Fischi e fiaschi della XIX settimana 2022

Fischi e fiaschi: i fatti centrali ed i protagonisti della XIX settimana 2022. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nei prossimi giorni

Fischi e fiaschi: i fatti centrali ed i protagonisti della XIX settimana 2022. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nei prossimi giorni.

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PIERPAOLA D’ALESSANDRO

Pierpaola D’Alessandro

Tre anni vissuti in prima linea: quella della lotta al Covid-19 combattuta dal fronte sanitario della provincia di Frosinone. La manager Pierpaola D’Alessandro lascia la direzione generale della Asl ciociara dopo avere vinto la battaglia contro la pandemia e quella per le vaccinazioni. Ma soprattutto dopo avere dimostrato che anche nel Lazio a sud di Roma e possibile fare sanità di eccellenza.

C’è riuscita vincendo da subito una battaglia: quella per passare dall’Io al Noi; è riuscita cioè a coinvolgere tutti nel suo progetto, condividendo la luce dei riflettori con tutto il personale che di volta in volta veniva mobilitato. È avvenuto sia quando è stato il momento di riorganizzare la rete ospedaliera ed i suoi servizi per affrontare la seconda, terza e quarta ondata di pandemia; sia quando è arrivato il momento di allestire dal nulla l’intera rete vaccinale con i suoi hub; sia quando è stata la fase del post emergenza ed è stato necessario recuperare il tempo perduto sul fronte di tutte le altre patologie.

Il tutto, in un territorio che ha impiegato poco a farsi riconoscere: commentando con la vignetta che raffigurava tre papere il fatto che Direttore Generale, Amministrativo e Sanitario fossero per la prima volta in Ciociaria tre donne.

Da lunedì prende servizio in Campidoglio come vicedirettore generale dei Servizi alla Persona e della Salute: è una delle tre macrostrutture dell’Organizzazione Amministrativa capitolina. Le altre due sono le aree Rifiuti e Trasporti. Pierpaola D’Alessandro seguirà dipartimenti strategici per Roma: la Salute, la Scuola, il Lavoro, le Politiche Sociali.

In Ciociaria lascia una Sanità di livello, fatta di eccellenze e che ora ragiona in termini di squadra come mai aveva fatto nel passato. È il suo successo più importante.

Meglio di New Amsterdam

DARIO NARDELLA

Antonio Pompeo e Dario Nardella

«Questo è il momento dell’Europa. Perché l’Europa è in ogni cantina di Bucha in Ucraina. Nessuno può dire ‘non mi riguarda, non ho competenza’ perché non è vero: la Commissione Europea mi ha chiamato dicendo ‘Sindaco abbiamo bisogno di voi, serve anche la vostra voce e la vostra azione’. Non dimenticate che quando Papa Francesco ha voluto discutere della sua enciclica sull’Ambiente la Laudato Sii non ha chiamato i ministri, non ha chiamato i premier ma ha voluto parlare con i sindaci perché siamo noi ad avere il contatto con i problemi concreti della gente”. Per quasi un’ora Dario Nardella, sindaco di Firenze ha parlato ai sindaci della provincia di Frosinone riuniti nel Palagio Badiale di Cassino.

Nessuno spazio per la retorica: solo concretezza, con un richiamo all’impegno al di là degli steccati. Dario Nardella ha dimostrato ancora una volta di avere lo standing politico per partecipare al rinnovamento di una classe politica nazionale ormai superata ed in affanno. Senza ambiguità e senza alcuna ricerca di convergenze parallele: al Movimento 5 Stelle ha chiesto chiarezza e decidere finalmente se vuole stare al governo o all’opposizione, al Governo ha chiesto scelte chiare e tempi certi.

Seppure con luce riflessa, il sindaco di Firenze ha illuminato il presidente della Provincia di Frosinone e sindaco di Ferentino (e presidente dell’Unione Province del Lazio) Antonio Pompeo. È stato lui ad invitarlo. E per non farne una mossa di parte ha avuto il buon gusto di invitare tutti i sindaci della provincia dando un taglio istituzionale ad un’iniziativa che comunque aggiunge altra luce alla corsa di Pompeo verso le prossime Regionali.

La forza dei sindaci.

MARIO DRAGHI

Mario Draghi e Joe Biden

L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato Maggiore della Difesa, sta disfacendo le valigie al termine di una serie d’incontri avuti al Pentagono, al Center for Strategic and International Studies, ed a Norfolk presso i comandi Nato Supreme Allied Command Transformation (Sact) e Joint Force Command Norfolk. Ha detto con chiarezza “Siamo pronti a prendere ulteriori impegni in tutti i campi, in quella che consideriamo una porzione importante delle aree di responsabilità alleate, ovvero la più ampia regione mediterranea“.

Nei fatti è stata l’appendice militare della visita compiuta nei giorni recedenti da Mario Draghi alla casa Bianca dove ha avuto un lungo colloquio con il presidente Joe Biden. Al ritorno, il premier italiano ha mandato il segnale che ha di fatto sbloccato i canali diplomatici con la Russia: ha detto che «C’è uno sforzo che tutti gli alleati devono fare. Biden deve chiamare Putin. I contatti devono essere intensificati a tutti i livelli. Occorre la capacità non di dimenticare, perché è impossibile, ma di guardare al futuro». Nelle ore successive c’è stata la chiamata tra i ministri della difesa di Usa e Russia: il primo concreto segnale di disgelo.

