I conti della serva: chi fa l’affare nell’operazione sul palazzo ex Bankitalia

Ventuno voti a favore, due contrari: il consiglio comunale di Frosinone ha detto si all'acquisizione del palazzo ex sede di Bankitalia. Diventerà la sede comunale. Come verrà pagato. Tutti i conti del Rent to Buy. Conviene: ecco perché. Anche Sardellitti e Pizzutelli (Pd) con la maggioranza. Cristofari non fa in tempo a votare si.

Conviene prenderlo in affitto per poi comprarlo. Non conviene prenderlo subito. Il palazzo ex sede della Banca d’Italia a Frosinone è un affare: il motivo l’ha spiegato questa sera l’assessore alla Finanze del Capoluogo Riccardo Mastrangeli di fronte al Consiglio Comunale, riunito per dare il via libera all’operazione d’acquisizione di quel palazzo.

L’Aula il via libera lo ha dato. Con 21 voti a favore e due contrari: Daniele Riggi e Fabiana Scasseddu.

Un anno di trattative

Gli assessori Riccardo Mastrangeli e Pasquale Cirillo, nella sede di Bankitalia

Nella sua relazione l’assessore Riccardo Mastrangeli ha ricostruito al centesimo tutti i calcoli, spiegando perché non convenga l’acquisto ma la formula del Rent to Buy. Cioè: lo prendo in affitto ma se poi lo compro, buona parte di tutti i canoni che ho versato negli anni valgono come anticipo.

La trattativa è durata “almeno un anno”. I calcoli sono partiti sulla base del Fascicolo del Fabbricato: è il documento nel quale sono riuniti tutti gli atti relativi ad un immobile. Il fascicolo dice che l’ex sede di Bankitalia a Frosinone ha una superficie totale di 3.468,46 metri quadrati; di questi, circa la metà è per locali (1.631 metri), 429 metri per abitazioni, 268 metri per archivi. 

Gli uffici tecnici della Banca d’Italia hanno chiesto come canone d’affitto 180mila euro all’anno. Un imposto stabilito in base ai valori espressi dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare pubblicato dall’Agenzia delle Entrate. Invece il canone indicato nel documento portato questa sera all’esame dell’Aula è di 153mila euro l’anno.

Come si è scesi a quella cifra e quali sono i calcoli fatti dall’assessore Riccardo Mastrangeli?

Quattro conti

Da sinistra, in alto: Daniele Riggi, Marco Mastronardi, Christian Bellincampi. In basso: Alessandra Sardelitti e Fabrizio Cristofari

Si è partiti dai 180mila euro chiesti dalla Banca d’Italia. Ed è stata applicata una riduzione del 15% “prevista per le Pubbliche Amministrazioni” ha sottolineato l’assessore.

La proposta portata all’esame del Consiglio Comunale prevede un’operazione spalmata su dieci anni. Nei quali il Comune ‘prende in affitto’ l’immobile: se poi decide di comprarlo entro la fine del nono anno d’affitto il prezzo di vendita è stabilito in un milione e 650mila euro, dai quali si scalano gli affitti pagati fino a quel momento. Che ammontano, come detto, a 153mila euro all’anno.

La rata è composta da due parti: il 77,1% è considerata acconto ed è la parte che viene considerata come ‘anticipo’. Mentre la restante parte è per il godimento del bene, l’affitto vero e proprio.

In caso di acquisto al decimo anno il prezzo sale a 2 milioni di euro.

Le due opzioni

Questo è lo schema portato in Aula dall’assessore.

OPZIONE ACQUISTO ENTRO LA FINE DEL 9° ANNO     
PREZZO DI VENDITA   € 1.650.000  
CANONE ANNUO   €    153.000  
77,10 % ACCONTO € 1.179.630117.963/anno x 10 anni 
22,90 % GODIMENTO € 350.37035.037/anno x 10 anni 
SALDO PREZZO € 470.370Al rogito 
TOTALE IN CASO DI OPZIONE ACQUISTO AL 10° ANNO € 2.000.370  
TOTALE TRATTENUTO IN CASO DI MANCATA OPZIONE ACQUISTO AL 10° ANNO € 1.176.111Canoni godimento + 70% quote versate in acconto (82.574,10/anno) 

Come funziona il Rent to Buy

Introdotto nel 2014 con il decreto “Sblocca Italia”, il Rent to Buy prevede la possibilità di entrare nell’immobile ed usufruirne. E se chi sta usando i locali poi decide di comprarli, una quota delle somme versate anno per anno viene considerata come anticipo.

