Quel Frosinone che gioca sentendosi a casa (di E. Ferazzoli)

È un Frosinone che si è scrollato di dosso i fantasmi. Che scende in campo a viso aperto contro una delle protagoniste. E mette in luce il carattere: il risultato contro la Roma rischiava di generare nuovi incubi. Ora invece è arrivato il momento di giocare sentendosi a casa

Elisa Ferazzoli

Giornalista in fase di definizione

Sei sceso in campo a viso aperto per giocare la tua partita. Con la concentrazione di chi non può permettersi di tornare a casa a mani vuote, con la leggerezza di chi ha smesso di giustificare se stesso di fronte all’intera platea calcistica italiana, con la forza di chi ora pretende punti e risultati.

Digerire la sconfitta con i giallorossi al fotofinish non è stato semplice. C’è stato da ragionare sui propri errori. Sai che contro la Roma hai pagato a caro prezzo il limite psicologico di non esserti “accontentato” , di aver fatto prevalere istinto ed entusiasmo a discapito di una gestione degli ultimi minuti di gara più “furba e smaliziata”. Per la prima volta da inizio campionato ti sei sentito alla pari contro uno degli avversari più forti del campionato. Un atteggiamento liberatorio, indispensabile per affrontare la corsa salvezza ma penalizzante se non amministrato con intelligenza e concretezza.

Sei tornato in campo una settimana dopo senza esserti portato appresso la paura e la delusione del punto perso al Benito Stirpe. Hai ripreso a lottare. Ancora una volta hai agito con superficialità quando al 34’ sei rimasto in 10 per un fallo di Cassata –  già ammonito – che entra inutilmente in ritardo su Biraschi, rimediando perfino il rosso diretto.

Una leggerezza che avrebbe potuto compromettere la gara ma così non è stato. Ed è questa la vera prodezza vista al Marassi.

Non venire sopraffatti dai propri limiti ma essere in grado di riconoscerli e giocare di conseguenza.

Lo 0-0 contro il Genoa ha il merito di aver visto nel Frosinone una squadra capace di giocare con lucidità, coesione ed intelligenza nonostante l’inferiorità numerica, nonostante l’assedio dei padroni di casa; una squadra flessibile, in grado di riorganizzarsi di fronte ad una condizione inaspettata di avversità.

Si pensa sempre che una gara finita a reti inviolate non sia stata in grado di regalare forti sussulti. Eppure la gara contro il Genoa è stata un’emozione impagabile e rassicurante. E per molti, ha senza dubbio segnato il riscatto di fronte alle numerose critiche ricevute da inizio campionato.

Genoa-Frosinone è un Bartosz Salamon migliore in campo; un giocatore venuto fuori nel girone di ritorno un’incornata dopo l’altra. E forse la sicurezza che oggi restituisce ai chi lo guarda dagli spalti ha molto a che vedere con un inedito rapporto di fiducia reciproca, necessario a chiunque per non soccombere alla paura di sbagliare ogni singolo intervento.

È Cristian Molinaro, ancora una volta perfetto e decisivo in fase difensiva, meraviglioso nel pennellare quel cross in area per Pinamonti, che non inquadra lo specchio della porta.

È Luca Paganini che gioca per 94’, che corre per 94’, che crea, che sbuccia una traversa (anche se l’azione era viziata da un fuorigioco), che torna dopo mesi di infortunio. Un Luca Paganini che c’è con tutta la sua vivacità, freschezza e carica offensiva. Finalmente.

Genoa-Frosinone è sapere che nelle 24 ore che hanno preceduto la gara, lo Stirpe ha visto il ritorno in campo con la Primavera di Federico Dionisi, sua la rete del 2-0. Per lui 90’ giocati, un pallonetto e l’auspicio che torni al più presto a gonfiare le reti della serie A.

Perché in questo momento il Frosinone ha bisogno di tutti i suoi uomini. Ha bisogno dei nuovi e del valore aggiunto che può offrire chi l’ha reso grande. Mirko Gori compreso.

Perché questo è il momento di riempire il Benito Stirpe. È il momento di dare la possibilità a chi tifa il Frosinone, alle famiglie che tifano il Frosinone di tornare allo stadio.

Perché l’Effetto Matusa non può e non deve rimanere uno sbiadito ricordo. Perché gran parte di quel “super potere” stava nella sensazione di essere circondati, senza via di scampo, quasi asfissiati dai decibel e dai colori giallazzurri.

Perché per vincere in casa per la prima volta, quel Frosinone in campo ha bisogno di alzare lo sguardo, di tornare a sentirsi protetto ed invincibile, di tornare a sentirsi a casa.