Gli indifferenti e la colata di cemento

È l'indifferenza a dominare queste elezioni Regionali. Gli elettori sembrano assuefatti alle promesse. Al punto da non ascoltarle più. Anche perché ci sono candidati che nemmeno promettono: perché non conoscono i problemi del territorio. Ma ormai gli elettori sono indifferenti

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

La libertà…” cantava Giorgio Gaber. In un brano che è rimasto nella storia, anche della cultura politica. “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, Libertà è partecipazione”.

Ed il concetto di libertà è uno dei più dibattuti dell’epoca moderna. Da quando la si considerava in termini strettamente interpersonali ad oggi dove eccetto qualche sparuta eccezione è una conquista assodata nelle democrazie di tutto il mondo. Talmente conclamata che il dibattito si è spostato sul fatto se questa asserita libertà sia di fatto presunta od effettiva e non sia solo un’apparenza.

Per paradosso se dovessimo considerarla alla Gaber (o forse sarebbe meglio dirla alla Gramsci) e misurarla con il senso di partecipazione, per possibilità di partecipare saremmo certamente super liberi e pieni di opportunità. Ma se valutassimo l’effettiva partecipazione, il reale coinvolgimento nei processi decisionali della società che ci circonda forse le cose suonerebbero diverse.

Il detto ed il non detto

Ci riflettevo nei giorni scorsi leggendo i due straordinari articoli che sulla nostra testata hanno pubblicato il Direttore Alessio Porcu e Lidano Grassucci dai titoli Quello che i candidati non dicono e La politica di ora. In tempi lunghi saremo tutti morti. Due piccoli capolavori in cui guardare in controluce lo spaccato attuale. In cui si capisce chiaramente che la campagna elettorale Regionale che viviamo è una non campagna elettorale. Fatta di assenza più che di presenze, di vuoti più che di pieni. Come tutte quelle degli ultimi anni, sempre di più.

Dove non c’è più il “detto”, sostiene Alessio Porcu, ma anche il detto paradossalmente diventa un “non detto” ribatte Lidano Grassucci. Un mantra sempre uguale. Eppure nessuno protesta, se ne lamenta o forse se ne accorge, tranne qualche bagliore intellettuale come quelli appena citati.

È perché su questo trionfo di apparente libertà e seducente partecipazione è tornato ad aleggiare il nobile e distaccato concetto di indifferenza. Il politico non parla dei temi che ci interessano? Non fa niente. Tratta degli argomenti che ci stanno a cuore ma non da mai una vera risposta? Non fa niente. Non reagiamo. Osserviamo forse anche giudichiamo ma così lievemente ecco quasi con indifferenza.

Antonio Gramsci

Allora non poteva non tornare in mente un libro mai così attuale come “Odio gli indifferenti” di Antonio Gramsci. Tra l’altro in questi giorni di ricordo e di memoria più che mai risuonano pregnanti le sue parole:

Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare.

Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica.

L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.

Fantastico no? Opera potentemente ma passivamente. Ma opera. Ed è così che l’indifferenza ammanta di se tutto. Copre, avvolge e fa desistere.

La finzione pura dei social

Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica

Oggi l’unico luogo di conflitto sono i social. Finzione pura. Pensi di aver ruggito come un leone ma il tuo giudizio viene rapidamente archiviato in un algoritmo non sortisce mai nessun effetto concreto. Diventi rapidamente un numero in uno schema, ma tu sei convinto di aver inciso. Spesso i leoni da tastiera non usano neanche il loro nome ma pseudonimi che non fanno altro che alimentare l’indifferenza. Come si può infatti parteggiare per qualcuno che non esiste.

Ed è la stessa indifferenza il brodo di coltura di questa omologazione generale dove destra è uguale a sinistra. E la propria opinione viene preformata dal mainstream. Così scegliere non è più un esercizio autonomo ma eterodiretto ed in fondo non da neanche fastidio perché l’uno vale l’altro.

Vogliamo fare un piccolo esercizio? Scegliamo insieme quale candidato alle Regionali preferiamo ad esempio tra Francesco Rocca e Alessio D’Amato. Cosa ci condiziona: l’età? È simile. Il sesso? È lo stesso. La professionalità? Operano nello stesso campo. La simpatia? Sono due mufloni. La bellezza? Due “adoni”. Cultura?due capoccioni. Eloquenza? Entrambe due grammofoni.

Allora visto che sul maschio caucasico di mezza età si arenano le possibilità di scelta tu speri ardentemente di poter scegliere leggendo il programma. E qui hai l’amara sorpresa per tornare ad Alessio e Lidano. Scopri abbastanza rapidamente che il programma è il festival del non detto per entrambe e che si torna ai soliti ed estenuanti mantra fatti di frasi il meno impegnative ed il più generaliste possibile.

