Firme per le elezioni a Ceccano: in quattro a processo

I dubbi ci sono. E sono abbastanza per aprire un processo. Le elezioni Comunali di Ceccano vinte da Roberto Caligiore rimangono sotto la lente d’ingrandimento della magistratura di Frosinone.

Via libera al processo
Il giudice delle udienze preliminari oggi ha disposto il giudizio a carico dei consiglieri provinciali Gianluca Quadrini di Forza Italia (Arpino), Gianni Bernardini del Partito Socialista Italiano (Ferentino), Andrea Velardocchia del Pd (Cassino) e Alessandro D’Ambrosio Pd – Area Fardelli. Archiviata invece la posizione del capogruppo provinciale Pd Antonio Cinelli (Monte San Giovanni Campano).

Forme false? No: semmai ‘facili’
Il caso è quello delle firme che sono state autenticate per presentare 19 delle 28 liste elettorali schierate nella scorsa tornata elettorale. Sarebbero state raccolte in maniera irregolare. Ma non sono false. E’ quanto ha stabilito oggi il giudice. Nel disporre il processo, infatti, ha cambiato il titolo del reato. Ai quattro consiglieri non viene contestato il Falso ideologico, ipotizzato finora dalla Procura. E’ stato derubricato in ‘Turbamento delle adunanze elettorali’. In pratica, la violazione dell’articolo 90 del testo Unico del 5 aprile 1951 art.83. E’ la norma che punisce “Chiunque turba il regolare svolgimento delle adunanze elettorali (…) e chiunque forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o candidati od altri atti del presente Testo Unico

Le accuse
Le indagini erano partite da una denuncia presentata dal Movimento 5 Stelle. Al consigliere provinciale Quadrini viene contestato di avere attestato che le firme a sostegno di 9 liste (e di altre 5 poi non presentate) erano state messe in sua presenza, come prescrive la legge. La Pubblica accusa sostiene che invece avrebbe autenticato le firme dopo che erano state apposte sui moduli. Al consigliere viene contestata anche l’autenticazione della firma con cui un candidato ha accettato la candidatura. Ascoltato dalla Procura, il candidato ha disconosciuto la firma.

Anche per Velardocchia e Bernardini l’accusa è di avere attestato in maniera ‘facile’ le firme dei sottoscrittori. In quattro liste nel caso del consigliere cassinate e tre per il ferentinate. Anche a loro viene contestato di avere detto che le firme erano vere, autentiche e apposte in loro presenza. Ma i sottoscrittori hanno dichiarato che nel momento in cui hanno firmato i moduli non c’erano i pubblici ufficiali.

Inoltre, Bernardini viene accusato di avere attestato il 31 maggio l’accettazione di una candidatura. Ma il candidato è sicuro di avere firmato ad aprile. A D’Ambrosio si contesta di avere accertato come vera, autentica e apposta in sua presenza la firma del sottoscrittore di una lista.

Fuori Cinelli
Prosciolto da ogni accusa il capogruppo provinciale del Partito Democratico ed ex sindaco di Monte San Giovanni Campano Antonio Cinelli. Quando la Procura aveva annunciato la chiusura delle indagini, nelle tre settimane successive aveva chiesto di essere interrogato e di poter indicare una serie di testimoni in grado di scagionarlo. Così è stato.

Nessun rischio ‘Severino’
Nessuno degli amministratori indagati rischia l’applicazione della Legge Severino in caso di condanna. In pratica, non c’è possibilità che vengano costretti a lasciare l’incarico. Nè da consiglieri provinciali né (nel caso di Gianluca Quadrini) da presidente della Comunità Montana di Arce. Perché il tipo di reato ipotizzato non è tra quelli considerati ‘Contro la pubblica amministrazione‘, per i quali scatta l’immediato allontanamento dall’incarico.

Il caso viene esaminato dal giudice nel prossimo mese di giugno.

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