Terzo tempo. I fatti centrali ed i protagonisti della settimana. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore
Terzo tempo. I fatti centrali ed i protagonisti della settimana. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore
FISCHI
BORGOMEO-ACAMPORA-DE ANGELIS
Francesco Borgomeo, imprenditore visionario e avanti sui tempi, ha presentato un progetto per il rilancio dell’area industriale del cassinate, dicendo sostanzialmente che con un investimento del genere conviene a Stellantis restare. Perché se anche il colosso dell’Automotive dovesse decidere di andarsene, ci sarebbe la fila. (Leggi qui La sfida degli industriali: 100 milioni sull’area Stellantis).
Per la prima volta da sempre ha ribaltato il punto di vista. Poi la ciliegina sulla torta: attenzione che l’indotto non è più quello della Fiat, viaggia per conto proprio. E meno male.
Il presidente della Camera di Commercio Giovanni Acampora ha avuto il merito di chiedere subito un tavolo permanente, mentre il presidente del Consorzio industriale regionale ha immediatamente dato la sua disponibilità.
Il genio, il mastino e il fuoriclasse.
MATTEO RENZI
Il coraggio non gli manca e nemmeno l’intelligenza di saper andare controcorrente al momento giusto. Confindustria ha tributato (giustamente) una standing ovation da brividi a Mario Draghi, ma il presidente Carlo Bonomi non si è accontentato di questo. Ha voluto asfaltare la politica. Anzi, i politici.
Matteo Renzi ha risposto per le rime, ricordando che è la politica ad aver portato Draghi a Palazzo Chigi. Precisamente lui, che, con il 2% nei sondaggi, ha letteralmente sbaragliato Giuseppe Conte, i Cinque Stelle di Beppe Grillo, il Pd di Nicola Zingaretti e tanti altri. Riuscendo a buttare giù il Conte bis e a portare sulla poltrona di presidente del consiglio Mario Draghi.
Ogni tanto andrebbero ricordati anche i meriti politici di Matteo Renzi. Per onestà intellettuale soprattutto. Non lo fanno? Ci pensa lui.
Carro armato.
GIORGIA MELONI
A Milano la leader di Fratelli d’Italia si è presa piazza Duomo. E ha detto due cose che ne testimoniano la crescita come leader. La prima è che non gli interessa superare Matteo Salvini. La seconda è che il centrodestra non ha un leader in questo momento, perché è diviso tra chi sta al Governo e chi all’opposizione. E anche al proprio interno ci sono posizioni molto differenti su tematiche chiave.
Da un lato la Meloni ha voluto sottolineare che quella di Fratelli d’Italia non è una corsa sull’alleato, ma un’avanzata elettorale e politica per vincere e poi governare il Paese. In secondo luogo, se si crea un vuoto, va occupato. Da chi ha più voti e più forza politica. Cioè dai Fratelli d’Italia.
Io sono Giorgia.
FIASCHI
GRILLO-RAGGI
La vignetta satirica de Il Tempo è fenomenale: “Al mio segnale liberate i cinghiali”. Con la foto della sindaca Virginia Raggi vestita da gladiatrice. Come l’ha disegnata sul suo blog Beppe Grillo. Il quale naturalmente è stato subissato dalle critiche.
A Roma siamo nella parte finale della campagna elettorale ed è giusto che qualcuno provi a sostenere la Raggi. Dopo gli attacchi di Roberta Lombardi e gli smarcamenti goffi di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. (Leggi qui Lombardi affonda Raggi: “Roma l’ha governata lei”).
Però esiste anche una evidenza amministrativa, che parte dalle montagne dei rifiuti e arriva fino alle famiglie dei cinghiali in pieno centro che passeggiano come se dovessero andare al centro commerciale. Forse Grillo ha “fiutato” che gli autogol di Enrico Michetti possono aprire spazi per il ballottaggio, ma sinceramente c’è un limite.
Massimo Decimo Meridio era un eroe, seppure cinematografico. Virginia Raggi non sembra Wonder Woman.
Esagerati.
MATTEO SALVINI
Gli va dato atto di metterci sempre la faccia, anche nei momenti più complicati. E questo è uno dei periodi più difficili per il leader della Lega. (Leggi qui Il Capitano ci mette la faccia. Sul palco).
Costretto a giocare sulle assenze dei deputati in aula per cercare di far capire di voler combattere per mantenere la guida del Carroccio. Probabilmente il ministro per lo sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e i presidenti Luca Zaia (Veneto) e Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia) non hanno in animo di cercare la spallata in tempi brevi. Ma sul Green pass e su molto altro hanno voluto sconfessare platealmente la linea di Matteo Salvini. Qualcosa di simile successe quando Bobo Maroni subentrò a Umberto Bossi.
Certo è che il mito del Capitano, costruito negli anni, vacilla. Quello che sorprende è l’incapacità di cercare una mediazione preventiva con l’area governista della Lega, evidentemente maggioritaria in questo momento.
Non si vive di sola “guerra”.
ENRICO MICHETTI
Giorgia Meloni lo presentò come l’uomo che risolve i problemi. Probabilmente agli altri. Non certamente al centrodestra romano e nazionale, che aveva puntato tutto sul tribuno radiofonico. Perché conquistare il Campidoglio vuol dire mettere un’ipoteca sul governo del Paese.
Vittorie come quelle di Francesco Rutelli, Walter Veltroni, Gianni Alemanno e anche Virginia Raggi dicono questo. Poi però più di qualcosa si è inceppato. Michetti ha evitato i confronti con gli altri candidati, ha spesso ridotto i tour elettorali (fondamentali per la Meloni), ha stilato un programma ricco di evocazioni storiche ma povero di spunti di attualità per cercare di rilanciare la Città Eterna.
Fatto sta che da che era favorito per arrivare al ballottaggio, adesso dovrà sudarsela non poco. E se alla fine non dovesse vincere, poco da girarci intorno: sarebbe un flop che frenerebbe anche le ambizioni della destra di governo di Giorgia Meloni.
Re Mida alla rovescia.