Grande Capoluogo, la missione possibile di Giovanni Turriziani

Lo scoglio più difficile resta sempre quello della difficoltà dei Comuni a cedere porzioni della loro sovranità, ma nessuno avrebbe pensato che i primi passi sarebbero stati compiuti. E adesso il numero uno di Unindustria Frosinone può coltivare un cauto ottimismo.

Uno come Giovanni Turriziani sa benissimo che quando riceve condivisioni e aperture, i motivi possono essere almeno tre. La “captatio benevolentiae” innanzitutto, la volontà cioè di avere la “benevolenza” del numero uno di Unindustria Frosinone. Poi il garbo istituzionale tra esponenti di enti e associazioni importanti. Quindi la convinzione che il progetto sia giusto.

Per quanto riguarda il progetto del Grande Capoluogo (leggi qui Frosinone, voglia di Città Metropolitana) nessuno può negare che sia lungimirante. Può non piacere: perché si vuole restare attaccati al piccolo Comune di oggi; può appassionare perché si sceglie di puntare sulle concrete possibilità di crescita e sviluppo che contiene. Stai ai singoli territori decidere. Un dato però è incontrovertibile: soltanto con una realtà di 150.000 abitanti si può pensare di essere competitivi quando ci si siede ai tavoli nazionali o regionali per ottenere finanziamenti o per avere il via libera a progetti o a proposte che riguardano infrastrutture, piani ambientali e via di questo passo. L’Unione proposta da Unindustria va in questa direzione.

Poi ognuno chiami il progetto come vuole: Grande Capoluogo, oppure Frosinone città grande e altre definizioni ancora. Ma resta quello che è: una federazione di Comuni per la gestione associata dei loro servizi, ognuno organizza anche per gli altri il settore di sua competenza, un super Comune di secondo grado con presidente, Giunta e Consiglio. Che salvaguarda l’identità e l’autonomia dei singoli Comuni

Giovanni Turriziani dice: “Non è importante il nome, è importante il contenuto. Il progetto riguarda tutta la politica ed anche tutta la società civile e ha un senso se prima, al di là dei perimetri amministrativi, ci sentiamo innanzitutto una comunità di persone”.

E fa riferimento alla condivisione del progetto con gli ordini professionali, le associazioni datoriali, la Diocesi, i sindacati, le associazioni culturali. “Tutti appassionati senza riserve all’idea di una visione più grande del futuro”, scrive Giovanni Turriziani.

Alla fine però il punto resta sempre il solito: i sindaci rinunceranno a porzioni importanti della loro sovranità per una proposta comune? Nicola Ottaviani, Antonio Pompeo, Gianfranco Barletta, Roberto Caligiore, Giuseppe Morini lo faranno?

Indubbiamente ci sarebbe bisogno di un piano unitario per il contrasto dell’inquinamento da polveri sottili. Indubbiamente gestire con un bacino di 150.000 persone servizi come il trasporto pubblico locale darebbe una dimensione diversa e più funzionale. Si potrebbe perfino pensare di alzare la voce sul rilancio dell’area industriale, sulla pianificazione di riconversioni di siti dismessi, sul necessario accorciamento dei tempi per ottenere un’autorizzazione ambientale.

Ma la storia di questo Paese e della provincia di Frosinone dice il contrario. Dice che ogni Comune difende il suo campanile. Fra l’altro oggi è ancora più difficile considerando che le cariche di sindaco, assessore e consigliere comunale sono tra pochissime alla portata di una classe politica locale tagliata fuori dalle decisioni che contano davvero.

Con la dichiarazione rilasciata nelle ore scorse, Giovanni Turriziani dice che nonostante questi andrà avanti. Con una visione semplice e chiara: un’area vasta, una federazione tra più Comuni confinanti.

Alcuni segnali sono arrivati, da Supino a Frosinone. E da Alatri. Ma il cammino è lungo. Però nessuno avrebbe davvero scommesso che sarebbero stati compiuti i primi passi.