissima ora. A 5 Stelle dai tempi dei Vaffa Day. Poi consigliere comunale: il primo nella storia grillina di Anagni. Ora Fernando Fioramonti inizia a maturare i primi seri dubbi. Di essersi ritrovato in una brutta copia del Pd.

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Un masso bello grosso lanciato nello stagno. L’ammissione coraggiosa e anche un po’ folle che il re è nudo, e che così non si va da nessuna parte. Un’analisi che potrebbe arrivare da un big nazionale. E invece il concetto che, dopo il tonfo delle regionali in Sardegna, il Movimento 5 Stelle non dovrebbe maledire il destino cinico e baro, o blaterare di complotti, ma cercare di recuperare quella forza che li aveva fatti arrivare (finora) a livelli inimmaginabili, lo lancia da Anagni il consigliere comunale Fernando Fioramonti.

Niente sconti

Una disamina senza sconti. Pubblicata in pieno stile del MoVimento della prima ora: sulla sua bacheca Facebook. Per lui il 9,7% delle preferenze ai 5 Stelle in Sardegna non è, come molti hanno detto (e continuano a dire) un buon risultato. Soprattutto se messo in relazione al fatto che alle precedenti regionali sarde i grillini non c’erano.

È invece una vera e propria batosta. La conferma che il movimento “è in caduta libera”. Una caduta, per Fioramonti, legata soprattutto ad un fatto; più di qualcuno ha pensato di poter mettere da parte il lavoro fatto da tanti militanti sul territorio, un lavoro che aveva dato frutti importanti, votandosi invece ad un’alleanza (quella con la Lega) trasformatasi (per i 5 Stelle) in un massacro.

Quelle deroghe assassine

Fioramonti, come detto, dimostra coraggio, non limitandosi ad accuse generiche, ma puntando in alto.

Criticando chi, ai massimi livelli, ha scelto di privilegiare il legame con Salvini. E chi ha messo da parte i principi, in nome di una serie di deroghe che hanno “fatto perdere a tutto il movimento quell’aura di credibilità costruita per anni sui territori”.

Un esempio a caso: “la votazione on line per salvare il ministro Salvini”. Una scelta suicida, imposta contro ogni precedete atteggiamento dei 5 Stelle. Non solo; giustificata “con ogni mezzo” in “interviste aberranti”.

Peggio del Pd

Per Fioramonti i 5 Stelle, almeno per quanto riguarda la classe dirigente nazionale, sembrano essersi trasformati nel peggiore Pd; quello che quando si perde la colpa è degli elettori che non hanno capito. Mentre il sogno della democrazia diretta, di “uno vale uno”, è diventata l’attesa “dall’alto” di una votazione on line per sapere cosa fare.

Il Partito in cui tutti potevano parlare si è trasformato in un posto nel quale dire la propria, magari anche in dissonanza, espone alla “delazione”. Come nelle scene peggiori del 1984 di Orwell.

Insomma; sarà il caso di riflettere sull’accaduto? “Poniamocele due domande e diamocele due risposte” dice il consigliere comunale anagnino.
Ed in effetti il problema, forse, è proprio questo. Nei 5 stelle, oggi, è possibile avviare un dibattito serio, che consenta di fare passi avanti? È possibile ragionare su cosa fare di una forza che aveva generato tante speranze? Un dibattito che, magari, non si trasformi nella solita sarabanda di insulti contrapposti?

Domande relative

A giudicare dalle prime reazioni alla nota di Fioramonti, parrebbe, purtroppo, di no. Visto che il consigliere, in mezzo a sporadiche attestazioni di stima, riceve sostanzialmente due tipi di rispose. La prima che potremmo definire negazionista; non c’è nessuna sconfitta, il movimento va avanti e bene. Al massimo una pausa di riflessione, visto che la rivoluzione non è un pranzo di gala, ma nemmeno una corsa veloce.

La seconda è l’accusa di collusione con il nemico; vattene, se dici così sei venduto, o al soldo del Pd, o raggirato da giornalisti prezzolati (che, ovviamente, non mancano mai, neanche qui ad Anagni…).


A livelli più alti, la situazione sembra ripetersi. Invece di fare un’analisi coraggiosa, i 5 Stelle si concentrano sulla messa in sicurezza dell’attuale classe dirigente. Chiarendo che, comunque vada, il capo politico rimane per altri 4 anni. Che il limite dei 2 mandato (un totem fino a qualche giorno fa) non varrà più (per ora solo per i consiglieri comunali). E che, al massimo, per facilitare la comunicazione, verrà creata una bella segreteria politica, il cui compito sarà quello di gestire i rapporti sia con gli elettori che con i vari livelli degli eletti del movimento. (leggi qui L’ultimo rifugio di Di Maio che rischia di distruggere anche le macerie)

Insomma, un Partito. Come la Dc di una volta. Quella che, un tempo, i 5 Stelle denigravano.

Una vera occasione persa. Peccato.