Fine di un mito, chiude l’Hotel Castello Miramare: il luogo da favola nato da un grande dolore

Un dolore troppo grande ed il bisogno di concentrarsi sul lavoro. Da lì nacque una delle perle nazionali dell'accoglienza: l'Hotel Castello Miramare chiude dopo 44 anni. Nel silenzio della politica.

Se fosse un film, gli elementi necessari per la scena finale ci sarebbero tutti: il mare, il castello a due passi, la scritta The End.

Ancora poche ore. Poi la parola Fine apparirà sull’Hotel Castello Miramare di Formia e la sua storia lunga 44 anni.

Il 31 ottobre 2018 è l’ultimo giorno di servizio per questa struttura dalle forme che rievocano un castello medioevale, innestato sulla collina di Balze di Pagnano a Formia dalla quale è possibile ammirare l’intero Golfo di Gaeta con le isole pontine e campane sullo sfondo. Anche per quella vista, in questi 44 anni centinaia di coppie lo hanno scelto per festeggiare il loro matrimonio.

 

La storia

Il “Castello” racconta l’epopea di Formia. A partire dagli anni che precedettero la Seconda Guerra Mondiale.

Nel 1924 Allerame Baldoni, facoltoso rappresentante dell’alta borghesia umbra, amante della città e in particolare delle sue stupende colline che si affacciano sul mare del Golfo, acquistò alcuni appezzamenti di terreno in località Pagnano, a trecento metri in linea d’aria dall’appena inaugurata stazione ferroviaria lungo la tratta ferrata Roma-Napoli.

Nonostante la natura rocciosa del terreno, Baldoni riuscì a costruire un castello completamente edificato in pietra di travertino martellata. Tutto il materiale fu trasportato a dorso di mulo sulla collina, e la mano d’opera fu garantita da operai provenienti dalla frazione di Trivio. Mentre per l’esecuzione di lavori particolari – si racconta – fabbri e scalpellini furono “prelevati” dalla loro regione d’origine, la Puglia, per non farvi più ritorno.

 

Arrivò la guerra e con essa i devastanti bombardamenti alleati nel maggio 1944 direttamente da quel mare “che si tocca con un dito”. Sarà stato pure un miracolo ma quella struttura visibile da decine di chilometri fu l’unica ad essere risparmiata dalle bombe anglo-americane.

Nell’immediato dopoguerra questo grosso edificio fu utilizzato come collegio scolastico – ospitava l’istituto San Giuseppe – sino a diventare, nei primi anni Settanta, un ricovero di capre e pecore a beneficio di alcuni pastori del sottostante quartiere di Castellone “tra rovi e ortiche, tra cicale e grilli”.

 

Il pioniere Celletti

Di questo luogo s’innamorò Angelo Celletti, il pioniere della ristorazione e della ricettività formiana. Ma toscano d’origine. Aveva rilanciato negli anni precedenti l’ex dimora estiva della regina d’Italia Elena di Savoia, il Grande Albergo Miramare (il testimone ben saldo è da anni in mano ad Antonio Cellletti), ed il vicino hotel Il Fagiano.

Ad Angelo Celletti nel 1972 era mancata la sua secondogenita, Maria Luisa, scomparsa in pochi mesi dopo una vana lotta contro un male incurabile. Un dolore troppo grande.

Celletti non adorava più frequentare i viali dove s’incrociavano, in qualsiasi ora del giorno illustri che hanno fatto la storia del XX Secolo, nella politica, nello sport, nel mondo dello spettacolo e del costume. Formia veniva frequentata da nomi roboanti: Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi, Re Farouk d’Egitto, Re Alberto II del Belgio, il principe Amedeo di Savoia-Aosta, Giulio Andreotti, Maurizio Scelba, Achille Lauro, Carlo Prati, Primo Nebiolo, Bruno Zauli, Richard Burton, Liz Taylor, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Anthony Quinn, Silvana Mangano, Gina Lollobrigida, Wanda Osiris, Walt Disney, Totò, Sara Simeoni, Pietro Mennea, Lucio Dalla, Pino Daniele e Roberto Cavalli.

In questo luogo, davanti la scuola nazionale di atletica leggera “Bruno Zauli”, era diventato ingombrante per Celletti il ricordo dell’adorata figlia Maria Luisa. Bisogna cambiare aria, magari intraprendo altre iniziative imprenditoriali sempre ad esclusivo servizio di Formia e della sua economia.

