Liberi e Uguali ha rischiato la rottura sulle alleanze per le regionali in Lazio e Lombardia. La lunga mediazione di Pietro Grasso. Si a Zingaretti e no a Gori in Lombardia. Ma manca la ratifica.
Fumata né nera, né bianca. Ma grigia. Liberi e Uguali (la formazione politica che si è riunita intorno al presidente del Senato Pietro Grasso) ha rischiato la spaccatura. Le alleanze da tenere alle Regionali del Lazio e della Lombardia hanno creato più di qualche colica al movimento neonato e ancora nella culla.
La discussione è proseguita per giorni, con un’unica variazione: la sede dove venivano pronunciati i niet. Una volta in quella di via Zanardelli dove c’è il quartier generale di Mdp ed una volta in via Arenula dove ha casa Sinistra italiana.
C’è voluta tutta la pazienza di Pietro Grasso ieri sera per far uscire una fumata dal camino. Anche se né bianca né nera. Al termine dell’ennesima riunione fiume e dei soliti veti contrapposti, la soluzione prospettata dal presidente del Senato è: si all’alleanza con Nicola Zingaretti nel Lazio, no per il momento all’accordo con Giorgio Gori in Lombardia. Non è ancora ufficiale: bisognerà aspettare l’assemblea programmatica di oggi.
Le coliche sono state così forti che per un certo punto della discussione si è temuto di dover rispolverare dagli archivi la Politica dei Due Forni: Liberi e Uguali si ritira dal campo e non schiera il simbolo; Mdp scende in campo in appoggio al centrosinistra; Possibile e Sinistra Italiana invece schierati in maniera autonoma contro il centrodestra e pure contro il Pd.
Ad evitarlo è stato il compromesso proposto dal presidente Grasso. È convinto che l’accordo con il Pd per le Regionali del Lazio sia la strategia giusta per costruire adesso il dopo elezioni. Ne è convinto anche Roberto Speranza. Opinione opposta per quella che viene considerata l’ala movimentista e antagonista. Al punto che Pippo Civati, di fronte all’ipotesi di appoggiare il Pd, ha domandato: «A Questo punto perché non andiamo direttamente alle politiche con il Pd di Renzi?».