Grillo a Di Maio: te lo do io Zingaretti. E anche Che Guevara

Foto © Imagoeconomica

Il fondatore ha blindato il capo politico obbligandolo a virare a sinistra. Ecco perché si parla di un nuovo patto del Movimento Cinque Stelle con il Pd. In realtà la mission è quella di “resistere” nel Palazzo per non essere spazzati via nelle urne. Frusone e Segneri precursori nell’incontro con De Angelis.

Perché, dopo averlo costretto a ingoiare i rospi del “non ritorno” verso Matteo Salvini, dell’accettazione del Governo Conte bis e dell’alleanza giallorossa, adesso Beppe Grillo ha blindato Luigi Di Maio, capo politico del Movimento Cinque Stelle?

Non occorre un premio Nobel per la Fisica e neppure un politico dell’intelligenza di Giulio Andreotti. In realtà nel Movimento Cinque Stelle sempre più agonizzante sul piano elettorale e politico la strada è obbligata: Grillo blinda Di Maio, che però si impegna a virare a sinistra. Magari indossando anche la maglietta di Che Guevara o Fidel Castro nelle missioni da ministro degli esteri.

Beppe Grillo e Nicola Zingaretti

Non a caso il segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti aveva chiesto espressamente l’intervento di Beppe Grillo. Che è arrivato. (leggi qui Zingaretti chiama Grillo, maggioranza giallorossa al capolinea).

Infatti il fondatore ha dato dei comici ai giornalisti che gli chiedevano di sostituire Luigi Di Maio. Il quale a sua volta ha detto che dopo di lui ci sarebbe potuto essere soltanto Alessandro Di Battista.

La strategia è semplice, chiara e tutta di Palazzo: resistere, resistere, resistere. Al Governo del Paese, con una pattuglia numericamente forte di parlamentari, eletti il 4 marzo 2018, quando i Cinque Stelle erano al 34%. Non al 17% delle Europee o al 7% dell’Umbria. Per fare questo non c’è altro modo che blindare anche il Governo con un nuovo patto tra Cinque Stelle e Pd.

In questi primi 100 giorni l’azione dell’esecutivo è stata deludente, mentre sul piano politico le liti quotidiane hanno ulteriormente portato foraggio nei granai della Lega di Matteo Salvini e dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Nicola Zingaretti sa perfettamente che l’Emilia Romagna è la sua linea del Piave. L’entrata di scena delle “sardine” gli ha dato un mano, ma quel movimento, come ha ricordato la Meloni, si ispira (o è ispirato) a Romano Prodi. Non è un movimento di Partito, ma comunque si colloca nel centrosinistra. In ogni caso l’esito delle Regionali dell’Emilia Romagna potrebbe comunque non determinare il futuro del Governo. Specialmente se finirà in volata. Il fatto stesso che il centrodestra a trazione salviniana se la giochi con il Pd in quella Regione è un segnale di allarme per l’intero centrosinistra.

Beppe Grillo © Imagoeconomica, Stefano Scarpiello

Zingaretti non esclude elezioni politiche anticipate, ma vorrebbe più tempo per prepararle. L’unica strada era l’intervento di Grillo. Adesso i Cinque Stelle vireranno a sinistra e probabilmente ci saranno ulteriori fibrillazioni e fratture. Ma è così. Sul piano provinciale Luca Frusone e Ilaria Fontana saranno considerati dei precursori, visto che hanno incontrato Francesco De Angelis prima del cambio di rotta. Ma in realtà sul piano locale i Cinque Stelle non si vedono.