L’Italia sta tornando ad avere un ruolo internazionale: non lo aveva dai tempi di Andreotti e Craxi e forse nemmeno allora l’aveva avuto a questo livello. Mario Draghi ha restituito all’Italia la patente di affidabilità e di competenza che erano stati cancellati da decenni di cialtronismo maccheronico. Seguito oltretutto da improbabili ministri atterrati a Mosca come Totò e Peppino a Milano, con delegazioni che si sono fatte registrare mentre cercavano di fare la cresta sul gas.

A questa nuova credibilità deve fare seguito una classe politica finalmente adeguata: non ci sono margini alternativi.

I’ve a problem, call me Mario in Italy.

FLOP

FRANCESCO ZICCHIERI

Francesco Zicchieri (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Un gruppo non esiguo di ex militanti leghisti si è riunito sabato sera a Cassino per festeggiare con una lauta cena l’addio dell’onorevole Francesco Zicchieri alla Lega ed il suo passaggio al Gruppo Misto. Basterebbe già questo a descrivere il clima politico intorno al deputato di Terracina eletto a Montecitorio nel collegio di Frosinone.

In settimana si è dimesso da vice capogruppo del carroccio alla Camera ed ha annunciato l’uscita dal Partito. Mettendo in chiaro che le motivazioni non sono politiche ma personali: “Me ne vado per una questione di dignità. Sono deluso umanamente e per me viene prima il rapporto umano. Tra me e Matteo c’era un’amicizia che partiva da prima della candidatura. È quella fiducia umana ad essere venuta meno”.

Ma forse c’è dell’altro. Che fosse sulla via dell’uscita lo aveva detto nei mesi scorsi durante il banchetto seguito al battesimo della figlia dell’onorevole Francesca Gerardi. Ad alcuni dei commensali aveva rivelato che il suo rapporto con Matteo Salvini si fosse incrinato. In settimana ne ha avuto la conferma: quando è stato creato il nuovo dipartimento allo Sport e non è stato affidato a lui ma a Luigi Mastrangelo, ex campione di volley e candidato alle comunali di Cuneo.

Comprensibile l’amarezza. Non l’uscita dal Partito. Perché in politica viene sempre prima l’interesse del Partito e poi l’amarezza personale.

Me ne vado e buco il pallone.

ROBERTO DIPIAZZA

Ma stiamo scherzando? Una ha detto: ‘Mi hanno detto che ho un bel paio di gambe’ e mi sono sentita violentata’. Quando vediamo passare una bella ragazza, cosa pensiamo? Siamo maschi“. È bufera sulle parole pronunciate dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza alla trasmissione Ring dell’emittente televisiva locale TeleQuattro. Le ha pronunciate a proposito della polemica sul raduno degli Alpini a Rimini. Tre associazioni parlano di oltre 160 racconti di molestie subite e di “oltre 500 segnalazioni“. 

Il sindaco Di Piazza se l’è presa anche con chi ha denunciato gli episodi, parlando di “gentaglia. E nel timore di non essersi spiegato abbastanza ha aggiunto “Ma stiamo scherzando? Se le avessero detto ‘hai un bel cu..’, cosa avrebbe fatto allora? Viva gli Alpini! Viva gli Alpini! Ma poi è tutta gentaglia…“. Non basta? “La violenza è un’altra cosa. Si fanno degli apprezzamenti, è normale“.

Che il glorioso corpo degli Alpini non sia composto da una masnada di etilisti infoiati è una certezza. Sono uno dei più gloriosi corpi dell’Esercito Italiano: s’è riempito di gloria su ogni fronte. Le radunate sono un’altra cosa, composte da gente che quella divisa l’ha indossata. Fatta questa premessa: nulla, nemmeno se quegli ex alpini avessero compiuto la più eroica delle azioni, li autorizza a mettere in imbarazzo una signora. E più di ogni altra ragione per un motivo: non è da alpini.

Cercare di sminuire o giustificare non è da uomini, figurarsi se è da sindaci.

Maschio delle caverne.

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Continua ad oscillare tra protesta e proposta, tra governo e antigoverno, in una girandola cerchiobottista all’inseguimento del consenso perduto. Con l’effetto però di perderne altro ancora, settimana dopo settimana. (Leggi qui Sondaggio, la corsa Fdi prosegue e quella del Pd no).

Matteo Salvini ha concluso la settimana esprimendo il suo No all’ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato. Premesso che ogni opinione è legittima, cosa altro deve accadere per far comprendere che è in atto un riequilibrio degli ordini mondiali e che – dipendesse dallo zar – anche Svezia e Finlandia ma pure la Polonia farebbero la fine dell’Ucraina?

Che se non ci fossero state le armi e le tecnologie della Nato a contrastare l’invasione, oggi ci ritroveremmo con una minaccia armata nel giardino di casa.

Che la ricerca del consenso, fatta accarezzando la pancia e le paure degli elettori, non è da uomini di Stato ma chi è banalmente alla ricerca della conferma del posto.

Accecato dalle percentuali.