I capelli grigi di mamma Fiat

Senza ricevuta di Ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. Fiat parlava torinese e ciociaro. Ora parla francese. Ed ha sempre meno cose da dire.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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I fatalisti dicono che quando nasciamo abbiamo già un destino segnato: falso. Non credetegli: lo dicono gli incapaci per giustificare il loro fallimento o i mediocri che temono di essere superati dal primo che fa qualcosa.

È vera un’altra cosa: che “tutti nasciamo originali ma molti muoiono fotocopie” come insegnava il beato Carlo Acutis. Ed altrettanto è vero che ognuno di noi quando nasce ha una missione, nasce con uno scopo: sta a ciascuno di noi scoprire quale sia la sua. E cosa fare per far fruttare i talenti che ci vengono dati fin dalla nascita. Se sperperarli, se sotterrarli per poi restituirli uguali quando moriremo, se metterli a frutto.

Il talento di Fiat

Quando nacque mezzo secolo fa, lo stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano aveva un grande talento ed una missione immensa: far crescere un intero territorio. Ha occupato fino a 12mila persone, gli emigranti tornarono dalla Germania, dalla Francia, dall’Irlanda.

A loro volta, lì dentro, ciascuno ha avuto un’occasione. Che non è la carriera (la vita non è solo quello). C’è chi lì da operaio si è pagato gli studi ed è tornato ma non più sulla catena di montaggio, c’è chi ha conosciuto l’amore della vita, chi ci ha tirato su casa, chi ci ha fatto studiare i figli, chi ha fatto il lavativo e chi il terrorista convinto che fosse la cosa giusta per cambiare il Paese.

Una fabbrica così grande, come una portaerei o un battaglione di reclute, sono uno spaccato del mondo che entra lì. Sta a noi decidere se farci contaminare, cambiare gli altri con il nostro esempio e farci cambiare da quello degli altri.

Fiat è stata, in questo senso, la sintesi del mondo che ha accolto al suo interno. Nel ’72 era piena di contadini prestati alla fabbrica, l’Avviamento Professionale era come una laurea in un modo con la quinta elementare. Nel 2022 lì dentro sono in larga parte ingegneri, tutti diplomati.

La grande amarezza, nei giorni del cinquantesimo compleanno, è che nel ’72 la Fiat di Piedimonte parlava ciociaro e torinese. Oggi parla francese ed ha sempre meno cose da dire a questo territorio. L’indotto ha dovuto imparare a camminare da solo e a non dipendere più da lei. Fiat non è più la guida, è solo una delle tante. Ha perso il suo talento. Ed è un peccato.

Senza Ricevuta di Ritorno.