Danilo Magliocchetti

Il rent to buy è un mix tra un contratto di locazione, con un preliminare di vendita di un immobile; nel quale chi prende in affitto non è obbligato a comprare. Invece, chi affitta è vincolato a vendere se l’altra parte vuole l’immobile.

Il Rent to Buy non può superare i 10 anni e chi decide di comprare deve farlo entro un termine stabilito dalle parti. Nel caso dell’immobile ex sede di Bankitalia il termine è stato fissato al nono anno.

Cosa succede se il Comune decidesse alla fine di non acquistare l’immobile? Bankitalia trattiene anche la quota dei canoni classificata come corrispettivo.

L’Iva, l’Imu, la manutenzione

L’operazione diventa ancora più conveniente se si tiene conto di due aspetti. Il primo: fino a quando il Comune di Frosinone non deciderà se comprare il palazzo la proprietà resterà di Bankitalia. Che per questo dovrà pagare l’Imu: circa 36mila euro l’anno. Per dieci anni sono 360mila euro. Nel caso di acquisto immediato, senza ricorrere al Rent to Buy, il Comune si ritroverebbe ogni anno con 36mila euro di Imu in meno.

C’è poi l’aspetto dell’Iva. L’operazione è esente da Iva. Perché? Se un Comune compra un immobile per destinarlo alla sua attività istituzionale (come in questo caso) l’operazione non rientra nel campo di applicazione dell’Iva. Si risparmia così il 22% su un’operazione da 1,6 milioni: circa 350mila euro di imposta. A Carico del Comune resterebbe comunque da pagare ‘Imposta di Registro’.

Ce n’è un terzo, non di natura fiscale. Poiché la proprietà resta in capo a Bankitalia sarà lei a provvedere ad eventuali lavori di straordinaria manutenzione.

Niente mutui, soldi dagli affitti

Il palazzo della Banca d’Italia a Frosinone

Altro elemento fondamentale che rende conveniente il Rent to Buy: non si deve accendere un mutuo per comprare il palazzo. Perché si paga l’affitto anno per anno. In questo modo non si devono affrontare i costi per gli interessi.

Il Comune di Frosinone oltretutto non potrebbe nemmeno accedere a mutui per l’acquisto di immobili: perché è in procedura di riequilibrio finanziario. Cioè ha spalmato i suoi debiti negli anni in modo da azzerarli evitando il dissesto.

Chi mette i soldi? L’assessore Riccardo Mastrangeli ha spiegato che è stato previsto il trasferimento degli uffici presso il nuovo immobile. In questo modo si libereranno alcune delle attuali sedi: potranno essere messe in vendita o in affitto. Facendo entrare i soldi con cui compensare l’operazione Rent to Buy con la Banca d’Italia. 

L’alternativa

Il Comune ha poi fatto un calcolo con cui verificare quale forma fosse più conveniente. Se il Rent to Buy oppure un mutuo bancario (che, abbiamo visto, non si può fare: ma il calcolo è stato effettuato lo stesso proprio per avere un termine di paragone).

L’assessore Mastrangeli ha spiegato che ricorrendo ad un mutuo della Cassa depositi e prestiti verrebbe applicato il tasso fisso previsto per i Comuni: pari al 2,21%.

In totale si verrebbe a pagare € 1.857.128, senza alcun versamento dell’IMU. 

In caso invece del Rent to Buy il valore finanziario totale che sarà corrisposto sarà invece pari ad € 2.000.370 meno l’Imu che Bankitalia continuerà a versare per complessivi € 363.920. Totale: € 1.636.450.

Il caveau

Non solo è meno del mutuo ma addirittura meo del valore dell’immobile che oggi è pari a 1 milione e 650mila euro.

Non solo: la rata del Rent to Buy (153mila euro l’anno) è più bassa dell’ipotetica rata del mutuo (che sarebbe invece 185mila euro).

Senza considerare l’entrata annuale dell’IMU di 36.392 euro che verrebbe persa in caso di acquisto.

Il ratone finale

Resta la maxirata finale da pagare alla stipula del rogito, se si procederà all’acquisto. Sono 470mila euro: il Comune ha dieci anni di tempo per accantonarli, pari a 47mila euro l’anno da prende sul capitolo delle Entrate in conto capitale: oneri concessori, condono, destinazione di eventuale vendita di beni.