Celletti senior avviò una trattativa per acquistare “Villa Laura”, la struttura religiosa di Vindicio che gli sfuggì “perché le suore avevano proposto di più”.

Ottenne allora l’affitto dell’immobile dei Baldoni, che nel frattempo erano tornati a vivere a Roma abbandonando quella che era stata la loro dimora negli anni ’40.

 

L’eccellenza italiana

Angelo Celletti si butta a capofitto nella ristrutturazione di quel maniero ormai abbandonato dal periodo successivo all’immediato Dopoguerra. Era diventato il regno di grilli, cicale, qualche capra e gruppi di ragazzini in cerca di un posto dove poter giocare a pallone.

Occorrono due anni per realizzare le cose come Angelo ha in mente. Lo trasforma nel punto di riferimento della ricettività. Impone stile e classe. Non solo nelle mura. Ma nell’accoglienza.

Realizza camere arredate in stile spagnolo. Unisce il gusto dei mobili d’epoca e dei tessuti preziosi a tutti i moderni comfort degli anni Settanta: aria condizionata, televisore in camera, il telefono per le chiamate in teleselezione senza passare dal centralino.

Realizza una suite su due piani, collocandola all’interno della torre del castello.

Le sale da pranzo vengono studiate per richiamare i diversi tipi di clientela. C’è un salone antico da 150 coperti, poi la “sala delle feste” pensata per i ricevimenti più numerosi e meno riservati. La “sala rustica” è per i banchetti mentre la terrazza panoramica sul Golfo di Gaeta diventa in breve un must.

L’ambiente più esclusivo è il “Gazebo” da oltre 250 coperti affacciato sul verde parco privato.

Tra il personale prendono servizio figure diventate mitiche nel giro di poco tempo. Come il celebre portiere  Mario Romani, degno erede della tradizione delle chiavi d’oro che contraddistinguono i migliori concierge, secondo il quale per svolgere quel lavoro bisognava avere “occhio, sveltezza e bugia pronta”.

Non è un caso se molti anni dopo, nel 2016, la struttura si aggiudica il premio “Ospitalità Italiana” nella categoria Hotel a 4 stelle.

 

Fine di un’epoca

La parola The End appare tra poche ore per una questione di affitto. I Baldoni hanno deciso di vendere l’immobile. E la cifra chiesta per quello che Angelo Celletti ha trasformato in un gioiello è troppo alta.

Le voci che corrono in questi giorni parlano di una “differenza abnorme” tra l’offerta e la domanda: si vocifera 12-13 milioni di euro.

Il contratto di locazione scade il 15 novembre. Il 31 ottobre si chiude.

A colpire è il silenzio assordante dal mondo politico istituzionale formiano che ha accompagnato questo doloroso annuncio. Nessun rappresentante del Comune o delle istituzioni ha preso posizione su una vicenda definita troppo frettolosamente privata.

Perché il Castello Miramare non è solo una struttura privata. È un simbolo della ricettività formiana, della sua capacità imprenditoriale. In altri tempi, la politica sarebbe scesa in campo per tentare fino alla fine di individuare una mediazione, conciliare una soluzione, valutando la possibilità di coinvolgere livelli sempre più alti di interlocuzione.

Per paradosso, gli unici a dire almeno qualcosa sono stati il cinque volte deputato di Forza Italia ed ex sottosegretario di Stato Gianfranco Conte ed il sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano, che non ha giurisdizione. Politici d’altri tempi.

 

Il declino di un settore

La fine dell’Hotel Castello Miramare è il segnale di un declino. Formia, da anni, è una città rassegnata, piegata in due. Ha smesso di essere il locomotore del sud-pontino, figuriamoci della provincia di Latina. Ora è diventata un semplice vagone che viaggia solo per una inerzia, trainata dagli altri che la precedono in termini di stabilità politica ed economica.

Formia sta diventando lentamente una città stordita, povera (sotto ogni profilo) che riesce a fare a meno di tutto. Riuscirà a fare a meno di uno dei suoi gioielli che l’hanno resa grande e vincente sotto il profilo della sua indiscussa immagine turistica.

L’unica consolazione è che la chiusura non avrà ripercussioni di natura occupazionale. Parte del personale sarà assorbito dalle altre società di famiglia, parte utilizzerà la scorciatoia del pensionamento.

In silenzio, un altro pezzo di Formia sparisce.

 

SF/RedG