Insomma per esempio l’annosa questione dell’ospedale chiuso di Anagni qualcuno ci ha detto quali sono le posizioni in campo? Indifferenza. E Alatri? Si avvia a fare la fine di Anagni o l’ospedale sarà salvato. Ma allargando la vista cosa dire di Frosinone e Cassino citati nelle statistiche come brillanti ma che quotidianamente vivono drammi sanitari a ripetizione con gente stesa per giorni nei corridoi.

Cenni di tutto questo nei programmi dei candidati? Zero. Eppure si considerano e sono due esperti di sanità. Ma noi ci adiriamo protestiamo? No indifferenza.

Nemmeno sanno che si vota

Ma forse siamo andati addirittura troppo avanti forse. Dovevamo dire prima che buona fetta dell’elettorato nemmeno si è accorto che si vota per la Regione. Pubblicità sparute, dibattiti zero, tabelloni elettorali tristemente vuoti. Nessuna delle antiche liturgie elettorali trova più spazio nelle campagne moderne. Risultato: meno partecipazione al voto meno capacità di scelta zero influenza. Andiamo verso il modello americano dove praticamente non vota più nessuno ed il popolo non è più il vero centro decisionale.

Ecco le elezioni oggi non sono più un vero confronto una partecipazione ma una colata di cemento sulle idee, sul dibattito. Non lo sentite il cemento scendervi addosso fluido, come va di moda adesso, viscoso. Non lo sentite come morbidamente vi immobilizza ma gentilmente prima suadente morbido pastoso fino a che non inizierà a tirare a solidificare per bloccarvi definitivamente.

Resteremo cementati nell’indifferenza, il cemento sarà il motivo conduttore.

Il Polo Logistico

A proposito di cemento. L’altro giorno il sindaco in scadenza della città in cui vivo dopo averci pensato strenuamente per quasi cinque anni ha partorito un progetto straordinario. È andato in conferenza dei capigruppo esordendo come Cetto Laqualunque: “ho fatto una pensata geniale”: Prendere un polmone verde di duecento ettari all ex polveriera regalarlo a costo zero a dei privati e cementificarlo per più di cento ettari. Nonostante la zona industriale esistente sia utilizzata neanche al cinquanta per cento delle possibilità. Dimenticavo però in cambio ci fanno una pista per le biciclette. Fantastico. Tutto questo in ossequio al noto adagio siciliano: “Più lunga è la pensata più grossa è la minchiata”. (Leggi qui: Armi di distrazione nell’ex Polveriera).

Ma Cetto Laqualunque opporrebbe “eh progetti da miliardi di posti di lavoro, miliardi e miliardi”. Basterebbe sviluppare una semplice considerazione che i posti di lavoro sono una cosa concreta reale, e non si creano con la fantasia con l’invenzione di chi fa a gara a spararla più grossa con sospetta coincidenza con l’approssimarsi delle elezioni.

Anche qui allora tanta indifferenza. E calza perfettamente citare Lidano: “Siamo al pappagallismo delle promesse, faremo ogni cosa per non fare nulla. La politica vera torni alla vita vera e sogni sogni possibili non ripeta lo stesso sogno all’infinito che diventa un incubo”. E qui agli incubi siamo finiti. O per tornare ad Alessio in questo caso ciò che è stato detto era meglio che fosse stato non detto. Sarebbe stato più dignitoso.

Gli elettori indifferenti

A proposito lo sapevate che il cemento armato non è eterno? Se ne calcola una durata efficiente solo di cinquant’anni. Poi tornerà a fine vita come sua natura ad essere demolito per fare spazio a qualcosa di nuovo. E ciò che oggi sembra scintillante e apparentemente solido  sarà calcinacci, macerie, rovine.

Ed allora servirà l’insegnamento di Julius Evola, agli antipodi di Gramsci ma altrettanto efficace. Che scriveva nel magnifico libro “Gli uomini e le rovine”: “Si lascino pure gli uomini del tempo nostro parlare, con maggiore o minore sufficienza e improntitudine, di anacronismo e di antistoria. Li si lascino alle loro “verità” e ad un’unica cosa si badi: a tenersi in piedi in un mondo di rovine”.

Ecco e noi a questo baderemo a restare in piedi in un mondo di rovine così che potremo opporci con tutta la forza di cui siamo capaci alle cementificazioni. Sia quelle materiali che quelle intellettuali.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright