Gentiloni sposta l’asse nel Pd: «Il no al M5S non era indispensabile»

Il premier prende le distanze da Matteo Renzi. Lo ha fatto dallo stesso set tv dal quale l'ex presidente del Consiglio aveva mandato in fibrillazione il Partito nei giorni scorsi. Cosa potrebbe cambiare nella corsa per la Segreteria

Paolo Gentiloni ribalta gli equilibri nel Pd. Sposta l’asse che lo univa a Matteo Renzi. Si schiera al fianco del reggente Maurizio Martina. E cambia lo scenario sul quale si prepara a recitare un ruolo anche Nicola Zingaretti.

Il premier mischia le carte usando lo stesso set utilizzato da Renzi per mandare in crisi il Pd. Quello di Che Tempo che Fa su RaiTre dal quale Renzi aveva rilasciato nei giorni scorsi la micidiale intervista che aveva messo Martina all’angolo, dettato la linea al Partito, riportato se stesso al centro della scena nonostante avesse detto di non essere più il Segretario. (leggi qui Zingaretti contro Renzi: «Non può consumare il Pd in questo modo»)

Questa sera l’ospite è stato Paolo Gentiloni. Ora è toccato a lui lanciare i messaggi. A Renzi ed al Pd. Il primo: ha sbagliato il Pd a dire “tocca a loro” e opporre un “gran rifiuto” al dialogo con M5s. E poi: un’intesa di governo non era “realistica“, ma andare al tavolo “avrebbe messo a nudo le contraddizioni” del Movimento Cinque stelle.

In pratica, il presidente del Consiglio in prorogatio ha preso le distanze dal suo predecessore e dalle sue scelte. Soprattutto, nella partita interna al Pd si è spostato sulla casella accanto a Maurizio Martina: «Dobbiamo dargli un po’ di tempo e una mano al suo impegno per l’unità».

L’iniziativa di Nicola Zingaretti sabato all’ex Dogana è stato uno squillo di tromba. (leggi qui La sfida di Zingaretti per un buon Governo e qui La tela di Zingaretti per scalare il Pd) Ha avuto il merito di svegliare il Pd dal suo torpore.

Paolo Gentiloni tocca i temi messi a nudo dal Governatore del Lazio. «Abbiamo preso due sberle, al referendum e alle politiche, ed è allarmante che non ci siamo chiesti il perché». E ancora «Quando la sconfitta è cosi’ bruciante non è colpa solo di Matteo Renzi ma coinvolge tutti i dirigenti a iniziare da me»

Sembra l’inizio di un esame di coscienza: quello che al Pd è mancato. Quello che il Partito ha schivato scaricando in modo generico ogni colpa sugli elettori.

L’impressione è che anche Gentiloni stia iniziando ad entrare nella lunghezza d’onda del ministro Carlo Calenda e del sindaco di Milano Beppe Sala per una gestione collegiale del del Partito. E ripartire da lì. Che significa evitare lo scontro all’ultimo sangue in Assemblea per definire il nome del nuovo Segretario, rallentare la corsa verso il Congresso straordinario.

In trasmissione viene ipotizzato lo scenario di un governo M5s-Lega. In quel caso, Paolo Gentiloni sostiene che si dovrà «costruire una coalizione ampia di centrosinistra, dai moderati alla sinistra combattiva».

È qui che avviene lo spostamento dell’asse. Mentre Matteo Renzi e Matteo Orfini, rivendicano la scelta di aver chiuso al M5S, il presidente in carica avverte su tutti i pericoli di quello che definisce l’esecutivo “incognita” tra grillini e leghisti. Sarebbe un esecutivo “legittimo“, afferma, ma se sui mercati non c’è turbolenza è indice di «attesa, non di fiducia». I conti adesso sono in ordine ma, avverte, «ci vuole un attimo per finire fuori strada».

Gentiloni non svela se sarebbe in campo da candidato premier in caso di ritorno al voto. Ma a Luigi Di Maio che chiede, in caso di voto, di lasciare Gentiloni a Palazzo Chigi, replica che sarebbe “un problema” governare senza fiducia: «Preferirei non proseguire ma se me lo chiede Mattarella…».

Piuttosto, l’invito al Pd è sostenere con responsabilità il tentativo del capo dello Stato e valutare la sua proposta, anche se la votasse solo il centrodestra. «Dire No a Mattarella e’ dire No al Paese», è il messaggio a tutti i partiti.

La delegazione Pd si vedra’ al Nazareno domattina, prima di salire al Quirinale. Fuori dalla partita e pronti a sostenere Mattarella con il via libera a un governo “di responsabilità“, i Dem continuano a sperare di evitare il ritorno alle urne.

La nascita di un governo senza il Pd aprirebbe la strada all’assemblea del Partito, per eleggere un nuovo segretario (Maurizio Martina è in corsa e Renzi vorrebbe sfidarlo con un nome come Lorenzo Guerini) e potrebbe rinviare invece la data del congresso, anche considerato che contro il candidato in pectore della minoranza, Nicola Zingaretti, il fronte renziano non ha un nome. In campo c’e’ il renziano ‘non ortodosso’ Matteo Richetti, ma a Renzi dice: «Il tuo campionato non e’ il prossimo», e lo invita a tenersi fuori dalla partita.

Ora però le parole di Gentiloni hanno rimescolato le carte: con il premier in campo al fianco di Martina, gli equilibri potrebbero cambiare.

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