‘Gli capestazione’ ed i tanti chilometri a piedi evitati (di F. Dumano)

Foto: copyright Archivio Piero Albery

C'erano una volta le stazioni dei rami secchi. Che però erano indispensabili ai ragazzi ed ai pendolari. Difficile raggiungerle, avventuroso viaggiarci. E se poi si perdeva la coincidenza con la corriera Postale ti salvava lui: 'gli capestazione'

Fausta Dumano

Scrittrice e insegnante detta "Insognata"

Ricordi in bianco e nero… sicuramente è festa, la location è la piazza, il salotto dal lato della statua di Gaio Mario. In camicia bianca, vicino al palo, c’è un signore… è il capostazione: Mauro, credo il nome, di certo il cognome Martino. Nella poesia del dialetto arpinate gli capestazione.

Anche lui ha scritto la storia di quegli anni. Ad Arpino ci sta una stazione proprio piccolina, due binari: le linee Avezzano e Cassino. La prima avventura è arrivarci, la seconda è ritornare in the city e il capostazione ha un suo ruolo. I coraggiosi andavano a piedi per un tratturo che passa vicino alla cosiddetta ”tomba di Saturno” che meriterebbe di essere valorizzata.

Supponiamo che sei stato fortunato ed hai trovato la mitica postale o corriera per scendere. Supponiamo che la meta sia Roma: un viaggio nel viaggio. Roma è a nord ma tu prima vai verso sud: treno per Cassino, poi scendi a Roccasecca e prendi il famoso treno per Roma che è un altro viaggio.

Nella linea verso  Roccasecca attraversi stazioni suggestive: Fontana Liri, Rocca d’Arce… Da poco ad Arce hanno aperto un interessante museo della ferrovia. Sono delle stazioni poco frequentante, li chiamano i rami secchi, ogni tanto le chiudono.

Arpino – Roma in treno era, ricordi in bianco e nero, un viaggio da pionieri romantici. Un sistema più veloce era arrivare alla stazione di Frosinone.

Il viaggio da Arpino a Roma era avventuroso, ma ancora di più era il ritorno. Supponiamo che arrivassi quando l’ultima Postale era partita… no cellulari, no party… La cabina a gettoni era spesso fuori servizio o maledizione trovare il gettone era cercare ”Maria per Roma”.

Gli capestazione… era l’unica certezza per tornare in Patria. Quando finiva il turno traghettava gli smarriti in piazza. A lui debbo tanti chilometri risparmiati a piedi.

Ricordi in bianco e nero: quei viaggi avevano il fascino di odori, nelle valigie degli studenti fuorisede esplodevano il pane casareccio, le salsicce, il formaggio… Vuoi mettere tu gli spinaci congelati, la bieta e mangiare alla mensa universitaria?

Ricordi in bianco e nero… Confessate: ancora oggi nei trolley traghettate in Capitale il pane del forno arpinate.