E se non compriamo?

L’assessore Mastrangeli ha illustrato anche lo scenario peggiore: ha calcolato quanto andrebbe a spendere il Comune di Frosinone nel caso in cui alla fine non comprasse più il palazzo.

Secondo il prospetto, l’ente in 10 anni avrà versato complessivamente per il godimento del bene 350.370 euro. A questi si aggiunge la penalità del 70% degli acconti versati in conto acquisto: 825.741 euro. In totale fanno € 1.176.111.

Sono tanti o pochi in dieci anni? Riccardo Mastrangeli ha evidenziato che “corrispondono ad un affitto equivalente di 117.611,10 euro pari ad una riduzione del 35% rispetto al canone annuale secondo l’Osservatorio immobiliare (180.000 euro annui)”. In pratica: anche non comprando avremmo pagato meno di un affitto.

La votazione

Alessandra Sardellitti © A.S. Photo / Andrea Sellari

Al momento della votazione, la maggioranza ha incassato anche il voto favorevole di qualche consigliere dell’opposizione. Dai banchi del Partito Democratico Alessandra Sardellitti ha proposto “Chiamiamolo Palazzo Munari”. Ha condiviso l’operazione sviluppata dall’assessore Mastrangeli. Dicendo “Se fossi stata in amministrazione avrei fatto la stessa operazione. Era necessario acquisire un immobile cosi prestigioso per la città e per il Comune ma…

C’è un dubbio per l’esponente Dem. “Per la trasparenza occorre che i cittadini siano rassicurati sulla copertura del canone annuo e dell’accantonamento per saldo finale. Li copriremo con oneri concessori e proventi vendite. E nel frattempo?

In precedenza il dirigente del settore aveva detto che bisogna ridurre la spesa corrente. “Ma lo dice in ogni occasione e non viene attuato da alcun Settore. Ed allora mi sorge qualche dubbio sulla sostenibilità della spesa. Non andiamo a danneggiare ulteriormente i servizi a favore dei cittadini”.

Alessandra Sardellitti ha votato a favore, spiegando che “Ci vuole coraggio per questa città”.

Anche Pizzutelli a favore

Angelo Pizzutelli

Dallo stesso fronte arriva il voto favorevole anche da Angelo Pizzutelli. Nel suo intervento spiega che questa pratica ha radici lontane. E ricorda che nel periodo 2009 – 2010, quando lui era assessore per il Partito Socialista, il suo capogruppo Gianfranco Coniglio espose lo studio di fattibilità.

Voto a favore, dopo avere condiviso questa mia decisione con il mio Partito nelle sedi preposte, come si vuole per chi fa politica da anni. Ho votato a favore perché è un percorso iniziato quando ero in giunta nel 2010. Presentammo anche un Ordine del Giorno votato dal Consiglio comunale”.

Angelo Pizzutelli ricorda a Nicola Ottaviani che “va bene questo passo per il rilancio del Centro storico”. Ma invita la sua giunta a ricorrere ai fondi comunitari “come ha fatto ad esempio, per restare a recenti vicende calcistiche, il sindaco di Cosenza: con i fondi comunitari ci sta rilanciando il centro storico”. E poi insinua un dubbio: domanda perché non ci fosse il parere dell’organo di revisione.

E pure Cristofari

Disco verde anche da Fabrizio Cristofari. Il suo intervento ha evidenziato che questo risultato è il frutto di una volontà condivisa che parte da molto lontano.

Il candidato sindaco del centrosinistra nella scorsa tornata non ha fatto in tempo a votare: è stato chiamato in ospedale per un’urgenza poco prima del voto.

Un pezzo di Storia

Danilo Magliocchetti

Il suo voto è andato ad aggiungersi a quello della maggioranza. Per la quale Ha parlato Danilo Magliocchetti (Capogruppo di Cambiamo). Per il quale “Si tratta di una delibera che scrive un pezzo di storia della città di Frosinone. Perché pur di fronte ad un piano di riequilibrio finanziario particolarmente oneroso, l’amministrazione Ottaviani dimostra di avere intuizione, coraggio e capacità di programmazione. Rilevandosi unica amministrazione in Italia in piano di rientro, capace di gestire con successo un’operazione di Rent to Buy e dare quindi al patrimonio della città un palazzo di pregio come quello della sede della Banca d’Italia”.

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