Cassino ritorna a galla: sospesa la consegna degli acquedotti ad Acea

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Come la Venere di Botticelli, il sindaco di Cassino Carlo Maria D’Alessandro risorge dalle acque di Acea nelle quali era affondato. Riemerge con tutta la ciccia, i boccoli, e soprattutto insieme alla sua strategia con cui impedire la consegna degli acquedotti cittadini al gestore idrico provinciale che finora si era rivelata un fallimento (leggi qui il precedente).

A riportarlo in superficie sono stati l’avvocato Massimo Di Sotto ed il Consiglio Di Stato che finora lo aveva silurato sulla linea di galleggiamento. Il salvagente con cui lo hanno tirato su fino all’otto settembre (poi si vedrà) è il decreto 03442/2016 REG.PROV.CAU N.008579/2015 REG.RIC.

In pratica è il provvedimento cautelare con il quale il giudice Stefano Fantini stabilisce che il Comune di Cassino non deve consegnare ad Acea le chiavi dei suoi acquedotti il primo settembre prossimo.

Con quel provvedimento, il Consigliere delegato della Quinta Sezione Giurisdizionale del Consiglio di Stato ha sospeso il verbale con cui commissario prefettizio Ernesto Raio trasferiva gli acquedotti cittadini ad Acea. E lo ha fatto nonostante sia lo stesso giudice che insieme ad altri due colleghi, solo poche settimane fa, aveva: disposto la nomina del Commissario per ottemperare alla consegna degli acquedotti; respinto di fatto il ricorso del Comune di Cassino per congelare nomina e consegna.

Allora perché adesso viene imposto lo stop.

L’avvocato Massimo Di Sotto, nominato dal sindaco Carlo Maria D’Alessandro, ha impugnato il verbale di trasferimento firmato dal vice prefetto Ernesto Raio il 2 agosto scorso, contestandolo in una decina di punti.

Il magistrato si è concentrato su uno soltanto di questi: «La non coincidenza tra il momento previsto della consegna (dal Comune al gestore) delle chiavi per l’accesso agli impianti (1 settembre 2016) e la data di efficacia del trasferimento (5 settembre 2016), con connesso rischio di disfunzioni del servizio idrico». Tradotto dal linguaggio giuridico significa che nella clausola 23 del verbale di consegna degli acquedotti, si stabilisce che il primo settembre 2016 il Comune di Cassino deve consegnare ad Acea le chiavi di accesso a tutti gli impianti idrici comunali. Poi, però, andando avanti, si legge che il trasferimento sarà efficace da lunedì 5 settembre.

E se si guastasse un impianto durante la giornata di venerdì 2 settembre? Ci si ritroverebbe con il paradosso che la proprietà è ancora comunale ma i tecnici non potrebbero entrare per fare la riparazione in quanto le chiavi sono state consegnate ad Acea.

Allora, il magistrato ha «ritenuto che tale situazione evidenzia, in ragione della essenzialità del servizio, elementi di gravità ed urgenza che giustificano la temporanea sospensione dell’efficacia del verbale del 2 agosto 2016, limitatamente all’ultimo punto della clausola 23, concernente la consegna delle chiavi necessarie per l’accesso in tutti gli impianti oggetto di trasferimento». Cioè: è ha sospeso il punto 23 del verbale (obbligo di consegna delle chiavi) mentre restano in piedi tutte le altre prescrizioni, tra cui la consegna degli elenchi con i dati dei 13mila utenti allacciati all’acquedotto comunale, la predisposizione di ogni atto necessario a trasferire ad Acea tutto il servizio.

E fino a quando è sospesa la consegna delle chiavi? Il decreto dice che «risulta già fissata all’8 settembre 2016 l’udienza per la trattazione collegiale in camera di consiglio». In pratica, tutto è congelato fino a quella data «così da consentire, senza pregiudizio, una disamina unitaria dei reclami e delle questioni relative all’ottemperanza nel corso della predetta udienza camerale».

Solo un banale rinvio per un cavillo formale? Questa volta no. Lo rivela un passaggio di poche parole. Per la prima volta si ammette «la complessità della vicenda processuale». Cosa ha esibito l’avvocato Massimo Di Sotto per far venire il dubbio alla V Sezione Giurisdizionale? Ha consegnato una serie di elaborati dai quali risulta che a) Cassino dagli anni Novanta alimenta l’Acquedotto Campano regalandogli le acque che scaturiscono dalle sorgenti del Gari; b) che Acqua Campania riconosce ai cittadini di Cassino un ‘ristoro’ per i disagi determinati da tutto questo; c) che quel ristoro consiste in 200 litri di acqua potabile pompata in una rete comunale che non fa parte dei beni da trasferire in quanto è una proprietà dei cittadini; d) che se gli impianti vengono passati ad Acea non può funzionare l’acquedotto alimentato con il ‘ristoro’; e) che esistono verbali finora mai esibiti ai giudici, con i quali risulta chiaramente che il Comune intendeva ottemperare alla sentenza di consegna degli impianti e stava contrattando con Acea o il mantenimento dei 200 litri/secondo o un equivalente sconto sulle future bollette Acea facendo in modo che gli utenti Cassinati pagassero molto meno rispetto alle tariffe applicate nel resto della provincia; f) che nel corso della trattativa con cui definire questo punto e poter arrivare all’ottemperanza della consegna, Acea ha presentato il ricorso al Tar e poi al Consiglio di Stato.

Se resterà a galla o meno lo si saprà solo nell’udienza dell’otto settembre. Per il momento Carlo Maria D’Alessandro, come una Venere di Botticelli, panza e boccoli compresi, si gode la tregua.