I deliri ed i dolori del giovane Salvati

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

L’avvocato Antonio Salvati è il coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia: per grazia di Dio e non per volontà della Nazione. Nel senso che non è stato eletto da alcuna assemblea degli iscritti ma si è trovato a passare nel Partito giusto al momento più adatto.

Quando Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa, con un atto di immenso coraggio politico (in considerazione del momento storico in cui lo fecero) si scissero dal Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi, a Frosinone Antonio Salvati fu l’unico sindaco che aderì. E per questo lo fecero coordinatore. Era il più rappresentativo, in quel momento.

Che fosse il meno adatto politicamente era ben chiaro a tutti. Non per le sue doti morali (nessuna pecca poteva essergli attribuita) e nemmeno per le sue capacità amministrative (innegabili: inquisito più volte ha sempre ottenuto l’archiviazione dei procedimenti a suo carico, dimostrando finora di avere operato all’interno della Legge). Il suo limite è altro: non è politicamente strutturato (segue in maniera faticosa i discrimini ideologici avanzati dai suoi dirigenti provenienti da Msi ed An), non ha mai fatto vita di Partito (Forza Italia, dalla quale proviene, era infatti organizzata su circoli e club che sono cosa ben diversa dalle Sezioni), non ha mai arbitrato un dibattito interno e mediato una sintesi.

La conseguenza di questa non azione politica è stato lo sviluppo ‘bi polare’ di Fratelli d’Italia in provincia di Frosinone: rachitico ed asfittico nel sud del territorio, ben più tonico nel nord dove tutto il gruppo formatosi nella Destra Sociale (Massimo Ruspandini, Daniele Maura, Roberto Caligiore) è riuscito nell’impresa di eleggere, per la prima volta nella storia della città, un sindaco di centrodestra a Ceccano che era la Stalingrado della Ciociaria. Sono stati loro a concepire la strategia che ha portato alla vittoria: l’azione politica del Coordinatore Salvati su questo punto è stata pressoché nulla.

I limiti però sono emersi in maniera più evidente nel momento in cui è stato necessario sedersi al tavolo delle trattative. Formatosi nei club forzisti, Salvati ha agito sulle linee di quella scuola e nel momento in cui è stato opportuno stringere un’alleanza elettorale lo ha fatto (leggi qui il precedente). Dimenticandosi, però, che Fratelli d’Italia non viene dalla cultura di Forza Italia, che il metodo aziendalista di Berlusconi in politica è esattamente il motivo per cui Meloni, Crosetto e La Russa hanno lasciato quel Partito fondandone un altro. E’ per questo che il responsabile Enti Locali, Daniele Maura, gli ha ricordato le regole di Partito: prima si informa il direttivo e poi si fanno i patti con gli altri, a prescindere se l’impegno in nome e per conto del Partito sia stato dato con una stretta di mano o con una firma su un documento (leggi qui il precedente).

Tra le caratteristiche di un leader di Partito c’è anche la dialettica (di Giorgio Almirante, per restare nell’ambiente, si è sempre detto che si poteva non essere d’accordo con quello che diceva ma si restava affascinati nell’ascoltarlo). E quella dell’avvocato Salvati non proviene né dalla scuola retorica di Carnelutti né da quella diplomatica della Farnesina. Quando Alessioporcu.it ha rivelato il ‘patto di Santo Stefano’  che lega Fratelli d’Italia a Noi con Salvini e Forza Italia, suscitando le rimostranze di chi nel Partito ne era stato tenuto all’oscuro, Salvati ha provato a dire che non esistesse alcun patto da lui firmato, così esprimendosi: «In risposta a fatto ingiusto altrui ossia a notizie non vere pubblicate dal solito Porcu, chiarisco, come critica politica, che l’unico straccio che, come di consueto, vola, è unicamente il Porcu, il quale credendo forse di essere un novello Indro Montanelli di casa nostra, e schierato, com’e’ da sempre, a sinistra, tenta, come fatto tante altre volte, di screditarmi travisando incredibilmente la realtà». Sostanza, zero; stile, nessuno.

La sostanza che Salvati non smentisce e che non potrà mai smentire è che ha sottoscritto un patto con Mario Abbruzzese e Umberto Fusco; con una stretta di mano, con una pacca sulla spalla, con un autografo poco importa. E che quel patto esistesse è innegabile dal momento che lui stesso nelle ore scorse era al tavolo con gli altri sottoscrittori per ufficializzarlo alla stampa riunita. Se fosse legittimato o meno a sottoscriverlo è faccenda interna a Fratelli d’Italia: ma è innegabile, e Antonio Salvati non potrà mai smentirlo, che Daniele Maura gli abbia rimproverato il mancato rispetto delle regole di Partito.

I maligni dicono che Salvati è coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia e lo resterà a lungo perché appartiene alla corrente rampelliana, la stessa del coordinatore regionale Marsilio. Saranno i fatti a dirlo. Ed a dire quanta ‘politica’ c’è oggi nella Federazione di Frosinone di Fratelli d’Italia: in un club o un circolo passerebbe tutto in cavalleria, in un Partito si convoca la Direzione e si apre un dibattito e poi si passa eventualmente ai voti.

Sorvoliamo sui messaggi da padrino lanciati dall’avvocato Antonio Salvati: è uno stile mafioso quello con cui si tenta di accostare il giornalista che, attraverso il blog personale, rivolge una critica non gradita, con le vicissitudini dell’azienda per cui lavora e che sono state promosse proprio da Salvati. E’ come dire: stai attento a come parli perché posso fare pressioni sui tuoi datori di lavoro. Per non parlare delle minacce di querela e di risarcimento danni in sede civile.

Ecco, questi messaggi da padrino, questo stile mafioso, è ciò che meno si addice ad un coordinatore di Partito. Meno ancora se il Partito è Fratelli d’Italia.